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  • Il PARCO REGIONALE del DELTA del FIUME PO

    Contenuto:

    1.Il Parco del Delta del Po, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e Riserva della Biosfera

    1.1.Valli di Comacchio e Birdwatching

    2. FENICOTTERI, simbolo del Parco del Delta del Po

    4.1.Danni all’ecosistema e all’economia4.2.La diffusione del Granchio blu4.3.Massiccia proliferazione delle Orate4.4.Il Mediterraneo è diventato più caldo

    5. ANGUILLE in Comacchio

      5.1.BIOLOGIA5.2.Cause del declino5.3.Consumo mondiale5.4.Progetto LIFEEL5.5.Ciclo vitale5.6.Mappa magnetica5.7.Allevare le anguille in cattività5.8.Riproduzione artificiale delle anguille in Belarus, 1982

      SUMMARY

      Il Fiume Po, lungo 652 km, è il quinto fiume europeo in termini di lunghezza, preceduto dal Danubio, dal Reno, dal Rodano e dal Dnepr. Attraversa interamente la Pianura Padana e sfocia nel Mare Adriatico, dando vita a un Delta con sei rami.

      Il Delta del Po è da sempre riconosciuto come un territorio fertile di importanza internazionale a causa della sua straordinaria biodiversità.

      Lungo il corso del Fiume Po, sono state istituite 13 Aree Naturali protette, tra cui il Parco Regionale del Delta del Po. Quest’ultimo è diviso in due parti, una situata in Emilia-Romagna, istituita nel 1988 su un’area di circa 54’000 ha, e l’altra in Veneto, istituita nel 1997.

      Nel 1999, il Parco del Delta del Po è stato dichiarato PATRIMONIO dell’UMANITÀ dall’UNESCO.

      Nel 2015, il Parco Regionale Veneto del Delta del Po e una parte del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna sono stati riconosciuti come Riserva della BIOSFERA nell’ambito del programma MAB dell’UNESCO (Man and Biosphere).

      Il Parco del Delta del Po rappresenta la Zona Umida più estesa d’Italia e la seconda più vasta d’Europa. All’interno del Parco, troviamo:

      11 Zone Umide di Importanza Internazionale (Convenzione di Ramsar, 1971);

      22 Zone Speciali di Conservazione;

      20 Zone di Protezione Speciale per la conservazione degli uccelli.

      La Flora del Parco comprende circa 1’000 diverse specie.

      Nel Parco sono censite 489 specie di vertebrati, tra cui 370 specie di uccelli. Di queste, 146 nidificano nella zona, mentre altre 151 specie la scelgono come luogo di svernamento. La vasta presenza di uccelli rende il Delta del Po la principale area ornitologica in Italia e una delle più famose in Europa tra gli appassionati di Birdwatching.

      All’interno del Parco sono altresì registrate 61 specie di mammiferi, 16 specie di rettili, 14 specie di anfibi e 60 specie di pesci.

      Le Valli di Comacchio, che coprono una superficie di 15’105 ha, rappresentano un biotopo di notevole importanza all’interno della Zona Umida di interesse internazionale. Questa area fa parte della “Rete NATURA 2000” ed è riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC), Zona di Protezione Speciale (ZPS) e zona MAB UNESCO. Le Valli di Comacchio ospitano una grande colonia di Fenicotteri rosa, simbolo del Parco del Delta del Po.

      Il Fenicottero rosa è una specie protetta ai sensi della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Il suo incremento demografico è principalmente attribuibile alle rigorose misure di conservazione.

      Secondo il censimento effettuato il 7 dicembre 2021, le Zone Umide del Veneto, dell‘Emilia-Romagna e del Friuli Venezia Giulia ospitano una popolazione complessiva di 31’677 individui di Fenicottero rosa.

      Questi uccelli organizzano ampie colonie riproduttive, che possono raggiungere anche le 20’000 coppie (in India, addirittura fino a 200’000). Sono molto rumorosi, emettendo suoni che assomigliano a grida, simili a tromba, richiami d’oca, borbottii o grugniti, spesso con funzione di minaccia. Come esseri umani, instaurano relazioni in base a “simpatie e antipatie”, sviluppando amicizie stabili e selettive che possono perdurare per decenni. Come esseri umani, evitano anche determinati individui al fine di prevenire conflitti. Nella ricerca di un amico, sia la personalità che la colorazione svolgono un ruolo fondamentale. Come strategia sociale, utilizzano “trucchi”, come esseri umani, ad esempio lisciarsi con il becco per rendere le loro piume rosa più brillanti e quindi più attraenti come amici o compagni.

      Nella stagione degli amori, i Fenicotteri si esibiscono in eleganti parate di corteggiamento. Questi uccelli sono monogami, ma nel corso degli anni possono cambiare compagno, e sono state osservate anche coppie dello stesso sesso.

      Il Fenicottero rosa ha una durata di vita che varia tra i 30 e i 50 anni, ma in cattività possono raggiungere gli 80 anni.

      Queste affascinanti creature sono instancabili volatori e sono capaci di coprire distanze notevoli, arrivando a percorrere fino a 700 km in meno di 24 ore, con una velocità massima di circa 60 km/h. Durante le migrazioni, si radunano in stormi che possono comprendere da 20 a 60 individui. È stato osservato che alcune di queste colonie volano a altitudini comprese tra i 2’000 e i 6’000 m sopra zone aride, mentre sopra l’acqua mantengono un’altitudine di circa 50 m.

      Il Flamingo Atlas Project, coordinato in Italia dall’ISPRA, ha documentato un totale di oltre 5’400’000 km percorsi nel bacino del Mediterraneo, da un totale di 7’481 Fenicotteri inanellati fino al 2009. Questo database ha permesso di registrare spostamenti di alcuni Fenicotteri per distanze cumulative superiori a 9’000 km.

      Il traffico di armi e droga rappresenta uno dei mercati illegali più redditizi, e purtroppo, lo stesso vale per il traffico di Fenicotteri rosa.

      Nel 2021, un reportage dell’autorevole The Guardian ha rivelato che in una regione priva di leggi, situata a circa 35 km dal confine con l’Iran, questi splendidi uccelli vengono venduti a prezzi che oscillano tra i 17 e i 23 euro, sia per decorare i giardini privati, che come fonte di carne.

      Nonostante il Fenicottero rosa non sia considerato a rischio di estinzione, subisce comunque gli effetti negativi del deterioramento del suo habitat, dovuto all’alto livello di inquinamento, all’invadenza umana nelle sue zone, al disturbo antropico arrecato alle colonie e al bracconaggio.

      Conservare il Fenicottero significa assicurare alla specie siti tranquilli per la riproduzione, lo svernamento e l’alimentazione.

      Uno di questi luoghi preziosi è il Parco del Delta del Po.

      All’interno del Delta del Po, è stata sviluppata l’Itticoltura e tra Molluschicoltura la Venericoltura (vongole) e la Mitilicoltura (cozze e ostriche).

      Nella Laguna di Sacca di Goro, situata nel Delta del Po, a partire dagli anni ‘70, viene coltivato il 50-70 % della produzione italiana e il 40 % della produzione europea di Vongole.

      In quest’area e nella Laguna di Sacca degli Scardovari, vengono coltivate anche i Mitili.

      Dal 2015, nella Sacca di Scardovari, si produce l’Ostrica rosa Tarbouriech, conosciuta come Perla del Delta.

      Tuttavia, recentemente, una specie aliena, il Granchio blu Callinectes sapidus, originario delle coste dell’Oceano Atlantico e individuato per la prima volta nel Mar Mediterraneo nel 1949, ha invaso queste Lagune, che rappresentano i principali luoghi di produzione in Italia di Vongole, Cozze e Ostriche. Il Granchio blu è recentemente diffuso su tutta la costa italiana, penetrando nell’entroterra per circa 100 km, ha invaso le coste del Mar Mediterraneo, nonché altre aree marine come il Mar del Nord, il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Giallo.

      Si tratta di una specie in grado di sopravvivere in un ampio intervallo di temperature, che va da 2-3°C fino a oltre 40°C, e a una salinità compresa tra 2 e 48 ‰. Questo Granchio è altamente resistente a livelli bassi di ossigeno e presenta un tasso di riproduzione estremamente elevato, con la capacità della femmina di deporre fino a 8 milioni di uova.

      Nel Mar Mediterraneo, il Granchio blu ha pochi predatori naturali, il che contribuisce alla sua incontrollata proliferazione.

      Negli ultimi 3 anni, i pescatori di Vongole nella Sacca di Goro hanno osservato l’appetito insaziabile del Granchio blu, il quale consuma praticamente qualsiasi cosa, comprese le sementi di Vongole e Cozze. Si tratta di un predatore onnivoro e aggressivo, che si nutre di qualsiasi preda riesca a catturare, con una particolare predilezione per i gasteropodi e i bivalvi, come Cozze, Vongole, Telline e Ostriche, che rappresentano dal 30 % al 40 % della sua dieta.

      Nel 2023, la proliferazione del Granchio blu nella zona di produzione di molluschi è aumentata del 2’000 %. In altre regioni italiane, una popolazione massiccia di Granchio blu sta causando gravi danni agli allevamenti di Telline, Orate e Spigole.

      Nel sud d’Italia sta emergendo un’altra specie di granchio simile, il Granchio blu africano, noto come Portunus segnis, originario dell’Oceano Indiano.

      Quando l’ecosistema perde il suo equilibrio, ciò comporta un aumento significativo delle specie aliene. Il Mar Mediterraneo sta diventando sempre più caldo, con le specie tropicali che stanno progressivamente soppiantando quelle autoctone.

      Tra le circa 1’700 specie presenti nel Mediterraneo, oltre 1’000 sono considerate non indigene. Negli ultimi anni, nelle reti italiane, si riscontrano sempre meno catture di Rombi, Sogliole, Sardine, Acciughe e Merluzzi, specie che prediligono acque meno calde. Al contrario, si assiste a un aumento delle specie che prosperano in acque calde, come Barracuda e voraci pesci Serra.

      Il riscaldamento delle acque offre nuove opportunità per le specie aliene invasive, tipiche delle acque tropicali, che trovano condizioni ideali per il loro sviluppo.

      Questo è il caso del Granchio blu Callinectes sapidus e del Granchio blu africano, noto come Portunus segnis.

      La Valle di Comacchio è da sempre uno dei principali centri di Anguillicoltura nel Delta del Po. L’Anguilla è stata oggetto di pesca in quest’area da almeno 500 anni ed è diventata un simbolo delle Valli di Comacchio, costituendo il principale alimento tradizionale di questa regione.

      Negli ultimi 40 anni, la popolazione delle Anguille europee ha subito una drastica riduzione del 99 %.

      Nel 2009, l’Anguilla è stata inserita nella Lista Rossa dell’IUCN (“International Union for Conservation of Nature”), come “Critically Endangered”.

      L’Anguilla è a rischio di estinzione a causa di diversi fattori.

      L’inquinamento delle acque provoca il bioaccumulo di sostanze quali PCB, DDT, metalli pesanti, pesticidi e diossina nel grasso delle Anguille, comportando una diminuzione della loro fecondità, deformità nella prole e alterazioni metaboliche.

      È stato dimostrato che i cambiamenti climatici globali stanno indebolendo la Corrente del Golfo, con l’effetto di ridurre la probabilità che i leptocefali, le larve delle Anguille, raggiungano le coste europee.

      Le Anguille, grandi migratori, subiscono le conseguenze della frammentazione degli habitat fluviali, causata da barriere e dighe che interrompono la continuità dei fiumi. Attualmente, in Europa, esistono circa 1,2 milioni di dighe, con una diga ogni 400 m di corso d’acqua.

      Proprio nel Mar dei Sargassi, le correnti oceaniche concentrano una notevole quantità di rifiuti plastici, il cui impatto sull’habitat riproduttivo delle Anguille non è ancora del tutto compreso.

      Le Anguille giovani, trasparenti come il vetro, conosciute come avannotti o ceche, sono le principali vittime della pesca illegale.

      Tutto il consumo mondiale di Anguilla si basa sugli stock naturali.

      L’Anguillicoltura si basa sul prelievo in natura delle Anguille di vetro. Circa tre quarti delle Anguille consumate in Europa provengono da allevamenti, mentre il resto viene pescato in mare. In Europa, sono presenti circa 6’000 allevamenti, mentre in Asia, tra Cina, Thailandia e Giappone, ce ne sono 250’000.

      Il ciclo riproduttivo delle Anguille rimane uno dei più complessi, affascinanti, impegnativi e misteriosi nel regno animale. Il viaggio delle Anguille europee verso il loro luogo di riproduzione nel Mar dei Sargassi copre una distanza fino a 10’000 km. Si pensa che l’accoppiamento avvenga a profondità fino a 1’000 m. Di questa fase del ciclo riproduttivo non si conosce quasi nulla.

      Il modo in cui le Anguille riescano a orientarsi e a seguire la loro rotta lungo la Corrente delle Canarie e la Corrente Nord-Equatoriale fino al Mar dei Sargassi rimane ancora un mistero, ma si ipotizza che siano in grado di percepire il campo magnetico terrestre. L’uso della mappa magnetica è stato dimostrato in molti animali, tra cui uccelli, farfalle, tritoni, aragoste, salmoni e tartarughe marine, ma non nelle Anguille.

      A Comacchio, l’Anguilla è al centro del Progetto LIFEEL, un’importante iniziativa di ricerca internazionale finalizzata a preservare la specie dal rischio di estinzione e a tutelare le popolazioni all’interno del Parco del Delta del Po. Un altro obiettivo chiave di LIFEEL è la riproduzione e l’allevamento delle Anguille in cattività, una sfida finora mai riuscita.

      L’Anguilla è l’unico pesce allevato per il quale non è ancora stato possibile realizzare una riproduzione controllata.

      I ricercatori danesi, francesi, italiani e, ancora nel 1982 gli ittiologi bielorussi, hanno esperimentato di produrre le Anguille in cattività.

      Fino ad ora, gli scienziati sono riusciti a ottenere larve di Anguilla in laboratorio dove sono sopravvissute solo per 1 mese.

      Ricreare l’intero ciclo vitale dell’Anguilla nelle condizioni artificiali, in modo da avviare una produzione industriale, imitando le condizioni del Mar dei Sargassi, dove il pesce si riproduce in natura, rimane ancora una formula enigmatica da risolvere.

      La risoluzione del problema della riproduzione artificiale dell’Anguilla europea è di fondamentale importanza per l’intera Europa.

      Per leggere tutto l’articolo:

      07.11.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    1. La Riserva Naturale Regionale Sentina

      Il Pettirosso svedese, Sentina

      Contenuto:

      1. La Riserva Naturale Regionale Sentina

      2. SIC, ZPS, Zona Umida, IBA e Birdwatching in Sentina

      3.Impatto delle trivelle sulle Riserve Naturali

      SUMMARY

      La Riserva Sentina è una piccola “isola verde”, di soli 180 ha, circondata dal territorio antropizzato, un verde “fazzoletto di terra”, la più piccola nonché una tra le più importanti aree protette della Regione Marche. Si trova al confine tra Regione Marche e Regione Abruzzo all’interno del comune di San Benedetto del Tronto, tra l’abitato di Porto d’Ascoli e la foce del  fiume Tronto.

      Tutti i suoi ecosistemi costituiscono habitat fondamentali per la fauna e la flora e nicchie ecologiche di elevatissimo valore ambientale e paesaggistico.

      Il suo paesaggio di acqua e sabbia, la sua Zona Umida, i suoi prati, boschi e laghetti custodiscono oltre 400 specie vegetali, 20 specie di Mammiferi, 8 specie di Rettili, 4 specie di Anfibi, 40 specie degli Invertebrati, 4 specie di Pesci d’acqua dolce.

      La Sentina è indispensabile per l’avifauna che utilizza la rotta migratoria Adriatica: la grande maggioranza delle circa 180 specie di uccelli censite risulta essere migratrice. L’avifauna migratoria trova nella Riserva un rifugio prezioso, l’unica possibilità di sosta costiera tra le Zone Umide del Delta del fiume Po e della penisola Garganica. Le Zone Umide costiere e le paludi costiere, insieme con i sistemi costieri e le barriere coralline, risultino gli ecosistemi più importanti per l’uomo. La Riserva Sentina e la Zona Umida indispensabili per la sosta dell’avifauna migratoria.

      Il 40 % delle 470 specie di uccelli presenti in Italia è legato a stagni e paludi che ricoprono appena l’1 % del territorio nazionale. L’Italia è presente nella Convenzione Ramsar con 53 Zone Umide che dal 1938 al 1984 si sono ridotte del 66 %.

      La Sentina è inserita nel Progetto  NATURA 2000 come ZPS (Zona di Protezione Speciale), SIC (Sito di Interesse Comunitario), rientra nel programma IBA (Important Birds Area)di Bird Life International.

      Nella Riserva Sentina nel periodo 1996 – 2011 sono state rilevate 172 specie di uccelli.

      Nei periodi migratori nella Sentina si incontrano Gru cenerino, Oca lombardella, Volpoca, Rondine riparia, Moretta tabaccata, Sgarza ciuffetto, Garzetta, Falco di palude, Alzavola comune, Mignattino, Marangone minore, Mignattaio, Combattente, Cavaliere d’Italia etc. 

      Uno dei più importanti uccelli stanziali presenti tutto l’anno è il Martin pescatore, poi – il Beccaccino, il Fratino, la Pavoncella

      I problemi della Sentina sono molteplici.

      Arretramento della duna, quindi mancanza di superficie per la flora e la fauna. L’indice di arretramento è di 2 m l’anno.

      Pesticidi. Metalli pesanti.

      Le trivelle.

      Nel Mare Adriatico nella zona delle trivellazioni sono presenti almeno 7  Riserve Naturali e 10 zone ZPS, SIC e IBA, tra loro anche la Riserva Naturale Sentina.

      Legambiente svela che vicino alle piattaforme di idrocarburi nel Mare Adriatico si ritrovano abitualmente sostanze chimiche pericolose, come idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, che hanno un forte impatto sull’ambiente e sulla fauna e flora. In termini alimentari, usare i mitili coltivati nella vicinanza di una piattaforma petrolifera equivarrebbe a cucinare un sauté di idrocarburi cancerogeni e metalli pesanti tossici.

      Per perforare i fondali, per estrare idrocarburi, vengono utilizzate diverse tecniche airgundi cui i rumori spesso superano 260 dB.

      La tecnica airgun, definita la “dinamite del nuovo millennio”, “l’ultima diavoleria dei petrolieri per spremere la terra”, ha effetti micidiali su tutta la fauna marina.

      L’airgun avrebbe effetti deleteri sul zooplancton, una componente essenziale di ogni ecosistema marino la cui biomassa è alla base delle reti alimentari marine. Perturbazioni con l’airgun possono causare danni a livello ecosistemico.

      Legambiente da anni combatte per lo Stop alle trivellazioni in mare per fermare il business del petrolio.

      Nella bozza di decreto Milleproroghe c’era un articolo che prevedeva il blocco dei permessi di prospezione e ricerca di idrocarburi. Ma è scomparso. Al contrario in Parlamento è stato già approvato un emendamento alla legge di bilancio per un piano di aiuti economici a favore delle compagnie che gestiscono il settore della raffinazione in Italia.

      L’associazione No Triv evidenzia che gli aiuti di Stato a favore del settore petrolifero ammonterebbero a 200 milioni di euro l’anno a partire dal 2021, ad un settore rappresentato nei principali siti di crisi ambientale in Italia (SIN di Taranto, Gela, Milazzo, Porto Torres, Falconara Marittima, etc.) in cui si registra un tasso di mortalità superiore del 4-5 % rispetto alla media nazionale.

      Se la Moratoria sulla trivellazione non venisse prorogata, da agosto 2021 potrebbero essere forse 90 i permessi di trivellazione, sia in mare che sulla terraferma. Le regioni più a rischio quelle che si affacciano sul Mare Adriatico, Mar Ionio e la Sicilia.  

      Nella lunga lotta per gli ECOREATI il Senato aveva inserito nel CODICE PENALE una ipotesi di delitto direttamente collegata alle trivellazioni petrolifere in fondali marini, che vietava l’airgun. Ma la furiosa reazione del Governo e di Confindustria faceva sì che, dopo pochi giorni, la Camera eliminasse il divieto, e il Senato, grazie al mutamento di rotta dei senatori di maggioranza (PD), ha dato via libera all’airgun.

      Ecco quale è l’articolo da inserire nel Codice Penale: “Chiunque, per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi, utilizza la tecnica dell’airgun o altre tecniche esplosive è punito con la reclusione da 1 a 3 anni”.   

      Invece di valorizzare ciò che abbiamo, montagne, colline, mari, Riserve Naturali, Parchi, andiamo a trivellare selvaggiamente le bellezze naturali nella ricerca del petrolio e del gas, di cui tutte le riserve nei mari italiani coprirebbero il fabbisogno nazionale solo per 7 settimane, secondo i dati MISE, danneggiando ed inquinando inestimabilmente il Patrimonio dell’Italia: la biologia e la fisiologia degli organismi marini e depauperando la biodiversità e la biomassa della fauna e della flora dei Mari.

      Leggere tutto l’articolo:

      20.01.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    2. La Riserva Val di Mello

      Lago alpino, Riserva naturale Val di Mello (SO), Italia

      Contenuto:

      1.Il Gigiat, il Guardiano delle Alpi. Viaggio di Alice nella Valle incantata

      2.La Val Màsino e le sue valli laterali. Orografia -Sentiero Roma

      3.La Val di Mello“piccola Yosemite”.

      4.Bouldering e sassismo nella Val di Mello.

      5.Impatto dell’attività antropogenica sulla Val di Mello. Progetto di costruzione della centrale idroelettrica.

      6.ZPS IT 2040601 “Bagni di Masino – Pizzo Badile – Val di Mello – Val Torrone – Piano di Preda Rossa”. Geologia – Ghiacciai – Acqua – Flora – Fauna – Ittiofauna – Avifauna

      SUMMARY

      Una leggenda narra che la Val Masino, la Val di Mello e tutte le Alpi vengono custodite da un gigantesco animale dalle sembianze umane – un incrocio fra un Caprone ed uno Stambecco – il Gigiat.

      La Val di Mello è stata riconosciuta in tutto il mondo per le sue straordinarie qualità paesaggistiche. 400’000 persone ogni anno si fermano in Val di Mello, persone che la amano e che da questa incantata Valle traggono il senso di bellezza.

      Il meraviglioso Giardino delle Alpi, chiamato anche “Perla delle Alpi Retiche”, la Valle incantata per i suoi torrenti e i suoi corsi d’acqua color smeraldo, per la sua ricca biodiversità, si trova a soli 120 km da Milano.

      Il Pizzo Badile, il Pizzo Cengalo, i Monti Pioda e Disgrazia adornano l’arena della Val di Mello, che su una piana di circa 1’000 m raccoglie numerose valli secondarie che scendendo dall’alta quota di 3-3’500 m, portano con se veloci e rumorosi torrenti, creando infine il torrente Mello.

      Nel 1937 la parete nord-est del Pizzo Badile scalò Riccardo Cassin.

      Molto prima, nel 1862 Monte Disgrazia vinse E. S. Kennedy

      Walter Bonatti, scalatore lombardo che ha scalato sia nelle Alpi che fuori Europa, una volta ebbe modo di osservare: “Nelle grandi occasioni si puntava verso la Val Masino: era l’università, lì ci si laureava alpinisti”.

      L’aspetto più caratteristico di tutta la Valle di Mello e delle sue valli laterali era l’enorme estensione di pareti rocciose lisce. Così nel 1973 grazie a queste alte placche di granito, che garantivano una fantastica aderenza alle rocce, inizia l’esplorazione dell’arrampicata nella Val di Mello.

      Nel 2004 grazie alla presenza di blocchi massicci di granito qua è nato il movimento dell’arrampicata Melloblocco, meglio noto come bouldering o sassismo.

      Sono stati gli scalatori a spendersi in prima fila perché il loro “terreno di gioco” venisse preservato.

      Si sono accorti che la fragile natura della Val di Mello era esposta a troppi attacchi per potersi difendere da sola: il rischio sovraffollamento, il desiderio di arrivare con le auto fin dove si può, un malinteso desiderio di sicurezza che porta alla costruzione di opere di protezione più invasive, la necessità atavica di sfruttare le risorse naturali del luogo.

      I peggiori danni però li poteva fare proprio questa necessità atavica di sfruttare le risorse naturali della Val di Mello.

      Nel 1948 l’ENEL progetta la costruzione di una diga nella Val di Preda Rossa. La diga dovrebbe essere rifornita d’acqua con un canale di gronda che collega tutti i torrenti della Val di Mello. Contro questo piano si schiera il Professor Saraceno, a quel tempo fu il Vice Presidente di ENEL, che spesso passava le vacanze in Val Masino:”queste povere popolazioni hanno solo roccia, prati ed acqua; sarebbe un delitto umano e ambientale prosciugare tutte le cascate della Valle”.

      La Val di Mello si è salvata negli anni 60 dalle captazioni dell’ENEL, dalle speculazioni edilizie, dalle cave, dalle strade, dalle cementificazioni…

      In seguito fin dal 1995 la Società Elettrica Radici, poi GeoGreen Spa, presenta alla Regione Lombardia il progetto di una centrale idroelettrica incassata nella roccia che prevedeva opere di captazione dell’acqua in più punti da tutti i torrenti della Val di Mello.

      All’inizio degli anni 2000 gli interessi di dare un servizio “più pratico”, rispetto alle sole bellezze della Valle, quali le torrenti, le cascate che scivolano a valle, i prati verdi, i boschi con mirtilli, more e lamponi, si sono di nuovo scontrati fortemente con i cittadini che hanno voluto che la Valle rimanesse selvatica.

      I cittadini civili ritenevano un’assurdità paesaggistica ed ambientale l’aggressione all’ambiente della Val di Mello con l’ipotesi di captazione idroelettrica dei torrenti. Ritenevano che questo fosse un progetto folle dal punto di vista ambientale, paesaggistico, turistico e storico. Chiedevano che la Val di Mello restasse integra perché costituisce un ambiente assolutamente unico ed irripetibile nelle Alpi italiane, per lasciare alle future generazioni l’ultimo meraviglioso giardino delle Alpi.  

      Contro il progetto di captazione delle acque, folle esempio di masochistica idiozia italiana, nel 2004 sono state raccolte 6’000 firme solo in una settimana, trovando l’appoggio di TUTTE le forze politiche, i più importanti quotidiani nazionali hanno scritto su questo tema, è stato trovato il sostegno dei più noti alpinisti del mondo, di gran parte degli amministratori locali…  

      Nel 2006 però il Tribunale Superiore delle Acque ha dato il via libera alla GeoGreen S.p.A per proseguire con il suo progetto di captazione di TUTTI i torrenti della Val di Mello e con la costruzione di 2 grandi centrali idroelettriche.

      E’ stato creato il Comitato di Difesa della Val di Mello per combattere perché questa Piccola Valle rimanga un luogo incantato per tutti e per le prossime generazioni. Salvare la Val di Mello è stata una questione di “buon senso”, un dovere di ogni cittadino, riteneva il Comitato di Difesa della Val di Mello.  

      Infine il progetto di captazione dell’acqua dai torrenti è stato bocciato dalla Regione Lombardia a causa delle carenze di tipo geologico, in primo luogo, oltre al fatto che la Val Di Mello ha un’elevata vocazione naturalistica.

      Proprio nel 2006 la Val di Mello è diventata parte della Zona di Protezione Speciale (ZPS) targata NATURA 2000.

      La Riserva Naturale Val di Mello è stata fortemente voluta dalla comunità degli “arrampicatori” che per più di 30 anni hanno vigilato perché la stupenda Valle mantenesse inalterato il suo grande fascino:

      30 anni di battaglie per impedire l’apertura di nuove cave, di strade carrozzabili, di folli captazioni che avrebbero incubato le sue bellissime acque azzurre.
      30 anni per convincere le amministrazioni del valore ambientale, turistico e monumentale di questa piccola area di montagna.
      30 anni di auto-disciplina perché le pareti non fossero trasformate in un parco gioco.

      30 anni di battaglie finché il 20.11.2006 la Delibera della Giunta Regionale ha istituito la Zona di Protezione Speciale, la ZPS IT 2040601 “Bagni di Masino – Pizzo Badile – Val di Mello – Val Torrone – Piano di Preda Rossa” che comprende 3 valli principali: la Valle dei Bagni, la Val di Mello e la Valle di Preda Rossa.

      In Lombardia sono istituiti i 242 Siti NATURA 2000. Solo nella provincia di Sondrio sono state istituite 41 SIC (Sito di Importanza Comunitaria) e 11 ZPS per un totale di 3’212 km.

      La Riserva Naturale “Val di Mello” è stata istituita con Deliberazione del Consiglio Regionale della Lombardia il 27 gennaio 2009, creando così l’area protetta più vasta della  Lombardia.

      Il territorio di ZPS ha un’estensione di 9’643 ha in quota da 940 a 3’620 m s.l.m. Il sito risulta pregiato grazie alla presenza di rocce granitiche, acque superficiali di buona qualità e di alta percentuale di biodiversità. Il suo scopo è la tutela delle caratteristiche naturali e paesaggistiche, la protezione e la conservazione integrale della natura, della flora e della fauna.

      Sul territorio della ZPS sono presenti c.a. 40 ghiacciai, che corrispondono alle principali cime. Tra quelli più grandi si evidenziano il Ghiacciaio di Preda Rossa, il Ghiacciaio del Disgrazia, il Ghiacciaio del Forno.

      Sul territorio ZPS sono state riconosciute 647 specie vegetali. Entrando in Val di Mello si incontrano i boschi di faggio, abete bianco, abete rosso, pino silvestre, l’ontano verde, l’ontano bianco, pino mugo, betulla, sorbo.

      Tra gli Ungulati il Camoscio è la specie più numerosa, presente anche Stambecco, assieme al Capriolo e al Cervo che all’estate può arrivare oltre 2’000 m. Si incontrano la Marmotta e la Lepre bianca, la Martora, la Faina, il Moscardino, l’Ermellino, lo Scoiattolo. Nella ZPS abitano 3 specie di Carnivori: Volpe, Donnola e Tasso.

      Nella Riserva abita l’Orso.

      L’Atlante dei Mammiferi della Lombardia riporta la presenza certa di 7 specie di Insettivori. Sono inoltre citate 7 specie di Roditori, 14 specie di Chirotteri, come pipistrelli, 3 specie di Sauri e 6 di Serpenti.

      Nei torrenti Masino e Mello l’ittiofauna è costituita dalla Trota fario, Trota marmorata e la Trota iridea.

      Tra gli uccelli migratori abituali nel sito ZPS sono presenti 49 specie. Tra 10 specie nidificanti e sedentarie sono presenti Galliformi (4 specie), gli Strigiformi (3 specie), i Falconiformi (1 specie), i Caradriformi (1 specie) e i Piciformi (1 specie).

      Tra gli uccelli più spettacolari sono presenti il Francolino di monte, la Coturnice, la Pernice bianca, il Gallo forcello (Fagiano di monte) fino a 2’000 m, con diverse “arene di canto”, dove i maschi effettuano parate e combattimenti durante il periodo degli amori tra aprile e maggio.

      Tra i Rapaci sono presentil’Acquila reale, la Poiana, il Falco, il Pecchiaiolo, l’Astore, lo Sparviere, il Gheppio, il Gipeto (avvoltoio reintrodotto di recente sulle Alpi). Tra i Rapaci notturni nelle valli abitano la Civetta capogrosso, la Civetta nana, il Piviere tortolino (caradriforme).

      Il delicato ecosistema della Val di Mello, di enorme valore ecologico e paesaggistico, è arricchito dalla secolare presenza dell’uomo che ha saputo viverla in perfetto equilibrio con la natura. Da decenni la Val di Mello è Patrimonio non solo per chi ci abita, per chi si arrampica, per tutti i cittadini della Lombardia, che qui trovano un polmone verde unico per la sua spettacolare bellezza ed è giusto che la Riserva diventi PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO.

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      07.11.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    3. Tallinn, Parco Kadriorg e l’inquinamento dell’ambiente in Estonia nel passato

      DSC_0320_01a

      1. Tallinn, Parco Kadriorg
      2. Museo Etnografico di Tallinn LA ROCCA AL MARE
      3. Parchi nazionali in Estonia
      4. Inquinamento dell’ambiente in Estonia nel passato
      4.1. Sillamae Metal and Chemical Production Plant (Silmet).
      4.2. Ex base militare a Paldiski
      4.3. Deposito delle scorie a Tammiku e Saku, l’impianto di Dvigatel.
      4.4. Trasporto illegale del materiale radioattivo.
      5. Piano Nazionale per la tutela dell’Ambiente in Estonia

      1. Tallinn, Parco Kadriorg
      Questa estate 2014 ho visitato i paesi Baltici, partendo dalla mia patria, Minsk, per Vilnius, Riga e Tallinn. Durante gli spostamenti in treno o in bus, lungo il viaggio cercavo di ricordare quando sono stata in queste città l’ultima volta. A Minsk – 7 anni fa, a Vilnius e Riga – molto prima e parecchie volte, per partecipare alle conferenze scientifiche o per passare un weekend.
      Tallinn è stata la mia prima città estera, dove sono andata da sola, in treno, a 15 anni. I miei genitori mi hanno accompagnato alla stazione la sera e al mattino ero alla stazione di Tallinn,dove mi venne a prendere l’amico di mia madre con la famiglia.
      L’Estonia per noi bielorussi era come se fosse l’estero: tante chiese, molto diverse da quelle ortodosse, con altissimi campanili, e nelle chiese usavano altissimi candelabri con le candele aromatizzate. Il compagno di scuola di mia madre in Siberia faceva il capitano di una nave di lunga corsa. Sua figlia aveva 1 anno piu’ di me, abbiamo fatto subito amicizia e lei mi portava dappertutto per vedere la città alta e la città bassa. Una volta siamo andati a vedere il film, vietato agli adolescenti minori di 16 anni – era il “Fanfan la Tulipe”, con Gina Lollobridgida … Poi l’amico di mia madre mi ha fatto visitare la sua enorme nave di 300 metri. La cosa che mi ha toccato di più a Tallinn – è il rispetto dei cittadini per la natura e i parchi. Andavamo nel Parco Kadriorg a divertirci con gli scoiattoli – erano tantissimi nel parco e non avevano paura delle persone: salivano sulla mano e preferivano cioccolatini alle caramelle.
      Quindi, arrivati a Tallinn tantissimi anni dopo il mio primo viaggio, una volta visti la città, le chiese e i musei, siamo andati al Parco Kadriorg.

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    4. Isola Madre. Riserva Naturale del Sacro Monte di Orta, Patrimonio Unesco

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      “Scesero a Gallarate e fui lieto di restar solo. Avevo il giornale ma non lo leggevo perché non volevo leggere cose sulla guerra. Stavo andando a dimenticare  la guerra. Avevo fatto la pace separata. Mi sentivo maledettamente solo e fui lieto quando il treno arrivo’ a Stresa.”
      Ernest Hemingway, “Addio alle armi”.

      “Che cosa pensi della guerra, sinceramente?” chiesi.
      “Penso che è stupida”. 

      Ernest Hemingway, “Addio alle armi”.

      Mappa_Sacro_Monte  Il ripristino e la valorizzazione del prezioso patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico dei territori italiani risultano fondamentali a fronte della necessità di salvaguardare e tutelare per le future generazioni paesaggi ed ecosistemi unici. Non agire in quest’ottica e aspettare ancora comporterà danni rilevanti, costi e investimenti futuri sempre più onerosi.

      Contenuto:

      1. L’isola Madre.

      2. L’isola Bella.

      3. L’isola dei Pescatori.

      4. La Rocca Borromeo di Angera.

      5. Il Monte Mottarone e il Parco Naturale irrealizzato del Mottarone.

      6. Stresa e settimane internazionali di musica.

      7. Pallanza, Istituto di Idrobiologia e Giardini Botanici.

      8. Villa Crespi.

      9. Lago d’Orta e inquinamento da metalli pesanti.

      10. L’isola di San Giulio e le sue leggende.

      11. Villaggio Orta di San Giulio.

      12. Riserva Naturale del Sacro Monte di Orta, dedicata a San Francesco d’Assisi, Patrone dell’Ecologia.

      13. La strega d’Orta e il primo repertorio ornitologico, 1622

      14. Riserva Naturale del Sacro Monte, piccolo paradiso terrestre, Patrimonio UNESCO dal 2003 e riflessioni sull’inquinamento della natura.

      15. Bibliografia.

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    5. Il Parco Marmitte dei Giganti della Valchiavenna, Italia

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                                           Via dell’unità tra Cielo, Terra e Uomo.

                                                                                                Prosperità e povertà dipendono dal

                                                                                                destino, mentre il bene e il male sono

                                                                                                una scelta dell’uomo.

                                                                                                Yamamoto Tsunetomo, samurai giapponese

      0045  Era un’estate piovosa del 1963. Federico, un’uomo di mezza età usci di casa. La giornata era veramente brutta, soprattutto nella valle dove viveva – la valle è circondata dalle montagne, è stretta, le giornate di sole sono corte… Ma quel giorno pioveva pure, non si poteva fare niente contro la natura… Ma qualcosa di colorato attirò la sua attenzione – un palloncino portato dal vento nel suo piccolo cortile. Un palloncino di quelli coi quali di solito giocano i bambini piccoli lliberandoli nel cielo e osservando dove vengono portati dal vento. Federico prese il palloncino. Una giornata così piovosa ti mette in testa pensieri tristi, magari anche nostalgici .. Pensava a chi avesse potuto lanciare quel palloncino con quella pioggia ? I suoi figli erano tutti a casa. La figlia maggiore ormai era già sposata ma non aveva ancora bambini. All’improvviso notò che dentro il palloncino c’era qualcosa di bianco, forse un pezzo di carta…. Per poterlo prendere doveva per forza rompere quel palloncino. Eccolo! Era un tubicino di carta piegato. Lo apri’, era una lettera, scritta sicuramente da un bambino, o da un ragazzo. La lesse e vi trovo la descrizione di una famiglia che abitava a circa 100 km dalla sua valle, sono due ragazzi di 6 e 8 anni, propongono di fare amicizia con chi leggerà la lettera. Federico era un uomo strano, un democratico e di libero pensiero, così dicevano. Fuori pioveva forte e stare nel cortile, sotto la pioggia, non era molto conveniente. Entrando in casa chiamò la moglie Edvige e i figli, che destino, avevano più o meno l’età di quei due ragazzi, e le fece vedere la lettera. Risposero subito invitandoli a casa loro per una vacanza estiva.

      E’ così che nacque l’amicizia tra le due famiglie, una di Novedrate, e una di Santa Croce di Val Chiavenna che dura già da quasi 50 anni.

      Un anno dopo, il 13 maggio 1964 il padre della famiglia di Novedrate è stato investito da un motociclista, tornando da pesca in moto, ed è morto dissanguato in 10 ore, non riprendendo più conoscenza. La moglie è rimasta da sola con 2 bambini di 7 e 9 anni, senza lavoro. Cosi l’amicizia tra le due famiglie è diventata non solo amicizia ma una certa forma di aiuto umano alla famiglia che si è trovata in grande difficoltà.

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    6. Parco Giardino Sigurtà – Valeggio sul Mincio, Verona, Italia

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                                                                                                                               La Terra é un solo paese 

                                                                                                                              Siamo onde dello stesso mare

                                                                                                                              Foglie dello stesso Albero

                                                                                                                             Fiori dello stesso Giardino

                                                                                                                                                                Seneca

       DSC_0057a La storia del Parco risale al 1417 quando il patrizio Nicolo’ Gerolamo Contarini costruisce sui terreni in vicinanza del fiume Mincio la villa “Domus Magna”. Nel 1627 la proprietà è passata alla famiglia Guarienti. Nel 1776 la famiglia Maffei ottiene il diritto di attingere acqua dal fiume per scopi irrigui e nel 1792 fa edificare il Castelletto, dando l’origine al modello di giardino paesaggistico in stile “inglese”. Nel 1836 la proprietà passa alla famiglia Nuvoloni. Nel 1941 Carlo Sigurtà, imprenditore farmaceutico milanese, acquista la proprietà, dove nel 1978 apre il Parco Giardino al pubblico. Lo stemma della famiglia Sigurtà contiene l’albero al centro dello stemma, il loro motto era “Laboravi Fidenter”. In 40 anni di lavoro amoroso il conte trasformò le aride colline moreniche della valle del Mincio in un lussuoso Parco che, più tardi, è stato trasformato da Enzo Sigurtà, nipote di Carlo, in un Parco Giardino.

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