• Il PARCO REGIONALE del DELTA del FIUME PO

    Contenuto:

    1.Il Parco del Delta del Po, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO e Riserva della Biosfera

    1.1.Valli di Comacchio e Birdwatching

    2. FENICOTTERI, simbolo del Parco del Delta del Po

    4.1.Danni all’ecosistema e all’economia4.2.La diffusione del Granchio blu4.3.Massiccia proliferazione delle Orate4.4.Il Mediterraneo è diventato più caldo

    5. ANGUILLE in Comacchio

      5.1.BIOLOGIA5.2.Cause del declino5.3.Consumo mondiale5.4.Progetto LIFEEL5.5.Ciclo vitale5.6.Mappa magnetica5.7.Allevare le anguille in cattività5.8.Riproduzione artificiale delle anguille in Belarus, 1982

      SUMMARY

      Il Fiume Po, lungo 652 km, è il quinto fiume europeo in termini di lunghezza, preceduto dal Danubio, dal Reno, dal Rodano e dal Dnepr. Attraversa interamente la Pianura Padana e sfocia nel Mare Adriatico, dando vita a un Delta con sei rami.

      Il Delta del Po è da sempre riconosciuto come un territorio fertile di importanza internazionale a causa della sua straordinaria biodiversità.

      Lungo il corso del Fiume Po, sono state istituite 13 Aree Naturali protette, tra cui il Parco Regionale del Delta del Po. Quest’ultimo è diviso in due parti, una situata in Emilia-Romagna, istituita nel 1988 su un’area di circa 54’000 ha, e l’altra in Veneto, istituita nel 1997.

      Nel 1999, il Parco del Delta del Po è stato dichiarato PATRIMONIO dell’UMANITÀ dall’UNESCO.

      Nel 2015, il Parco Regionale Veneto del Delta del Po e una parte del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna sono stati riconosciuti come Riserva della BIOSFERA nell’ambito del programma MAB dell’UNESCO (Man and Biosphere).

      Il Parco del Delta del Po rappresenta la Zona Umida più estesa d’Italia e la seconda più vasta d’Europa. All’interno del Parco, troviamo:

      11 Zone Umide di Importanza Internazionale (Convenzione di Ramsar, 1971);

      22 Zone Speciali di Conservazione;

      20 Zone di Protezione Speciale per la conservazione degli uccelli.

      La Flora del Parco comprende circa 1’000 diverse specie.

      Nel Parco sono censite 489 specie di vertebrati, tra cui 370 specie di uccelli. Di queste, 146 nidificano nella zona, mentre altre 151 specie la scelgono come luogo di svernamento. La vasta presenza di uccelli rende il Delta del Po la principale area ornitologica in Italia e una delle più famose in Europa tra gli appassionati di Birdwatching.

      All’interno del Parco sono altresì registrate 61 specie di mammiferi, 16 specie di rettili, 14 specie di anfibi e 60 specie di pesci.

      Le Valli di Comacchio, che coprono una superficie di 15’105 ha, rappresentano un biotopo di notevole importanza all’interno della Zona Umida di interesse internazionale. Questa area fa parte della “Rete NATURA 2000” ed è riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC), Zona di Protezione Speciale (ZPS) e zona MAB UNESCO. Le Valli di Comacchio ospitano una grande colonia di Fenicotteri rosa, simbolo del Parco del Delta del Po.

      Il Fenicottero rosa è una specie protetta ai sensi della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Il suo incremento demografico è principalmente attribuibile alle rigorose misure di conservazione.

      Secondo il censimento effettuato il 7 dicembre 2021, le Zone Umide del Veneto, dell‘Emilia-Romagna e del Friuli Venezia Giulia ospitano una popolazione complessiva di 31’677 individui di Fenicottero rosa.

      Questi uccelli organizzano ampie colonie riproduttive, che possono raggiungere anche le 20’000 coppie (in India, addirittura fino a 200’000). Sono molto rumorosi, emettendo suoni che assomigliano a grida, simili a tromba, richiami d’oca, borbottii o grugniti, spesso con funzione di minaccia. Come esseri umani, instaurano relazioni in base a “simpatie e antipatie”, sviluppando amicizie stabili e selettive che possono perdurare per decenni. Come esseri umani, evitano anche determinati individui al fine di prevenire conflitti. Nella ricerca di un amico, sia la personalità che la colorazione svolgono un ruolo fondamentale. Come strategia sociale, utilizzano “trucchi”, come esseri umani, ad esempio lisciarsi con il becco per rendere le loro piume rosa più brillanti e quindi più attraenti come amici o compagni.

      Nella stagione degli amori, i Fenicotteri si esibiscono in eleganti parate di corteggiamento. Questi uccelli sono monogami, ma nel corso degli anni possono cambiare compagno, e sono state osservate anche coppie dello stesso sesso.

      Il Fenicottero rosa ha una durata di vita che varia tra i 30 e i 50 anni, ma in cattività possono raggiungere gli 80 anni.

      Queste affascinanti creature sono instancabili volatori e sono capaci di coprire distanze notevoli, arrivando a percorrere fino a 700 km in meno di 24 ore, con una velocità massima di circa 60 km/h. Durante le migrazioni, si radunano in stormi che possono comprendere da 20 a 60 individui. È stato osservato che alcune di queste colonie volano a altitudini comprese tra i 2’000 e i 6’000 m sopra zone aride, mentre sopra l’acqua mantengono un’altitudine di circa 50 m.

      Il Flamingo Atlas Project, coordinato in Italia dall’ISPRA, ha documentato un totale di oltre 5’400’000 km percorsi nel bacino del Mediterraneo, da un totale di 7’481 Fenicotteri inanellati fino al 2009. Questo database ha permesso di registrare spostamenti di alcuni Fenicotteri per distanze cumulative superiori a 9’000 km.

      Il traffico di armi e droga rappresenta uno dei mercati illegali più redditizi, e purtroppo, lo stesso vale per il traffico di Fenicotteri rosa.

      Nel 2021, un reportage dell’autorevole The Guardian ha rivelato che in una regione priva di leggi, situata a circa 35 km dal confine con l’Iran, questi splendidi uccelli vengono venduti a prezzi che oscillano tra i 17 e i 23 euro, sia per decorare i giardini privati, che come fonte di carne.

      Nonostante il Fenicottero rosa non sia considerato a rischio di estinzione, subisce comunque gli effetti negativi del deterioramento del suo habitat, dovuto all’alto livello di inquinamento, all’invadenza umana nelle sue zone, al disturbo antropico arrecato alle colonie e al bracconaggio.

      Conservare il Fenicottero significa assicurare alla specie siti tranquilli per la riproduzione, lo svernamento e l’alimentazione.

      Uno di questi luoghi preziosi è il Parco del Delta del Po.

      All’interno del Delta del Po, è stata sviluppata l’Itticoltura e tra Molluschicoltura la Venericoltura (vongole) e la Mitilicoltura (cozze e ostriche).

      Nella Laguna di Sacca di Goro, situata nel Delta del Po, a partire dagli anni ‘70, viene coltivato il 50-70 % della produzione italiana e il 40 % della produzione europea di Vongole.

      In quest’area e nella Laguna di Sacca degli Scardovari, vengono coltivate anche i Mitili.

      Dal 2015, nella Sacca di Scardovari, si produce l’Ostrica rosa Tarbouriech, conosciuta come Perla del Delta.

      Tuttavia, recentemente, una specie aliena, il Granchio blu Callinectes sapidus, originario delle coste dell’Oceano Atlantico e individuato per la prima volta nel Mar Mediterraneo nel 1949, ha invaso queste Lagune, che rappresentano i principali luoghi di produzione in Italia di Vongole, Cozze e Ostriche. Il Granchio blu è recentemente diffuso su tutta la costa italiana, penetrando nell’entroterra per circa 100 km, ha invaso le coste del Mar Mediterraneo, nonché altre aree marine come il Mar del Nord, il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Giallo.

      Si tratta di una specie in grado di sopravvivere in un ampio intervallo di temperature, che va da 2-3°C fino a oltre 40°C, e a una salinità compresa tra 2 e 48 ‰. Questo Granchio è altamente resistente a livelli bassi di ossigeno e presenta un tasso di riproduzione estremamente elevato, con la capacità della femmina di deporre fino a 8 milioni di uova.

      Nel Mar Mediterraneo, il Granchio blu ha pochi predatori naturali, il che contribuisce alla sua incontrollata proliferazione.

      Negli ultimi 3 anni, i pescatori di Vongole nella Sacca di Goro hanno osservato l’appetito insaziabile del Granchio blu, il quale consuma praticamente qualsiasi cosa, comprese le sementi di Vongole e Cozze. Si tratta di un predatore onnivoro e aggressivo, che si nutre di qualsiasi preda riesca a catturare, con una particolare predilezione per i gasteropodi e i bivalvi, come Cozze, Vongole, Telline e Ostriche, che rappresentano dal 30 % al 40 % della sua dieta.

      Nel 2023, la proliferazione del Granchio blu nella zona di produzione di molluschi è aumentata del 2’000 %. In altre regioni italiane, una popolazione massiccia di Granchio blu sta causando gravi danni agli allevamenti di Telline, Orate e Spigole.

      Nel sud d’Italia sta emergendo un’altra specie di granchio simile, il Granchio blu africano, noto come Portunus segnis, originario dell’Oceano Indiano.

      Quando l’ecosistema perde il suo equilibrio, ciò comporta un aumento significativo delle specie aliene. Il Mar Mediterraneo sta diventando sempre più caldo, con le specie tropicali che stanno progressivamente soppiantando quelle autoctone.

      Tra le circa 1’700 specie presenti nel Mediterraneo, oltre 1’000 sono considerate non indigene. Negli ultimi anni, nelle reti italiane, si riscontrano sempre meno catture di Rombi, Sogliole, Sardine, Acciughe e Merluzzi, specie che prediligono acque meno calde. Al contrario, si assiste a un aumento delle specie che prosperano in acque calde, come Barracuda e voraci pesci Serra.

      Il riscaldamento delle acque offre nuove opportunità per le specie aliene invasive, tipiche delle acque tropicali, che trovano condizioni ideali per il loro sviluppo.

      Questo è il caso del Granchio blu Callinectes sapidus e del Granchio blu africano, noto come Portunus segnis.

      La Valle di Comacchio è da sempre uno dei principali centri di Anguillicoltura nel Delta del Po. L’Anguilla è stata oggetto di pesca in quest’area da almeno 500 anni ed è diventata un simbolo delle Valli di Comacchio, costituendo il principale alimento tradizionale di questa regione.

      Negli ultimi 40 anni, la popolazione delle Anguille europee ha subito una drastica riduzione del 99 %.

      Nel 2009, l’Anguilla è stata inserita nella Lista Rossa dell’IUCN (“International Union for Conservation of Nature”), come “Critically Endangered”.

      L’Anguilla è a rischio di estinzione a causa di diversi fattori.

      L’inquinamento delle acque provoca il bioaccumulo di sostanze quali PCB, DDT, metalli pesanti, pesticidi e diossina nel grasso delle Anguille, comportando una diminuzione della loro fecondità, deformità nella prole e alterazioni metaboliche.

      È stato dimostrato che i cambiamenti climatici globali stanno indebolendo la Corrente del Golfo, con l’effetto di ridurre la probabilità che i leptocefali, le larve delle Anguille, raggiungano le coste europee.

      Le Anguille, grandi migratori, subiscono le conseguenze della frammentazione degli habitat fluviali, causata da barriere e dighe che interrompono la continuità dei fiumi. Attualmente, in Europa, esistono circa 1,2 milioni di dighe, con una diga ogni 400 m di corso d’acqua.

      Proprio nel Mar dei Sargassi, le correnti oceaniche concentrano una notevole quantità di rifiuti plastici, il cui impatto sull’habitat riproduttivo delle Anguille non è ancora del tutto compreso.

      Le Anguille giovani, trasparenti come il vetro, conosciute come avannotti o ceche, sono le principali vittime della pesca illegale.

      Tutto il consumo mondiale di Anguilla si basa sugli stock naturali.

      L’Anguillicoltura si basa sul prelievo in natura delle Anguille di vetro. Circa tre quarti delle Anguille consumate in Europa provengono da allevamenti, mentre il resto viene pescato in mare. In Europa, sono presenti circa 6’000 allevamenti, mentre in Asia, tra Cina, Thailandia e Giappone, ce ne sono 250’000.

      Il ciclo riproduttivo delle Anguille rimane uno dei più complessi, affascinanti, impegnativi e misteriosi nel regno animale. Il viaggio delle Anguille europee verso il loro luogo di riproduzione nel Mar dei Sargassi copre una distanza fino a 10’000 km. Si pensa che l’accoppiamento avvenga a profondità fino a 1’000 m. Di questa fase del ciclo riproduttivo non si conosce quasi nulla.

      Il modo in cui le Anguille riescano a orientarsi e a seguire la loro rotta lungo la Corrente delle Canarie e la Corrente Nord-Equatoriale fino al Mar dei Sargassi rimane ancora un mistero, ma si ipotizza che siano in grado di percepire il campo magnetico terrestre. L’uso della mappa magnetica è stato dimostrato in molti animali, tra cui uccelli, farfalle, tritoni, aragoste, salmoni e tartarughe marine, ma non nelle Anguille.

      A Comacchio, l’Anguilla è al centro del Progetto LIFEEL, un’importante iniziativa di ricerca internazionale finalizzata a preservare la specie dal rischio di estinzione e a tutelare le popolazioni all’interno del Parco del Delta del Po. Un altro obiettivo chiave di LIFEEL è la riproduzione e l’allevamento delle Anguille in cattività, una sfida finora mai riuscita.

      L’Anguilla è l’unico pesce allevato per il quale non è ancora stato possibile realizzare una riproduzione controllata.

      I ricercatori danesi, francesi, italiani e, ancora nel 1982 gli ittiologi bielorussi, hanno esperimentato di produrre le Anguille in cattività.

      Fino ad ora, gli scienziati sono riusciti a ottenere larve di Anguilla in laboratorio dove sono sopravvissute solo per 1 mese.

      Ricreare l’intero ciclo vitale dell’Anguilla nelle condizioni artificiali, in modo da avviare una produzione industriale, imitando le condizioni del Mar dei Sargassi, dove il pesce si riproduce in natura, rimane ancora una formula enigmatica da risolvere.

      La risoluzione del problema della riproduzione artificiale dell’Anguilla europea è di fondamentale importanza per l’intera Europa.

      Per leggere tutto l’articolo:

      07.11.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    1. Libro “DIARIO DI UNA ECOLOGA”

      Sono lieta di presentare il mio libro

      DIARIO DI UNA ECOLOGA”

      pubblicato a giugno 2023 da AltroMondoEditore.

      Copertina flessibile, 416 pag., genere saggio, età di lettura da 14 anni.

      Il libro riassume un periodo di più di 80 anni. In Belarus, a Minsk, tra gli anni Settanta e Novanta la giovane autrice lavora come ricercatrice nel Laboratorio di Ecologia a fianco di illustri biologi con i quali partecipa a numerose spedizioni, dal Nord Estremo fino all’Antartide. Dopo la catastrofe di Chernobyl, catapultata in Italia, riflette molto su due sistemi, socialismo e capitalismo, scoprendo anche il destino del padre. Riesce a continuare a essere una Ecologa, creando il suo sito web. Il saggio è un riassunto di alcuni articoli pubblicati sul sito www.plumatella.it

      INDICE

      1. Il romanzo epistolare
      2. Il restauro dell’Organo
      3. Terza Guerra Punica
      4. Dimenticare significa tradire
      5. Nido scientifico di Vernadsky-Vinberg-Timofeef-Ressovsky-Sushenya -Khmeleva-Ostapenya-Semencenko
      6. Ciao Plumatella, o Bryozoan Reef and Coral Reef
      7. Il diario di una alpinista
      8. Chernobyl, la catastrofe a livello planetario
      9. Storie brevi delle spedizioni
      10. La Grande Bellezza
      11. Puntare in alto
      12. La Via dell’Ecologia

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      Buona lettura!

      11.08.2023, aggiornato 20.11.2023

      Dr. Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), tatianamikhaevitch@gmail.com, info@plumatella.it


    2. 160 anni dalla nascita dell’Accademico VERNADSKY, fondatore della Teoria di BIOSFERA e di NOOSFERA

      Contenuto

      1.60 anni di attività scientifica svolti sotto 4 sistemi politici diversi: zarismo, in Europa, bolscevismo, socialismo

      2. La Teoria della Biosfera e della Noosfera, come prototipo dell’Ipotesi Gaia di Lovelock

      3. Riconoscimento mondiale della Teoria di Vernadsky sulla Biosfera della Terra:

      1972, Stoccolma, 1-ma Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo

      4. I principali effetti antropogenici dell’attività umana sulla Terra

      5. Condizioni per emergere la Noosfera. Teoria di Vernadsky della Biosfera e della Noosfera come strategia per la sopravvivenza dell’umanità. LIMITI della BIOSFERA

      Leggere tutto l’articolo:

      16.06.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    3. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTI 1-8

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo

             THAPSOSMEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1. Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’ambiente da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee causato dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16.Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1.  Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2.  Piombo nell’ambiente

      5.3.  Cadmio nell’ambiente

      5.4.  Cromo nell’ambiente

      5.5.  Benzene nell’ambiente

      5.6.  Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7.  Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8.  Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9.  Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      SUMMARY

      Terra di mandorle, agrumi, pesche, albicocche che un tempo godeva dell’abbondanza di acqua solcata da numerosi bacini idrici.

      In 70 anni lungo i 30 km della costa siracusana da Augusta a Siracusa il Polo Petrolchimico ha distrutto itinerari naturalistici spettacolari, importanti siti archeologici come Thapsos, Megara Hyblaea e Stentinello, ha inglobato le terre agricole e i centri abitati, ha inquinato l’ambiente compromettendo la salute dei residenti.

      Una piccola cittadina, Marina di Melilli, è stata demolita e cancellata dalla carta geografica, perché era un ostacolo per la costruzione dello stabilimento ISAB. Le case furono spianate, i residenti furono “deportati” altrove. Il “caso Marina di Melilli” si concluse nel 1979.

      La nascita nel 1950 del Polo Petrolchimico, il più grande d’Europa, già negli anni 70 ha generato una serie di problemi a causa dell’assenza di consapevolezza ecologica e di leggi a tutela della salute delle popolazioni nelle aree industriali. Ciò si è manifestato da una serie di INCIDENTI, morie di pesci, insorgenza di patologie tumorali e, infine, dalle nascite di bambini malformati.

      Il Polo Industriale di Priolo ha una superficie di 43 milioni di m2 e coinvolge i comuni di Augusta, Priolo, Melilli, Floridia, Solarino e Siracusa.

      Oggi, molti si domandano se sia stata una scelta saggia destinare un territorio siciliano di circa 30 km, ricchissimo di acque limpide di mare, di vaste risorse idriche, di bellezze naturali e di testimonianze archeologiche di immenso valore, a una Zona Industriale Petrolifera invasiva ed inquinante, che ha causato notevole inquinamento ambientale, numerose malattie, tanti morti e tante malformazioni genetiche.

      Nella Provincia di Siracusa, le Riserve Naturali Protette e le Aree NATURA 2000 occupano il 14,36 % del territorio.

      Le Riserve Saline di Augusta, Saline di Priolo e Saline di Siracusa sono state designate come S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), Z.P.S. (Zona di Protezione Speciale), Z.S.C. (Zona Speciale di Conservazione) e fanno parte della Rete EuropeaNATURA 2000”.

      Queste Riserve rappresentano Zone Umide e Zone IBA (Important Bird Area) della Provincia di Siracusa fornendo soste, territori per nidificazioni e svernamento per oltre la metà degli uccelli presenti in Sicilia e circa il 40 % di quelli presenti in Italia.

      L’80 % delle 250 specie di uccelli avvistate nelle Riserve sono migratorie.

      La Riserva delle Saline di Priolo è uno dei 5 siti a livello nazionale dove nidifica il FENICOTTERO, insieme a Cagliari, alle Zone Umide delle Valli di Comacchio nel Parco Delta del Fiume Po, in Puglia e in Toscana.

      Tutte e 3 le Riserve sono conosciute come le “Oasi tra le CIMINIERE” perché sono circondate dal Polo Petrolchimico.

      Tutte e 3 le Riserve fanno parte del S.I.N. di Priolo con l’obbligo di bonifica.

      Nei sedimenti delle Saline sono stati individuati vari elementi inquinanti, tra cui rame, piombo, arsenico, vanadio, cadmio, zinco, IPA, idrocarburi C>12, composti organostannici, diossine. Le Saline di Priolo sono state impiegate per lo smaltimento delle ceneri di pirite, un sottoprodotto delle lavorazioni industriali per la produzione di acido solforico dalla pirite.

      Nonostante le necessità di bonifica evidenti, tutte e 3 le Riserve sono in attesa da oltre 40 anni di interventi di bonifica.

      Il territorio del Polo Petrolchimico di Priolo è stato inserito tra i Siti di Interesse Nazionale da bonificare (S.I.N.) il 9 dicembre 1998, perimetrato successivamente il 10 gennaio 2000 e successivamente il 10 marzo 2006.

      La superficie da bonificare si estende su 5’815 ha a terra e 10’068 ha in mare.

      Nell’area S.I.N. di Priolo ben 21 stabilimenti sono soggetti alle Direttive Seveso, con più alto rischio ambientale, di cui la maggior parte è ubicata proprio a Priolo.

      La Procura di Siracusa ha stimato che circa 530 t di mercurio sono state scaricate in mare da MONTEDISON, successivamente da ENICHEM, nel periodo compreso tra il 1958 e il 1991, riconoscendo la società come responsabile dell‘avvelenamento del mare.

      L’ISPRA ha censito più di 13 milioni di m3 di sedimenti nocivi, quantità che equivalgono a 400 edifici di 24 piani ciascuno.

      Il territorio del S.I.N. di Priolo è disseminato di discariche, dove sono stati sepolti milioni di t di rifiuti. Secondo il Censimento del 2018, nella Zona Industriale di Priolo sono presenti 23 discariche autorizzate e oltre 100 abusive.

      Il triangolo del Polo Petrolchimico Augusta – Priolo – Melilli, noto anche come il “TRIANGOLO DELLA MORTE”, è caratterizzato da un IMPATTO AMBIENTALE estremamente grave provocato dalle industrie, che ha generato gravi e numerosi problemi di salute.

      In soli 30 anni, l’incidenza dei tumori nella zona è cresciuta di 3,4 volte.

      La bonifica del S.I.N. di Priolo rimane una chimera, mentre la situazione sanitaria continua a essere drammatica.

      Un coinvolgimento attivo dei cittadini e dei comitati ambientalisti potrebbe rompere l’indifferenza e il silenzio da parte degli organi di Governo Regionale e Nazionale, aprendo la strada per il recupero dello splendore della Natura, dell’Ambiente, delle Saline, delle Riserve Naturali e dei siti archeologici nella Provincia di Siracusa.

      Dr. Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    4. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 6

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      Campioni dei linfonodi polmonari prelevati dalle persone
       dell’età di 20, 29, 30, 49, 56 e 62 anni che vivevano
       in un ambiente con l’inquinamento atmosferico.
       Fonte: Decenni di inquinamento atmosferico hanno compromesso il nostro sistema       
       immunitario. www.greenreport.it, 24 novembre 2022

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo:

             THAPSOS MEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1. Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’ambiente da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee causato dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16.Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1.  Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2.  Piombo nell’ambiente

      5.3.  Cadmio nell’ambiente

      5.4.  Cromo nell’ambiente

      5.5.  Benzene nell’ambiente

      5.6.  Esaclorobenzene nell’ambiente (HCB)

      5.7.  Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8.  Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9.  Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. Studio S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del S.I.N. di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      Per SUMMARY dell’articolo vedere PARTE 1

      Leggere l’articolo PARTE 6:

      25.03.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    5. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 5

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      Concentrazione di mercurio (Hg, mg/kg peso umido) nei pesci triglia (muscolo e fegato) e sarago (muscolo) nella Rada di Augusta e nel Mare Ionio (bianco), ISPRA, 2009.
      (limite Hg triglia 1 mg/kg peso umido, CE 629/2006;
      limite sarago 0,5 Hg mg/kg p.u., CE 1881/2006). Fonte : Caratterizzazione di un sito industriale fortemente contaminato: il caso di Augusta, Antonella Ausili, ISPRA, 2009

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo

             THAPSOSMEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1. Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’ambiente da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee causato dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16.Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1.  Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2.  Piombo nell’ambiente

      5.3.  Cadmio nell’ambiente

      5.4.  Cromo nell’ambiente

      5.5.  Benzene nell’ambiente

      5.6.  Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7.  Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8.  Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9.  Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      Per SUMMARY dell’articolo vedere PARTE 1

      Leggere l’articolo PARTE 5:

      13.03.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    6. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 4

      Mappe di distribuzione del mercurio totale (HgT, ng/l) nelle acque della Rada di Augusta
      a diverse profondità da 0,5 m a 27 m, colore blu – 0,57-9,82; colore blu-verde – 9,83-12,6; colore giallo – 14-18,8; colore arancio – 18,83-23,2; colore rosso – 23,2-129 ng/l.
      Fonte: “Inquinamento ambientale e salute umana, Il caso studio della Rada di Augusta”, Mario Sprovieri, CNR Edizioni, 2015.

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo: THAPSOS  MEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1. Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’ambiente da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9. Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10. Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee causato dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI       

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16. Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1.  Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2.  Piombo nell’ambiente

      5.3.  Cadmio nell’ambiente

      5.4.  Cromo nell’ambiente

      5.5.  Benzene nell’ambiente

      5.6.  Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7.  Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8.  Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9.  Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      Per SUMMARY dell’articolo vedere PARTE 1

      Leggere l’articolo PARTE 4:

      16.02.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    7. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 3

      L’area di bonifica del S.I.N. Augusta-Priolo, mappa inedita del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, fonte: Environmental Pollution in Augusta-Priolo and Gela, in WHO Book “Human Health in Areas with Industrial Contamination”, Editor Mudu P., Terracini B., Martuzzi M., nov. 2014 

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo: THAPSOSMEGARA HYBLAEASito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1.  Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’ambiente da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16.Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1.  Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2.  Piombo nell’ambiente

      5.3.  Cadmio nell’ambiente

      5.4.  Cromo nell’ambiente

      5.5.  Benzene nell’ambiente

      5.6.  Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7.  Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8.  Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9.  Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      Per SUMMARY vedere PARTE 1

      Leggere tutto l’articolo PARTE 3:

      06.02.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    8. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 2

      Saline di Priolo, foto https://www.salinedipriolo.it/la-riserva-naturale-saline-di-priolo/

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2.Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal polo Petrolchimico di Priolo

             THAPSOSMEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1.  Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14.Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16.Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1. Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2. Piombo nell’ambiente

      5.3. Cadmio nell’ambiente

      5.4. Cromo nell’ambiente

      5.5. Benzene nell’ambiente

      5.6. Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7. Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8. Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9. Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      Per SUMMARY vedere PARTE 1

      Leggere tutto l’articolo PARTE 2:

      16.01.2023

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    9. S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 1

      Saline di Priolo, Fenicottero e pulcino. Fonte: https://www.salinedipriolo.it/la-riserva-riserva-naturale-saline-di-priolo/

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

      1.1. Marina di Melilli, demolita per ISAB

      1.2. INCIDENTI del POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

      2.1. S.I.C./Z.P.S. SALINE DI AUGUSTA

      2.2. S.I.C./Z.P.S./IBA/RISERVA NATURALE ORIENTATA SALINE DI PRIOLO  

      2.3. S.I.C./Z.P.S./RISERVA NATURALE ORIENTATA FIUME CIANE E SALINE DI SIRACUSA

      2.4. Siti archeologici inglobati dal Polo Petrolchimico di Priolo

             THAPSOS MEGARA HYBLAEA Sito Stentinello

      3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

      4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

      4.1.  Monitoraggio ambientale

      4.2.  Impianti del Polo Petrolchimico di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa con il maggiore inquinamento

      4.3.  Inquinamento atmosferico. 300 CAMINI del Polo Petrolchimico

      4.4.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrocarburi Non Metanici (NMHC)

      4.5.  Inquinamento dell’atmosfera da Idrogeno Solforato (H2S)

      4.6.  Inquinamento dell’atmosfera da benzene

      4.7.  Inquinamento dell’atmosfera da polveri PM10

      4.8.  Inquinamento della Rada di Augusta da mercurio ed idrocarburi nei sedimenti

      4.9.  Il mercurio nella colonna d’acqua della Rada di Augusta

      4.10.Flussi di mercurio gassoso (Hg0) nell’atmosfera della Rada di Augusta

      4.11.Inquinamento delle acque sotterranee da V.O.C. (Volatile Organic Compounds)

      4.12.Inquinamento delle acque sotterranee dalle società SASOL, ISAB, ESSO, ENI

      4.13.CENERI DI PIRITE

      4.14. Inquinamento da MERCURIO e IMPIANTI CLORO-SODA

      4.15. PRODUZIONE E SMALTIMENTO RIFIUTI. DISCARICHE

      4.16. Risorse idriche. CONSUMI d’acqua e scarichi idrici

      5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      5.1. Mercurio e la fauna ittica nella Rada di Augusta

      5.2. Piombo nell’ambiente

      5.3. Cadmio nell’ambiente

      5.4. Cromo nell’ambiente

      5.5. Benzene nell’ambiente

      5.6. Esaclorobenzene nel’ambiente (HCB)

      5.7. Tetracloroetilene nell’ambiente

      5.8. Mercurio nelle foglie degli alberi

      5.9. Bioindicatori dell’inquinamento e bioaccumulatori delle sostanze chimiche

      5.10. Malformazioni della fauna ittica

      5.11. Esposizione multipla della popolazione S.I.N. di Priolo all’inquinamento

      6. Salute umana. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      6.1.  Malformazioni neonatali congenite

      6.2.  Malattia di Minamata

      6.3.  Analisi dei capelli, latte materno, sangue e urine della popolazione di Augusta

      6.4.  Le polveri disperse dai CAMINI INDUSTRIALI e effetti sull’uomo

      6.5.  Stato di salute della popolazione di Augusta

      6.6.  La battaglia di Padre Palmiro Prisutto contro l’inquinamento ad Augusta

      7. INDAGINI GIUDIZIARIE

      7.1. Operazione “Mare Rosso”

      7.2. DEPURATORI di Augusta, Siracusa e Priolo. Un ROMANZO INCIVILE

      8. BONIFICA del S.I.N. di PRIOLO

      8.1. Problematiche ambientali del SIN di Priolo

      8.2. Bonifica è una storia infinita…

      SUMMARY

      Terra di mandorle, agrumi, pesche, albicocche che usufruivano dell’abbondanza di acqua solcata da numerosi bacini idrici.

      In 70 anni lungo i 30 km della costa siracusana da Augusta a Siracusa il Polo Petrolchimico ha distrutto itinerari naturalistici spettacolari, importanti siti archeologici Thapsos, Megara Hyblaea e Stentinello, ha inglobato le terre agricole e i centri abitati, ha inquinato l’ambiente e la salute dei residenti.

      Una piccola cittadina Marina di Melilli è stata demolita, cancellata dalla carta geografica, perché era ostacolo per la costruzione dello stabilimento ISAB.

      Le case furono spianate, i residenti furono “deportati” altrove. Il “caso Marina di Melilli” si chiuse nel 1979.

      La nascita nel 1950 del Polo Petrolchimico più grande d’Europa già negli anni 70 ha prodotto una serie di problemi a causa dell’assenza di consapevolezza ecologica e di leggi a tutela della salute delle popolazioni a contatto con le aree industriali, manifestata da una serie di INCIDENTI, morie di pesci, insorgenza di patologie tumorali e infine dalle nascite di bambini malformati.

      Il Polo Industriale di Priolo ha una superficie di 43 milioni di m2 e interessa i comuni di Augusta, Priolo, Melilli, Floridia, Solarino e Siracusa.

      Sono in molti oggi a chiedersi se sia stata una scelta felice destinare un territorio siciliano di circa 30 km, ricchissimo di acque limpide di mare, di vaste risorse idriche, di bellezze naturali, di testimonianze archeologiche di immenso valore a Zona Industriale Petrolifera invasiva ed inquinante che ha portato tanto inquinamento ambientale, tante malattie, tanti morti, tante malformazioni genetiche.

      Nella Provincia di Siracusa le Riserve Naturali Protette e le Aree NATURA 2000 occupano il 14,36 % del territorio.

      Le Riserve Saline di Augusta, Saline di Priolo e Saline di Siracusa sono state designate S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), Z.P.S. (Zona di Protezione Speciale), Z.S.C. (Zona Speciale di Conservazione) e fanno parte della Rete EuropeaNATURA 2000”.

      Le Riserve rappresentano Zone Umide e Zone IBA (Important Bird Area) della Provincia di Siracusa dove fanno sosta, nidificazione e svernamento più della metà degli uccelli presenti in Sicilia e circa il 40 % di quelli presenti in Italia.

      L’80 % delle 250 specie di uccelli avvistate nelle Riserve sono migratorie.

      La Riserva delle Saline di Priolo è uno dei 5 siti a livello nazionale dove nidifica il FENICOTTERO, oltre a Cagliari, le Zone Umide delle Valli di Comacchio nel Parco Delta del Fiume Po, la Puglia e la Toscana.

      Tutte e 3 le Riserve sono “Oasi tra le CIMINIERE” perché sono circondate dal Polo Petrolchimico.

      Tutte e 3 le Riserve fanno parte del S.I.N. di Priolo con l’obbligo di bonifica.

      Nei sedimenti delle Saline sono stati riscontrati rame, piombo, arsenico, vanadio, cadmio, zinco, IPA, idrocarburi C>12, composti organostannici, diossine. Le Saline di Priolo sono state utilizzate per abbancare le ceneri di pirite, scarto delle lavorazioni industriali per la produzione di acido solforico dalla pirite.

      Tutte e 3 le Riserve aspettano le bonifiche da 40 anni.

      Il territorio del Polo Petrolchimico di Priolo è stato inserito tra i Siti di Interesse Nazionale da bonificare (S.I.N.) il 9 dicembre 1998, perimetrato successivamente il 10 gennaio 2000 e poi il 10 marzo 2006.

      La superficie da bonificare ammonta a 5’815 ha a terra e 10’068 ha a mare.

      Nell’area S.I.N. di Priolo 21 stabilimenti sono soggetti alle Direttive Seveso con più alto rischio ambientale, di cui la maggior parte si trova a Priolo.

      La Procura di Siracusa ha stimato che circa 530 t di mercurio sono state scaricate in mare dalla MONTEDISON, poi da ENICHEM, tra il 1958 e il 1991, riconoscendo la società responsabile dell‘avvelenamento del mare.

      L’ISPRA ha censito più di 13 milioni di m3 di sedimenti nocivi – dimensioni che equivalgono a 400 palazzi di 24 piani ciascuno.

      Il territorio del S.I.N. di Priolo è disseminato di discariche, dove sono state sepolte milioni di t di rifiuti. Secondo il Censimento del 2018, nella Zona Industriale di Priolo ci sono 23 discariche autorizzate e oltre 100 abusive.

      Il triangolo del Polo Petrolchimico Augusta – Priolo – Melilli, chiamato anche il “TRIANGOLO DELLA MORTE”, è caratterizzato dal fortissimo IMPATTO AMBIENTALE causato dalle indu­strie che hanno determinato gravi e numerosi problemi di salute.

      In 30 anni l’incidenza dei tumori nella zona è cresciuta di 3,4 volte.

      La bonifica del S.I.N. di Priolo rimane una chimera e la questione sanitaria resta drammatica.

      Una partecipazione attiva dei cittadini e dei comitati ambientalisti può sfondare l’indifferenza e il silenzio degli organi di Governo Regionale e Nazionale e tracciare una via verso il ridare lo splendore alla Natura, all’Ambiente, alle Saline, alle Riserve Naturali, ai siti archeologici della Provincia di Siracusa.

      Leggere PARTE 1 dell’articolo:

      17.12.2022

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    10. S.I.R. (Sito di Interesse Regionale) di Venezia – Porto Marghera

      Centro storico della città di Venezia (a destra) e la Zona Industriale Porto Marghera (a sinistra), fonte: google
       

      Contenuto:

      1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico a Porto Marghera

      2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 della Laguna di Venezia

      3. Sito di Interesse Regionale (S.I.R.) di Venezia – Porto Marghera

      4. Inquinamento del POLO PETROLCHIMICO a Porto Marghera

      4.1.PETROLCHIMICO. CRONACHE dell’AVVELENAMENTO

      4.2.INQUINAMENTO NEL PETROLCHIMICO A PORTO MARGHERA

      4.3.INQUINAMENTO causato da alcune SOCIETÀ nel PETROLCHIMICO

      5. IMPRONTA DI MARGHERA”, “IMPRONTA DI VENEZIA

      5.1.Stato Ecologico e Chimico dei corpi idrici della Laguna di Venezia

      5.2. Dinamica di distribuzione dei metalli, diossine e furani nella Laguna

      5.3. Carichi inquinanti immessi nella Laguna da IDROVORE

      6. EFFETTO DELLA CVM SULLA SALUTE UMANA

      7. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

      8. DISCARICHE A PORTO MARGHERA

      9. “PROVE DI BONIFICA”

      10. Salute pubblica. STUDIO S.E.N.T.I.E.R.I.

      11. Processi legali

      SUMMARY

      Il Polo Petrolchimico a Porto Marghera nasce nel 1917 e ha 105 anni.

      La città di Venezia nasce nel 421 e ha 1’600 anni.

      Il Centro Storico della città di Venezia dista dal Petrolchimico soli 5 km.

      Porto Marghera è l’antitesi della città antica di Venezia.

      A causa della vicinanza del Polo Petrolchimico a Venezia, l’inquinamento prodotto dalla Zona Industriale ha un forte impatto sulla città antica: è “IMPATTO DI MARGHERA“.

      A 105 anni dalla sua nascita, il Polo Petrolchimico a Porto Marghera ancora oggi testimonia come l’industria chimica cresciuta ha divorato esseri umani e risorse comuni – aria, terra, acqua, biota e mare.

      Venezia fu tra le città più raffinate d’Europa e anche oggi incanta la sua architettura, gli antichi teatri, le biblioteche, è sede della Mostra Internazionale del Cinema, dell’Arte, di Architettura. Enorme il suo Patrimonio artistico e culturale. Nel 1987 il Sito Venezia e la sua Laguna è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

      La Laguna di Venezia è una delle Zone Umide di conservazione degli Uccelli più estese d’Europa e dell’intero bacino Mediterraneo. Immenso il suo Patrimonio paesaggistico e naturale, habitat di numerose specie di fauna e flora. S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), Z.P.S. (Zona a Protezione Speciale) e I.B.A. (Important Bird Areas) della Laguna di Venezia si integrano nella RETE NATURA 2000, la principale strategia dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità.

      Il 95 % della Laguna è tutelato dalla Direttiva Uccelli.

      In base al censimento dell’avifauna svolto dalla provincia di Venezia e dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, che ha evidenziato la notevole importanza della Laguna di Venezia come area di svernamento e nidificazione per numerose specie di uccelli acquatici nelle Zone Umide, sono state identificate almeno 120’000 esemplari di uccelli a gennaio 1995, 122’000 a gennaio 1996, 99’000 a gennaio 1997.

      Le numerose analisi hanno confermato che a causa delle emissioni incontrollate dalla Zona Industriale di Petrolchimico a Porto Marghera nei suoli e nelle falde acquifere sono presenti metalli pesanti (arsenico, cromo, mercurio, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti organo clorurati, nelle concentrazioni anche centinaia di volte superiori ai limiti di legge, tanto che nel 1998 il Sito di Interesse Regionale di Venezia – Porto Marghera (S.I.R.) è stato incluso nell’elenco dei siti di bonifica.Nel 2013 il sito S.I.N. è stato declassificato in S.I.R. (Sito di Competenza Regionale), e ridimensionato da 5’771 ha a 1’621 ha, perdendo così 4’150 ha.

      Nel corso di 105 anni le maggiori società chimiche che hanno inquinato la Zona Industriale e la Laguna di Venezia sono state MONTECATINI, MONTEDISON, MONTEFIBRE, ECOMED, ENICHEM, ENIMONT, AUSIDET, AGRIMONT, SAVA, ALLUMETAL, AMMI, VENICE NEWPORT CONTAINER & LOGISTICS S.p.A., CPM CHIMICA PORTO MARGHERA S.r.l., EDISON S.p.a., SISTEMA INTEGRATO MARGHERA AMBIENTE S.r.l., MEDIO PIAVE MARGHERA S.p.A., SAN MARCO PETROLI, MAGAZZINI GENERALI DI VENEZIA S.r.l., SYNDIAL, CONSORZIO TECNOLOGICO VENEZIANO, VERITAS S.p.A., ALLES S.r.l., FASSA S.p.a., COLACEM, ALCOA SERVIZI S.r.l., ENEL S.p.a., SOLVAY SPECIALTY POLYMERS ITALY S.p.a. etc.Attualmente nella Z.I. del Petrolchimico operano circa 1’000 aziende.

      L’inquinamento da sostanze chimiche dellaZona Industriale, chesi trova di fronte al Centro Storico di Venezia a soli 5 km di distanza, forma IMPRONTA MARGHERAche ha una forte influenza sulla città antica e su tutta la Laguna di Venezia:IMPRONTA VENEZIA”.

      Attualmente nella Laguna di Venezia ci sono circa 111 società di concessione per la venericoltura di vongole veraci su una superficie di circa 3’500 ha. I dati confermano che la concentrazione di diossina e PCB diossina simili nelle vongole della Laguna è direttamente proporzionale alla concentrazione riscontrata nei sedimenti: più delle sostanze chimiche contengono i sedimenti, più le accumulano le vongole. Allontanandosi dai Canali della Zona Industriale diminuisce anche l’inquinamento.

      Nel corso di 105 anni di funzionamento del Petrolchimico di Marghera i colossi della chimica hanno scaricato in terra e in mare una enorme quantità di sostanze chimiche, stimata in 5’000’000 m3, e hanno riempito 35 discariche, contaminando gravemente i suoli e le acque di falda, determinando un grave inquinamento dei sedimenti dei Canali Industriali e della Laguna di Venezia, danneggiando gravemente la catena alimentare e la salute pubblica.

      Nel 2006 il Tribunale di II do grado ha confermato la condanna di soli 5 vertici della chimica dei 28 inizialmente accusati, riconoscendo le responsabilità dei dirigenti della MONTEDISON.

      I numeri del Maxi Processo MONTEDISON”:

      10 anni di tribunali, 120 udienze, centinaia di testimonianze, deposizioni di c.a. 100 periti, fascicoli processuali di 1 milione e 500 mila pagine.

      La sentenza “MONTEDISON” del 2006 ha ribadito che il disastro ambientale a Porto Marghera è stato il risultato di una politica aziendale che sfruttava i lavoratori e disprezzava l’ambiente. Nessuno della dirigenza del Petrolchimico e degli enti di controllo si sono allarmati dell’inquinamento che stava producendo la Zona Industriale a Marghera, malgrado la Provincia di Venezia già nel 1962 conosceva bene i rischi degli “impianti che diffondono nell’aria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell’acqua sostanze velenose.” Si è allarmato nel 1994 Gabriele Bortolozzo, semplice operaio del Petrolchimico, quando ha visto morire i suoi colleghi a causa delle inalazioni delle sostanze chimiche, perché ha capito che

      PRIMA VIENE LA SALUTE e poi IL LAVORO.

      I veleni sono ancora lì, sepolti nelle viscere profonde della Zona Industriale del Petrolchimico. L’Epopea eroica iniziata 105 anni fa come sviluppo industriale, è stata conclusa con il dramma del disastro ambientale, con la minaccia alla salute e all’ambiente, con una ciclopica opera di bonifica che non ha precedenti in Italia, con costi e tempi di difficile quantificazione.

      È un “lascito” alle future generazioni sotto forma di inquinamento della Laguna di Venezia, delle zone naturalistiche S.I.C./Z.P.S./I.B.A. che fanno parte della RETE NATURA 2000, dell’antica città di Venezia, Patrimonio dell’UMANITA’.

      Leggere tutto l’articolo:

      16.04.2022

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    11. “Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTI 1-5

      Carta dei giacimenti petroliferi nel Parco Nazionale Appennino Val d’Agri Lagonegrese, Basilicata.
      Fonte: ENI e la Regione Basilicata

      Contenuto:

      1. Distruzione degli ecosistemi naturali

      2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua

      2.1. SORGENTI

      3. Concessioni petrolifere in Basilicata

      3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche

      4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.

      5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi

      6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE   

      7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi. Pozzi di re-iniezioni

      8. Smaltimento dei fanghi di perforazione

      9. Lago Pertusillo

      10. Analisi chimiche

      11.Contaminazione degli alimenti

      12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO

      13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMANA, FAUNA E FLORA

      14. Casi legali in Basilicata

      15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO

      SUMMARY

      La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

      La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

      Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

      Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.

      Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

      L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.

      La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri  ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.

      Nella Regione Basilicata manca il Piano di Tutela delle Acque previsto dal Codice dell’Ambiente che permette alle compagnie petrolifere di fare altre richieste per trivellare nelle zone ricche delle preziose risorse sorgive e anche nei Parchi.

      Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio! Nella Val d’Agri circa il 60 % delle aziende agricole lucane hanno chiuso la loro attività, in quanto i prodotti coltivati erano inquinati da idrocarburi e metalli pesanti (fragole, uva, olivi, peperoni, miele, latte, vino….)

      ENI è diventata il più grande proprietario terriero della Val d’Agri.

      Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.

      Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo.

      La loro composizione chimica è coperta da segreto industriale.

      Si tratta di fluidi iniettati che accompagnano l’intera vita del Pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione, che devono essere smaltite.

      I Pozzi di estrazione idrocarburi attivi in Basilicata sono 126 di cui 43 in provincia di Potenza e 83 in provincia di Matera.

      In Val d’Agri ci sono 40 Pozzi per l’estrazione di petrolio, di cui 26 in produzione, e 1 Pozzo di Costa Molina 2 a Montemurro è destinato a re-iniezione fluidi (rifiuti di produzione petrolifera).

      Nel comune di Viggiano dove si trova il Centro Oli C.O.V.A. ricadono 20 Pozzi petroliferi.

      Tra gli inquinanti emessi dall’impianto C.O.V.A. ci sono NOx, SO2, CO e particolato, l’idrogeno solforato (H2S), i Composti Organici Volatili (V.O.C.).

      Durante il processo di idro-desolforazione nel Centro C.O.V.A. una parte di idrogeno solforato (H2S) viene dispersa nell’aria da un inceneritore a fiammella, che emettecirca altri 70 inquinanti. Le altezze dei pennacchi con cui le sostanze chimiche escono dai camini variano da 12 a 33 m, la temperatura da 395 a 1’083 °C, la velocità di uscita da 3,1 a 21,4 m/s.

       In Italia i limiti di emissione di H2S sono 5’000 volte superiori a quelli degli Stati Uniti:

      • Organizzazione Mondiale della Sanità: 0,005 ppm di H2S
      • USA: Il Governo Federale consiglia 0,001 ppm (ciascuno stato decide autonomamente)
      • Massachussetts: 0,0006 ppm
      • Oklahoma:  0,2 ppm
      • California:   0,03 ppm
      • Canada, Alberta: 0,02 ppm
      • ITALIA:  Industria non petrolifera – 5 ppm, Industria petrolifera – 30 ppm

      Il monitoraggio di questa sostanza in Val d’Agri avviene solo 2-3 volte l’anno.

      Oltre ai danni causati direttamente all’uomo, l’H2S ha effetti nocivi su piante, animali e pesci ed ha effetto di bio-accumulo.

      In 16 anni, dal 2001 al 2017, C.O.V.A. ha contaminato 26’000 m2 del suolo, pari al 15 % dell’area di 180’000 m2 che occupa, ha smaltito irregolarmente oltre 854’000 t di sostanze pericolose.

      In 7 anni, dal 2012 al 2019, nel Centro sono stati più di 100 incidenti, che sono stati sminuiti o taciuti da ENI.

      Il paradosso è che C.O.V.A. si trova in un’area naturalistica di pregio, una delle più importanti d’Europa.

      Le  aree naturali protette della  Basilicata occupano circa il 30 % della superficie, con 120 aree protette organizzate in un sistema dei 3 Parchi Nazionali, 3 Parchi Regionali, 14 Riserve Naturali statali e regionali, 5 Oasi WWF, 82 SIC, ZSC e ZPS (Rete Natura 2000), 2 Zone Umide Ramsar, 9 aree IBA.

      Il Parco Nazionale del Pollino è il parco più grande d’Italia e considerato Patrimonio UNESCO.

      La storia dell’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri Lagonegrese è stata fortemente influenzata dall’attività estrattiva.

      Qualcuno ha definito il Parco Nazionale della Val d’Agri Lagonegrese il Parco della Val d’AGIP, per sottolineare la rapacità delle compagnie petrolifere che pretendono di effettuare attività estrattive dentro un Parco Nazionale.

      L’istituzione del Parco della Val d’Agri prevista nel 1991, è stata conclusa solo 16 anni dopo, l’8 dicembre 2007, a causa delle forti pressioni di alcune multinazionali petrolifere.   

      Si è passati da una prima proposta di perimetrazione pari ad un’estensione di circa 160’000 ettari all’attuale area frastagliata di 70’000 effettivi.

      56 % in meno, rispetto alla prima versione di perimetrazione.

      Tuttavia, nel 2017 ENI presenta la richiesta di nuova perforazione, nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Alta Val D’Agri-Lagonegrese, che risultava inammissibile nel rispetto della funzione di protezione del capitale naturale del Parco.

      Nei limiti della concessione Val d’Agri ricadono aree comprese nel Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, nel Parco Regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.

      Il territorio della concessione Val d’Agri è caratterizzato dalla presenza di 11 siti di Rete Natura 2000 (SIC/ZSC/ZPS).

      Non esiste alcuna normativa italiana che definisce una distanza minima per l’esercizio di attività di estrazione petrolifera dai siti ZPS/SIC/ZSC/Parchi.

      Secondo i dati di Alberto Diantini dell’Università di Padova, il 60 % dei 40 Pozzi sono situate alla distanza di 0,88 km – 1,11 km da ZPS e dal Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

      Ad oggi 14 di 40 Pozzi si trovano all’interno del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

      Emerge che il 47,5 %dei 40 Pozzi sono situati alla distanza da 0,66 km a 1,19 km dai bacini idrici, il 30 % dei 40 Pozzi – a 0,58 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 12,5 % dei Pozzi – fra 1,25 km e i 1,84 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 10 % – tra 1,97 km e 2,47 km da fiumi, laghi o Sorgenti.

      Secondo i dati di Alberto Diantini, la media distanza dei Pozzi petroliferi dalle aree SIC/ZSC è di 2,32 km, da ZPS1,93 km, dal Parco1,97 km, dai fiumi/laghi/Sorgenti0,98 km!

      Data la grande importanza dell’invaso del Pertusillo dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico a scopo potabile, esiste il rischio serio sia per il mantenimento dei delicati equilibri ecologici dell’area sia per la salute umana.

      La Prof.ssa Geologo Albina Colella ha trovato nelle Sorgenti LaRossa 2 e LaRossa 3 situati a poco più di 2 km dal Pozzo di re-iniezione petrolifera Costa Molina 2, valori di alluminio 1’700 volte in più e gli idrocarburi totali 10 volte in più, rispetto ai valori normali nelle Sorgenti.

      Secondo la Prof.ssa Colella, “una potenziale fonte di contaminazione di queste acque potrebbe essere rappresentata da perdite di acque di scarto petrolifero dal Pozzo di re-iniezione Costa Molina 2, dovute a cedimenti della integrità strutturale del Pozzo e diffusione di tali acque nel sottosuolo e contaminazione delle acque sotterranee”.

      A circa 1,8 km dal Centro Oli di Viggiano si trovail Lago artificiale Pertusillo che fornisce l’acqua potabile alla Puglia e alla Basilicata. Ogni giorno 2’658’861 persone delle province di Bari, Taranto e Lecce bevono l’acqua proveniente dal Lago Pertusillo. Con la stessa acqua vengono irrigati 35’000 ettari di campi della Basilicata.

      Il Lago rientra nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

      I Pozzi di petrolio sono a meno di 1 km dal Lago e pescano a 4-5 km sotto la superficie.

      Nei pesci del Lago Pertusillo sono stati rinvenuti idrocarburi, PCB, metalli pesanti, microcistine. Nell’acqua e nei sedimenti del Lago sono stati rinvenuti idrocarburi, metalli pesanti, naftalene, diossine, PFOS.

      L’ARPAB ha censito la presenza di 21 metalli pesanti nelle acque del Lago, 5 dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione.

      Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.

      Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.

      Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara, in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato:

            manganese 40 volte oltre il limite di legge;

            boro  – 1,6 volte oltre il limite;

            ferro 2,6 volte oltre il limite;

            nitriti – 6,25 volte oltre il limite;

            fluoruri – 2,8 volte oltre il limite;

            alifatici clorurati – 2,1 volte oltre il limite;

            cloroformio 146 volte oltre il limite;

            bromodiclorometano 7,5 volte oltre il limite;

            benzo(a)pirene – 2,5 volte oltre il limite.

      Gli effetti sulla salute, determinati dalle estrazioni petrolifere, sono ben noti essendo stati ampiamente studiati in varie località del mondo. Tali studi hanno dimostrato che le popolazioni residenti nel raggio di 500 m – 1 km dai Pozzi petroliferi hanno una incidenza maggiore sia di tumori, anche infantili, che di patologie croniche e malformazioni congenite.

      Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paeseafricano rimane uno dei più poveri.

      Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.

      Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      Dalle analisi di mortalità è statoosservato un eccesso per le malattie del sistema circolatorio nelle donne +63 %, per uomini+ +41 % nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      La mortalità a Viggiano e Grumento Nova, rispetto a quella di 20 comuni della concessione Val d’Agri, ha evidenziatoeccessi a Viggiano e a Grumento Nova per tutte le cause + 19 % tra le donne e + 15 % per entrambi, invece per le malattie del sistema circolatorio + 32 % di cui + 45 % per malattie ischemiche del cuore tra le donne.

      Tra il 2011 e il 2014 il tasso di mortalità in un piccolo villaggio Corleto Perticara, che ha meno di 3’000 abitanti e che si trova a 4 km in linea d’aria dal Centro di Tempa Rossa e a 20 km da quello di Viggiano, era il 73 % più alto del tasso regionale e il 69 % più alto del provinciale.

      Tra il 2011 e il 2014 nella provincia di Potenza il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno nei maschi tra 0 a 14 anni è cresciuto del 48 %, il tasso di dimissioni per chemioterapia era più alto rispetto al nazionale del 37 % per le bambine e del 59 % per i bambini.

      Nel 2017 circa 200 residenti dei comuni di Viggiano e Grumento Nova in Val d’Agri sono stati interrogati, riguardo la loro percezione dell’impatto del C.O.V.A. sulla salute umana.

      Risultava che tra le persone intervistate:

         95,9 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per l’ambiente;

         98,6 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per la salute;

         86,1 % ritenevano che tutte le persone sono potenzialmente esposte ai potenziali rischi del C.O.V.A.;

         66,3 % ritenevano grave la situazione ambientale del comune di residenza;

         67,1 % ritenevano che è molto probabile avere allergie;

         72,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie respiratorie acute;

         57,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie cardiovascolari;

         49,1 % ritenevano che è molto probabile avere infertilità;

         74,4 % ritenevano che è molto probabile avere varie forme di cancro;

         69,5 % ritenevano che è molto probabile avere leucemia;

         61,0 % ritenevano che è molto probabile avere malformazioni congenite.

      61,6 % delle persone non si ritenevano sufficientemente informate sulla presenza dei pericoli nell’area in cui vivono.

      Nel 2020 la Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata (FARBAS) nei limiti dello Studio EPIBAS, ha interrogato circa 600 persone, residenti nelle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifera in Basilicata.

      Le persone intervistate hanno mostrato una percezione molto alta di pericolo alla salute, una insoddisfazione sull’informazione ricevuta e una bassa fiducia nell’affidabilità di media, associazioni, pubblica amministrazione in relazione alle informazioni sui pericoli ambientali.

      Lo Studio ha scoperto che:

      73,8 % delle persone intervistate che vivono vicino al centro C.O.V.A. e nella zona di trivellazione Tempa Rossa, ritenevano che l’estrazione petrolifera rappresenta un pericolo;

      solo il 26 % ritenevano affidabili le informazioni fornite da Regione Basilicata (Dipartimento di Salute, Dipartimento di Ambiente);  

      solo il 37 % ritenevano affidabili informazioni, fornite da aziende sanitarie locali;  

      solo il 24,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ARPA;

      solo il 25 % ritenevano affidabili informazioni fornite da comuni;

      solo 22,6 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ISPRA e ISS;

      solo il 17,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite dall’Europa;

      solo il 19,8 % ritenevano affidabili informazioni fornite dal Governo;

      solo il 25,7 % ritenevano affidabili informazioni fornite da mezzi di comunicazione (TV/Radio/giornali).  

      Mentre ENI e TOTAL facevano finta di essere preoccupate per il fabbisogno energetico dell’Italia, per le ricadute sull’economia e l’occupazione, perché pagavano solo il 7 % di royalties (il 4 % se il petrolio è estratto in mare),per poter avere il permesso dal Governo di spremere la terra altrui e saccheggiare le risorse, quando in Venezuela le royalties al Governo sono l’85 %, in Norvegia80 %, in Bolivia ed Ecuador – oltre il 50 %, l’aria, il suolo, l’acqua, l’agricoltura, il turismo e la salute del popolo della Val d’Agri hanno avuto

      le ricadute drammatiche.

      L’estrazione petrolifera è una grave ipoteca sul futuro delle terre.

      L’unico futuro ecologico possibile per la Basilicata è il futuro delle energie rinnovabili.

      Le energie fossili e le trivellazioni sono il passato.

      “Affare” PETROLIO è come una punta dell’Icebergla cui enorme ENTITÀ NERA distrugge ecosistemi naturali, comporta perdita di biodiversità e rischio di nuove malattie infettive, inquina l’area, il suolo, le acque superficiali e le sotterranee, di cui fanno parte le Sorgenti, Torrenti, Fiumi, Laghi, danneggia la catena alimentare, fauna, flora e la salute umana.

      La Regione Basilicata copre solo circa il 6-8 % del fabbisogno nazionale di petrolio (2 settimane di consumo nazionale) e circa l’1,4 % del fabbisogno nazionale di gas (4 giorni di riscaldamento delle case degli italiani in inverno).

      Il resto l’Italia lo deve comprare.

      Oggi in Italia l’ACQUA, l’ORO BLUE, è davvero più preziosa del PETROLIO?

      Oggi in Italia i PARCHI, l’ORO VERDE, sono davvero più preziosi del PETROLIO?

      Solo la stupidità umana e l’avidità delle pochissime multinazionali può ipotecare l’ORO BLUE e l’ORO VERDE dell’intera Regione Basilicata.

      Per solo 2 settimane di consumo nazionale…

      Leggere l’articolo intero (PARTI 1-5):

      21.12.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    12. “Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 4

      Analisi di 12 Pozzi Artesiani, comune Corleto Perticara, fonte C.O.V.A. CONTRO

      Contenuto:

      1. Distruzione degli ecosistemi naturali

      2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua

          2.1. SORGENTI

      3. Concessioni petrolifere in Basilicata

          3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche

      4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.

      5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi

      6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI

          PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE

      7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi. Pozzi di re-iniezioni

      8. Smaltimento dei fanghi di perforazione

      9. Lago Pertusillo

      10. Analisi chimiche

      11.Contaminazione degli alimenti

      12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO

      13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMANA,  

            FAUNA E FLORA

      14. Casi legali in Basilicata

      15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO

      Bibliografia………………………………………………………………………………..156

      Abbreviazioni……………………………………………………………………………..167

      Vedi SUMMARY nell’articolo PARTE 2.

      Leggere tutto l”articolo PARTE 4:

      14.11.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

      info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    13. “Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 3

      Concentrazioni di idrocarburi nei sedimenti del Lago Pertusillo, mg/kg, Colella A. e di Bello G., 2012

      Contenuto:

      1. Distruzione degli ecosistemi naturali

      2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua

          2.1. SORGENTI

      3. Concessioni petrolifere in Basilicata

          3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche

      4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.

      5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi

      6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI

          PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE

      7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi.

          Pozzi di re-iniezioni

      8. Smaltimento dei fanghi di perforazione

      9. Lago Pertusillo

      10. Analisi chimiche

      11.Contaminazione degli alimenti

      12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO

      13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMANA, FAUNA e FLORA

      14. Casi legali in Basilicata

      15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO

      Bibliografia………………………………………………………………………………….156

      Abbreviazioni……………………………………………………………………………….167

      Vedi SUMMARY nell’articolo PARTE 2.

      Leggere tutto l’articolo PARTE 3:

      05.10.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

      Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.),

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.),

      info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    14. “Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 2

      Carta dei titoli minerari in Basilicata, 2019

      Contenuto:

      1. Distruzione degli ecosistemi naturali

      2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua

          2.1. SORGENTI

      3. Concessioni petrolifere in Basilicata

          3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche

      4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.

      5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi

      6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI  

          PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE

      7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi. Pozzi di re-iniezioni

      8. Smaltimento dei fanghi di perforazione

      9. Lago Pertusillo

      10. Analisi chimiche

      11.Contaminazione degli alimenti

      12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO

      13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMANA

      14. Casi legali in Basilicata

      15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO

      Bibliografia………………………………………………………………………………..156

      Abbreviazioni……………………………………………………………………………..167

      SUMMARY

      La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

      La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

      Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “…890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

      Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.

      Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

      L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.

      La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri  ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.

      Nella Regione Basilicata manca il Piano di Tutela delle Acque previsto dal Codice dell’Ambiente che permette alle compagnie petrolifere di fare altre richieste per trivellare nelle zone ricche delle preziose risorse sorgive e anche nei Parchi.

      Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio !

      Nella Val d’Agri circa il 60 % delle aziende agricole lucane hanno chiuso la loro attività, in quanto i prodotti coltivati erano inquinati da idrocarburi e metalli pesanti (fragole, uva, olivi, peperoni, miele, latte, vino….)

      ENI è diventata il più grande proprietario terriero della Val d’Agri.

      Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.

      Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo.

      La loro composizione chimica è coperta da segreto industriale.

      Si tratta di fluidi iniettati che accompagnano l’intera vita del Pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione, che devono essere smaltite.

      I Pozzi di estrazione idrocarburi attivi in Basilicata sono 126 di cui 43 in provincia di Potenza e 83 in provincia di Matera.

      In Val d’Agri ci sono 40 Pozzi per l’estrazione di petrolio, di cui 26 in produzione, e 1 Pozzo di Costa Molina 2 a Montemurro è destinato a re-iniezione fluidi (rifiuti di produzione petrolifera).

      Nel comune di Viggiano dove si trova il Centro Oli C.O.V.A. ricadono 20 Pozzi petroliferi.

      Tra gli inquinanti emessi dall’impianto C.O.V.A. ci sono NOx, SO2, CO e particolato, l’idrogeno solforato (H2S), i Composti Organici Volatili (V.O.C.).

      Durante il processo di idro-desolforazione nel Centro C.O.V.A. una parte di idrogeno solforato (H2S) viene dispersa nell’aria da un inceneritore a fiammella, che emette circa altri 70 inquinanti. Le altezze dei pennacchi con cui le sostanze chimiche escono dai camini variano da 12 a 33 m, la temperatura da 395 a 1’083 °C, la velocità di uscita da 3,1 a 21,4 m/s.

      In Italia i limiti di emissione di H2S sono 5’000 volte superiori a quelli degli Stati Uniti:

      Organizzazione Mondiale della Sanità: 0,005 ppm di H2S

      USA: Il Governo Federale consiglia 0,001 ppm (ciascuno stato decide autonomamente)

      Massachussetts: 0,0006 ppm

      Oklahoma:  0,2 ppm

      California:   0,03 ppm

      Canada, Alberta: 0,02 ppm

      ITALIA:  Industria non petrolifera – 5 ppm

                   Industria petrolifera – 30 ppm

      Il monitoraggio di questa sostanza in Val d’Agri avviene solo 2-3 volte l’anno.

      Oltre ai danni causati direttamente all’uomo, l’H2S ha effetti nocivi su piante, animali e pesci ed ha effetto di bio-accumulo.

      In 16 anni, dal 2001 al 2017, C.O.V.A. ha contaminato 26’000 m2 del suolo, pari al 15 % dell’area di 180’000 m2 che occupa, ha smaltito irregolarmente oltre 854’000 t di sostanze pericolose.

      In 7 anni, dal 2012 al 2019, nel Centro sono stati più di 100 incidenti, che sono stati sminuiti o taciuti da ENI.

      Il paradosso è che C.O.V.A. si trova in un’area naturalistica di pregio, una delle più importanti d’Europa.

      Le aree naturali protette della Basilicata occupano circa il 30 % della superficie, con 120 aree protette organizzate in un sistema dei 3 Parchi Nazionali, 3 Parchi Regionali, 14 Riserve Naturali statali e regionali, 5 Oasi WWF, 82 SIC, ZSC e ZPS (Rete Natura 2000), 2 Zone Umide Ramsar, 9 aree IBA.

      Il Parco Nazionale del Pollino è il parco più grande d’Italia e considerato Patrimonio UNESCO.

      La storia dell’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri Lagonegrese è stata fortemente influenzata dall’attività estrattiva.

      Qualcuno ha definito il Parco Nazionale della Val d’Agri Lagonegrese il Parco della Val d’AGIP, per sottolineare la rapacità delle compagnie petrolifere che pretendono di effettuare attività estrattive dentro un Parco Nazionale.

      L’istituzione del Parco della Val d’Agri prevista nel 1991, è stata conclusa solo 16 anni dopo, l’8 dicembre 2007, a causa delle forti pressioni di alcune multinazionali petrolifere.   

      Si è passati da una prima proposta di perimetrazione pari ad un’estensione di circa 160’000 ettari all’attuale area frastagliata di 70’000 effettivi.

      56 % in meno, rispetto alla prima versione di perimetrazione.

      Tuttavia, nel 2017 ENI presenta la richiesta di nuova perforazione, nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Alta Val D’Agri Lagonegrese, che risultava inammissibile nel rispetto della funzione di protezione del capitale naturale del Parco.

      Nei limiti della concessione Val d’Agri ricadono aree comprese nel Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, nel Parco Regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.

      Il territorio della concessione Val d’Agri è caratterizzato dalla presenza di 11 siti di Rete Natura 2000 (SIC/ZSC/ZPS).

      Non esiste alcuna normativa italiana che definisce una distanza minima per l’esercizio di attività di estrazione petrolifera dai siti ZPS/SIC/ZSC/Parchi.

      Secondo i dati di Alberto Diantini dell’Università di Padova, il 60 % dei 40 Pozzi sono situate alla distanza di 0,88 km – 1,11 km da ZPS e dal Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.

      Ad oggi 14 di 40 Pozzi si trovano all’interno del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

      Emerge che il 47,5 %dei 40 Pozzi sono situati alla distanzada0,66 km a 1,19 km dai bacini idrici, il 30 %dei 40 Pozzi – a 0,58 km da fiumi, laghi o Sorgenti,il 12,5 %dei Pozzi – fra 1,25 km e i 1,84 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 10 % – tra 1,97 km e 2,47 km da fiumi, laghi o Sorgenti.

      Secondo i dati di Alberto Diantini, la media distanza dei Pozzi petroliferi dalle aree SIC/ZSC è di 2,32 km, da ZPS1,93 km, dal Parco1,97 km, dai fiumi/laghi/Sorgenti0,98 km !

      Data la grande importanza dell’invaso del Pertusillo dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico a scopo potabile, esiste il rischio serio sia per il mantenimento dei delicati equilibri ecologici dell’area sia per la salute umana.

      La Prof.ssa Geologo Albina Colella ha trovato nelle Sorgenti LaRossa 2 e LaRossa 3 situati a poco più di 2 km dal Pozzo di re-iniezione petrolifera Costa Molina 2, valori di alluminio 1’700 volte in più e gli idrocarburi totali 10 volte in più, rispetto ai valori normali nelle Sorgenti.

      Secondo la Prof.ssa Colella, “una potenziale fonte di contaminazione di queste acque potrebbe essere rappresentata da perdite di acque di scarto petrolifero dal Pozzo di re-iniezione Costa Molina 2, dovute a cedimenti della integrità strutturale del Pozzo e diffusione di tali acque nel sottosuolo e contaminazione delle acque sotterranee”.

      A circa 1,8 km dal Centro Oli di Viggiano si trovail Lago artificiale Pertusillo che fornisce l’acqua potabile alla Puglia e alla Basilicata. Ogni giorno 2’658’861 persone delle province di Bari, Taranto e Lecce bevono l’acqua proveniente dal Lago Pertusillo. Con la stessa acqua vengono irrigati 35’000 ettari di campi della Basilicata.

      Il Lago rientra nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

      I Pozzi di petrolio sono a meno di 1 km dal Lago e pescano a 4-5 km sotto la superficie.

      Nei pesci del Lago Pertusillo sono stati rinvenuti idrocarburi, PCB, metalli pesanti, microcistine. Nell’acqua e nei sedimenti del Lago sono stati rinvenuti idrocarburi, metalli pesanti, naftalene, diossine, PFOS.

      L’ARPAB ha censito la presenza di 21 metalli pesanti nelle acque del Lago, 5 dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione.

      Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.

      Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.

      Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara, in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato:

            manganese 40 volte oltre il limite di legge;

            boro  – 1,6 volte oltre il limite;

            ferro 2,6 volte oltre il limite;

            nitriti – 6,25 volte oltre il limite;

            fluoruri – 2,8 volte oltre il limite;

            alifatici clorurati – 2,1 volte oltre il limite;

            cloroformio 146 volte oltre il limite;

            bromodiclorometano 7,5 volte oltre il limite;

            benzo(a)pirene – 2,5 volte oltre il limite.

      Gli effetti sulla salute, determinati dalle estrazioni petrolifere, sono ben noti essendo stati ampiamente studiati in varie località del mondo. Tali studi hanno dimostrato che le popolazioni residenti nel raggio di 500 m – 1 km dai Pozzi petroliferi hanno una incidenza maggiore sia di tumori, anche infantili, che di patologie croniche e malformazioni congenite.

      Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paese africano rimane uno dei più poveri.

      Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.

      Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      Dalle analisi di mortalità è statoosservato un eccesso per le malattie del sistema circolatorio nelle donne +63 %, per uomini+donne  +41 % nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      La mortalità a Viggiano e Grumento Nova, rispetto a quella di 20 comuni della concessione Val d’Agri, ha evidenziato eccessi a Viggiano e a Grumento Nova  per tutte le cause + 19 % tra le donne e + 15 % per entrambi, invece per le malattie del sistema circolatorio + 32 % di cui + 45 % per malattie ischemiche del cuore tra le donne.

      Tra il 2011 e il 2014 il tasso di mortalità in un piccolo villaggio Corleto Perticara, che ha meno di 3’000 abitanti e che si trova a 4 km in linea d’aria dal Centro di Tempa Rossa e a 20 km da quello di Viggiano, era il 73 % più alto del tasso regionale e il 69 % più alto del provinciale.

      Tra il 2011 e il 2014 nella provincia di Potenza il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno nei maschi tra 0 a 14 anni è cresciuto del 48 %, il tasso di dimissioni per chemioterapia era più alto rispetto al nazionale del 37 % per le bambine e del 59 % per i bambini.

      Nel 2017 circa 200 residenti dei comuni di Viggiano e Grumento Nova in Val d’Agri sono stati interrogati, riguardo la loro percezione dell’impatto del C.O.V.A. sulla salute umana.

      Risultava che tra le persone intervistate:

         95,9 %  ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per l’ambiente;

         98,6 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per la salute;

         86,1 % ritenevano che tutte le persone sono potenzialmente esposte ai potenziali rischi del C.O.V.A.;

         66,3 % ritenevano grave la situazione ambientale del comune di residenza;

         67,1 % ritenevano che è molto probabile avere allergie;

         72,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie respiratorie acute;

         57,1 %  ritenevano che è molto probabile avere malattie cardiovascolari;

         49,1 %  ritenevano che è molto probabile avere infertilità;

         74,4 % ritenevano che è molto probabile avere varie forme di cancro;

         69,5 %  ritenevano che è molto probabile avere leucemia;

         61,0 %  ritenevano che è molto probabile avere malformazioni congenite.

      61,6 % delle persone non si ritenevano sufficientemente informate sulla presenza dei pericoli nell’area in cui vivono.

      Nel 2020 la Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata (FARBAS) nei limiti dello Studio EPIBAS, ha interrogato circa 600 persone, residenti nelle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifera in Basilicata.

      Le persone intervistate hanno mostrato una percezione molto alta di pericolo alla salute, una insoddisfazione sull’informazione ricevuta e una bassa fiducia nell’affidabilità di media, associazioni, pubblica amministrazione in relazione alle informazioni sui pericoli ambientali.

      Lo Studio ha scoperto che:

      73,8 % delle persone intervistate che vivono vicino al centro C.O.V.A. e nella zona di trivellazione Tempa Rossa, ritenevano che l’estrazione petrolifera rappresenta un pericolo;

      solo il 26 % ritenevano affidabili le informazioni fornite da Regione Basilicata (Dipartimento di Salute, Dipartimento di Ambiente);  

      solo il 37 % ritenevano affidabili informazioni, fornite da aziende sanitarie locali;  

      solo il 24,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ARPA;

      solo il 25 % ritenevano affidabili informazioni fornite da comuni;

      solo 22,6 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ISPRA e ISS;

      solo il 17,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite dall’Europa;

      solo il 19,8 % ritenevano affidabili informazioni fornite dal Governo;

      solo il 25,7 % ritenevano affidabili informazioni fornite da mezzi di comunicazione (TV/Radio/giornali).  

      Mentre ENI e TOTAL facevano finta di essere preoccupate per il fabbisogno energetico dell’Italia, per le ricadute sull’economia e l’occupazione, perché pagavano solo il 7 % di royalties (il 4 % se il petrolio è estratto in mare), per poter avere il permesso dal Governo di spremere la terra altrui e saccheggiare le risorse, quando in Venezuela le royalties al Governo sono l’85 %, in Norvegia80 %, in Bolivia ed Ecuador – oltre il 50 %, l’aria, il suolo, l’acqua, l’agricoltura, il turismo e la salute del popolo della Val d’Agri hanno avuto le ricadute drammatiche.

      L’estrazione petrolifera è una grave ipoteca sul futuro delle terre.

      L’unico futuro ecologico possibile per la Basilicata è il futuro delle energie rinnovabili.

      Le energie fossili e le trivellazioni sono il passato.

      “Affare” PETROLIO è come una punta dell’Iceberg la cui enorme ENTITÀ NERA distrugge ecosistemi naturali, comporta perdita di biodiversità e rischio di nuove malattie infettive, inquina l’area, il suolo, le acque superficiali e le sotterranee, di cui fanno parte le Sorgenti, Torrenti, Fiumi, Laghi, danneggia la catena alimentare, fauna, flora e la salute umana.

      La Regione Basilicata copre solo circa il 6-8 % del fabbisogno nazionale di petrolio (2 settimane di consumo nazionale) e circa l’1,4 % del fabbisogno nazionale di gas (4 giorni di riscaldamento delle case degli italiani in inverno).

      Il resto l’Italia lo deve comprare.

      Oggi in Italia l’ACQUA, l’ORO BLUE, è davvero più preziosa del PETROLIO ?

      Oggi in Italia i PARCHI, l’ORO VERDE, sono davvero più preziosi del PETROLIO ?

      Solo la stupidità umana e l’avidità delle pochissime multinazionali può ipotecare l’ORO BLUE e l’ORO VERDE dell’intera Regione Basilicata.

      Per solo 2 settimane di consumo nazionale…

      Leggere tutto l’articolo, PARTE 2:

       02.09.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

      Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

      info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    15. “Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 1

      Posted on by admin
      Regione Basilicata

      Contenuto:

      1. Distruzione degli ecosistemi naturali

      2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua

          2.1. SORGENTI

      3. Concessioni petrolifere in Basilicata

          3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche

      4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.

      5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi

      6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI  

          PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE

      7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi. Pozzi di re-iniezioni

      8. Smaltimento dei fanghi di perforazione

      9. Lago Pertusillo

      10. Analisi chimiche

      11.Contaminazione degli alimenti

      12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO

      13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMANA

      14. Casi legali in Basilicata

      15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO

      Bibliografia………………………………………………………………………………..147

      Abbreviazioni……………………………………………………………………………..158

      SUMMARY

      La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

      La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

      Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

      Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.

      Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

      L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.

      La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri  ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.

      Nella Regione Basilicata manca il Piano di Tutela delle Acque previsto dal Codice dell’Ambiente che permette alle compagnie petrolifere di fare altre richieste per trivellare nelle zone ricche delle preziose risorse sorgive e anche nei Parchi.

      Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio !

      Nella Val d’Agri circa il 60 % delle aziende agricole lucane hanno chiuso la loro attività, in quanto i prodotti coltivati erano inquinati da idrocarburi e metalli pesanti (fragole, uva, olivi, peperoni, miele, latte, vino….)

      ENI è diventata il più grande proprietario terriero della Val d’Agri.

      Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.

      Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo.   

      La loro composizione chimica è coperta da segreto industriale.

      Si tratta di fluidi iniettati che accompagnano l’intera vita del Pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione, che devono essere smaltite.

      I Pozzi di estrazione idrocarburi attivi in Basilicata sono 126 di cui 43 in provincia di Potenza e 83 in provincia di Matera.

      In Val d’Agri ci sono 40 Pozzi per l’estrazione di petrolio, di cui 26 in produzione, e 1 Pozzo di Costa Molina 2 a Montemurro è destinato a re-iniezione fluidi (rifiuti di produzione petrolifera).

      Nel comune di Viggiano dove si trova il Centro Olio C.O.V.A. ricadono 20 Pozzi petroliferi.

      Tra gli inquinanti emessi dall’impianto C.O.V.A. ci sono NOx, SO2, CO e particolato, l’idrogeno solforato (H2S), i Composti Organici Volatili (V.O.C.).

      Durante il processo di idrodesolforizzazione nel Centro C.O.V.A. una parte di idrogeno solforato (H2S) viene dispersa nell’aria da un inceneritore a fiammella, che emettecirca altri 70 inquinanti. Le altezze dei pennacchi con cui le sostanze chimiche escono dai camini variano da 12 a 33 m, la temperatura da 395 a 1’083 °C, la velocità di uscita da 3,1 a 21,4 m/s.

      In Italia i limiti di emissione di H2S sono 5’000 volte superiori a quelli degli Stati Uniti:

      Organizzazione Mondiale della Sanità: 0,005 ppm di H2S

      USA: Il Governo Federale consiglia 0,001 ppm (ciascuno stato decide autonomamente)

      Massachussetts: 0,0006 ppm

      Oklahoma: 0,2 ppm

      California: 0,03 ppm

      Canada, Alberta:  0,02 ppm

      California: 0,03 ppm

      Canada, Alberta:  0,02 ppm

      ITALIA:  Industria non petrolifera – 5 ppm, Industria petrolifera – 30 ppm

      Il monitoraggio di questa sostanza in Val d’Agri avviene solo 2-3 volte l’anno.

      Oltre ai danni causati direttamente all’uomo, l’H2S ha effetti nocivi su fauna e flora tramite l’effetto di bio-accumulo.

      In 16 anni, dal 2001 al 2017, C.O.V.A. ha contaminato 26’000 m2 del suolo, pari al 15 % dell’area di 180’000 m2 che occupa, ha smaltito irregolarmente oltre 854’000 t di sostanze pericolose.

      In 7 anni, dal 2012 al 2019, nel Centro sono stati più di 100 incidenti, che sono stati sminuiti o taciuti da ENI.

      Il paradosso è che C.O.V.A. si trova in un’area naturalistica di pregio, una delle più importanti d’Europa.

      Le  aree naturali protette della Basilicata occupano circa il 30 % della superficie, con 120 aree protette organizzate in un sistema dei 3 Parchi Nazionali, 3 Parchi Regionali, 14 Riserve Naturali statali e regionali, 5 Oasi WWF, 82 SIC, ZSC e ZPS (Rete Natura 2000), 2 Zone Umide Ramsar, 9 aree IBA.

      Il Parco Nazionale del Pollino è il parco più grande d’Italia e considerato Patrimonio UNESCO.

      La storia dell’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri-Lagonegrese è stata fortemente influenzata dall’attività estrattiva.

      Qualcuno ha definito il Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese il Parco della Val d’AGIP, per sottolineare la rapacità delle compagnie petrolifere che pretendono di effettuare attività estrattive dentro un Parco Nazionale.

      L’istituzione del Parco della Val d’Agri prevista nel 1991, è stata conclusa solo 16 anni dopo, l’8 dicembre 2007, a causa delle forti pressioni di alcune multinazionali petrolifere.   

      Si è passati da una prima proposta di perimetrazione pari ad un’estensione di circa 160’000 ettari all’attuale area frastagliata di 70’000 effettivi.

      56 % in meno, rispetto alla prima versione di perimetrazione.

      Tuttavia, nel 2017 ENI presenta la richiesta di nuova perforazione, nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Alta Val D’Agri-Lagonegrese, che risultava inammissibile nel rispetto della funzione di protezione del capitale naturale del Parco.

      Nei limiti della concessione Val d’Agri ricadono aree comprese nel Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese, nel Parco Regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.

      Il territorio della concessione Val d’Agri è caratterizzato dalla presenza di 11 siti di Rete Natura 2000 (SIC/ZSC/ZPS).

      Non esiste alcuna normativa italiana che definisce una distanza minima per l’esercizio di attività di estrazione petrolifera dai siti ZPS/SIC/ZSC/Parchi.

      Secondo i dati di Alberto Diantini dell’Università di Padova, il 60 % dei 40 Pozzi sono situate alla distanza di 0,88 km – 1,11 km da ZPS e dal Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.

      Ad oggi 14 di 40 Pozzi si trovano all’interno del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.

      Emerge che il 47,5 % dei 40 Pozzi sono situati alla distanza da 0,66 km a 1,19 km dai bacini idrici, il 30 % dei 40 Pozzi – a 0,58 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 12,5 % dei Pozzi – fra 1,25 km e i 1,84 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 10 % – tra 1,97 km e 2,47 km da fiumi, laghi o Sorgenti.

      Secondo i dati di Alberto Diantini, la media distanza dei Pozzi petroliferi dalle aree SIC/ZSC è di 2,32 km, da ZPS1,93 km, dal Parco1,97 km, dai fiumi/laghi/Sorgenti0,98 km !

      Data la grande importanza dell’invaso del Pertusillo dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico a scopo potabile, esiste il rischio serio sia per il mantenimento dei delicati equilibri ecologici dell’area sia per la salute umana.

      La Prof.ssa Geologo Albina Colella ha trovato nelle Sorgenti LaRossa 2 e LaRossa 3 situati a poco più di 2 km dal Pozzo di re-iniezione petrolifera Costa Molina 2, valori di alluminio 1’700 volte in più e gli idrocarburi totali 10 volte in più, rispetto ai valori normali nelle Sorgenti.

      Secondo la Prof.ssa Colella, “una potenziale fonte di contaminazione di queste acque potrebbe essere rappresentata da perdite di acque di scarto petrolifero dal Pozzo di re-iniezione Costa Molina 2, dovute a cedimenti della integrità strutturale del Pozzo e diffusione di tali acque nel sottosuolo e contaminazione delle acque sotterranee”.

      A circa 1,8 km dal Centro Olio di Viggiano si trova il Lago artificiale Pertusillo che fornisce l’acqua potabile alla Puglia e alla Basilicata. Ogni giorno 2’658’861 persone delle province di Bari, Taranto e Lecce bevono l’acqua proveniente dal Lago Pertusillo. Con la stessa acqua vengono irrigati 35’000 ettari di campi della Basilicata.

      Il Lago rientra nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.

      I Pozzi di petrolio sono a meno di 1 km dal Lago e pescano a 4-5 km sotto la superficie.

      Nei pesci del Lago Pertusillo sono stati rinvenuti idrocarburi, PCB, metalli pesanti, microcistine. Nell’acqua e nei sedimenti del Lago sono stati rinvenuti idrocarburi, metalli pesanti, naftalene, diossine, PFOS.

      L’ARPAB ha censito la presenza di 21 metalli pesanti nelle acque del Lago, 5 dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione.

      Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.

      Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.

      Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara, in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato:

            manganese 40 volte oltre il limite di legge;

            boro  – 1,6 volte oltre il limite;

            ferro 2,6 volte oltre il limite;

            nitriti – 6,25 volte oltre il limite;

            fluoruri – 2,8 volte oltre il limite;

            alifatici clorurati – 2,1 volte oltre il limite;

            cloroformio 146 volte oltre il limite;

            bromodicrolometano 7,5 volte oltre il limite;

            benzo(a)pirene – 2,5 volte oltre il limite.

      Gli effetti sulla salute, determinati dalle estrazioni petrolifere, sono ben noti essendo stati ampiamente studiati in varie località del mondo. Tali studi hanno dimostrato che le popolazioni residenti nel raggio di 500 m – 1 km dai Pozzi petroliferi hanno una incidenza maggiore sia di tumori, anche infantili, che di patologie croniche e malformazioni congenite.

      Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paese africano rimane uno dei più poveri.

      Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.

      Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      Dalle analisi di mortalità è stato osservato un eccesso per le malattie del sistema circolatorio nelle donne +63 %, per uomini+donne  +41 % nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

      La mortalità a Viggiano e Grumento Nova, rispetto a quella di 20 comuni della concessione Val d’Agri, ha evidenziato eccessi a Viggiano e a Grumento Nova  per tutte le cause + 19 % tra le donne e + 15 % per entrambi, invece per le malattie del sistema circolatorio + 32 % di cui + 45 % per malattie ischemiche del cuore tra le donne.

      Tra il 2011 e il 2014 il tasso di mortalità in un piccolo villaggio Corleto Perticara, che ha meno di 3’000 abitanti e che si trova a 4 km in linea d’aria dal Centro di Tempa Rossa e a 20 km da quello di Viggiano, era il 73 % più alto del tasso regionale e il 69 % più alto del provinciale.

      Tra il 2011 e il 2014 nella provincia di Potenza il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno nei maschi tra 0 a 14 anni è cresciuto del 48 %, il tasso di dimissioni per chemioterapia era più alto rispetto al nazionale del 37 % per le bambine e del 59 % per i bambini.

      Nel 2017 circa 200 residenti dei comuni di Viggiano e Grumento Nova in Val d’Agri sono stati interrogati, riguardo la loro percezione dell’impatto del C.O.V.A. sulla salute umana.

      Risultava che tra le persone intervistate:

         95,9 %  ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per l’ambiente;

         98,6 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per la salute;

         86,1 % ritenevano che tutte le persone sono potenzialmente esposte ai potenziali rischi del C.O.V.A.;

         66,3 % ritenevano grave la situazione ambientale del comune di residenza;

         67,1 % ritenevano che è molto probabile avere allergie;

         72,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie respiratorie acute;

         57,1 %  ritenevano che è molto probabile avere malattie cardiovascolari;

         49,1 %  ritenevano che è molto probabile avere infertilità;

         74,4 % ritenevano che è molto probabile avere varie forme di cancro;

         69,5 %  ritenevano che è molto probabile avere leucemia;

         61,0 %  ritenevano che è molto probabile avere malformazioni congenite.

      61,6 % delle persone non si ritenevano sufficientemente informate sulla presenza dei pericoli nell’area in cui vivono.

      Nel 2020 la Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata (FARBAS) nei limiti dello Studio EPIBAS, ha interrogato circa 600 persone, residenti nelle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifera in Basilicata.

      Le persone intervistate hanno mostrato una percezione molto alta di pericolo alla salute, una insoddisfazione sull’informazione ricevuta e una bassa fiducia nell’affidabilità di media, associazioni, pubblica amministrazione in relazione alle informazioni sui pericoli ambientali.

      Lo Studio ha scoperto che:

      73,8 % delle persone intervistate che vivono vicino al centro C.O.V.A. e nella zona di trivellazione Tempa Rossa, ritenevano che l’estrazione petrolifera rappresenta un pericolo;

      solo il 26 % ritenevano affidabili le informazioni fornite da Regione Basilicata (Dipartimento di Salute, Dipartimento di Ambiente);  

      solo il 37 % ritenevano affidabili informazioni, fornite da aziende sanitarie locali;  

      solo il 24,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ARPA;

      solo il 25 % ritenevano affidabili informazioni fornite da comuni;

      solo 22,6 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ISPRA e ISS;

      solo il 17,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite dall’Europa;

      solo il 19,8 % ritenevano affidabili informazioni fornite dal Governo;

      solo il 25,7 % ritenevano affidabili informazioni fornite da mezzi di comunicazione (TV/Radio/giornali).  

      Mentre ENI e TOTAL facevano finta di essere preoccupate per il fabbisogno energetico dell’Italia, per le ricadute sull’economia e l’occupazione, perché pagavano solo il 7 % di royalties (il 4 % se il petrolio è estratto in mare), per poter avere il permesso dal Governo di spremere la terra altrui e saccheggiare le risorse, quando in Venezuela le royalties al Governo sono l’85 %, in Norvegia80 %, in Bolivia ed Ecuador – oltre il 50 %, l’aria, il suolo, l’acqua, l’agricoltura, il turismo e la salute del popolo della Val d’Agri hanno avuto le ricadute drammatiche.

      L’estrazione petrolifera è una grave ipoteca sul futuro delle terre.

      L’unico futuro ecologico possibile per la Basilicata è il futuro delle energie rinnovabili.

      Le energie fossili e le trivellazioni sono il passato.

      “Affare” PETROLIO è come una punta dell’Iceberg la cui enorme ENTITÀ NERA distrugge ecosistemi naturali, comporta perdita di biodiversità e rischio di nuove malattie infettive, inquina l’area, il suolo, le acque superficiali e le sotterranee, di cui fanno parte le Sorgenti, Torrenti, Fiumi, Laghi, danneggia la catena alimentare, fauna, flora e la salute umana.

      La Regione Basilicata copre solo circa il 6-8 % del fabbisogno nazionale di petrolio (2 settimane di consumo nazionale) e circa l’1,4 % del fabbisogno nazionale di gas (4 giorni di riscaldamento delle case degli italiani in inverno).

      Il resto l’Italia lo deve comprare.

      Oggi in Italia l’ACQUA, l’ORO BLUE, è davvero più preziosa del PETROLIO ?

      Oggi in Italia i PARCHI, l’ORO VERDE, sono davvero più preziosi del PETROLIO ?

      Solo la stupidità umana e l’avidità delle pochissime multinazionali può ipotecare l’ORO BLUE e l’ORO VERDE dell’intera Regione Basilicata.

      Per solo 2 settimane di consumo nazionale…

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      01.08.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it

      tatianamikhaevitch@gmail.com


    16. La Riserva Naturale Regionale Sentina

      Il Pettirosso svedese, Sentina

      Contenuto:

      1. La Riserva Naturale Regionale Sentina

      2. SIC, ZPS, Zona Umida, IBA e Birdwatching in Sentina

      3.Impatto delle trivelle sulle Riserve Naturali

      SUMMARY

      La Riserva Sentina è una piccola “isola verde”, di soli 180 ha, circondata dal territorio antropizzato, un verde “fazzoletto di terra”, la più piccola nonché una tra le più importanti aree protette della Regione Marche. Si trova al confine tra Regione Marche e Regione Abruzzo all’interno del comune di San Benedetto del Tronto, tra l’abitato di Porto d’Ascoli e la foce del  fiume Tronto.

      Tutti i suoi ecosistemi costituiscono habitat fondamentali per la fauna e la flora e nicchie ecologiche di elevatissimo valore ambientale e paesaggistico.

      Il suo paesaggio di acqua e sabbia, la sua Zona Umida, i suoi prati, boschi e laghetti custodiscono oltre 400 specie vegetali, 20 specie di Mammiferi, 8 specie di Rettili, 4 specie di Anfibi, 40 specie degli Invertebrati, 4 specie di Pesci d’acqua dolce.

      La Sentina è indispensabile per l’avifauna che utilizza la rotta migratoria Adriatica: la grande maggioranza delle circa 180 specie di uccelli censite risulta essere migratrice. L’avifauna migratoria trova nella Riserva un rifugio prezioso, l’unica possibilità di sosta costiera tra le Zone Umide del Delta del fiume Po e della penisola Garganica. Le Zone Umide costiere e le paludi costiere, insieme con i sistemi costieri e le barriere coralline, risultino gli ecosistemi più importanti per l’uomo. La Riserva Sentina e la Zona Umida indispensabili per la sosta dell’avifauna migratoria.

      Il 40 % delle 470 specie di uccelli presenti in Italia è legato a stagni e paludi che ricoprono appena l’1 % del territorio nazionale. L’Italia è presente nella Convenzione Ramsar con 53 Zone Umide che dal 1938 al 1984 si sono ridotte del 66 %.

      La Sentina è inserita nel Progetto  NATURA 2000 come ZPS (Zona di Protezione Speciale), SIC (Sito di Interesse Comunitario), rientra nel programma IBA (Important Birds Area)di Bird Life International.

      Nella Riserva Sentina nel periodo 1996 – 2011 sono state rilevate 172 specie di uccelli.

      Nei periodi migratori nella Sentina si incontrano Gru cenerino, Oca lombardella, Volpoca, Rondine riparia, Moretta tabaccata, Sgarza ciuffetto, Garzetta, Falco di palude, Alzavola comune, Mignattino, Marangone minore, Mignattaio, Combattente, Cavaliere d’Italia etc. 

      Uno dei più importanti uccelli stanziali presenti tutto l’anno è il Martin pescatore, poi – il Beccaccino, il Fratino, la Pavoncella

      I problemi della Sentina sono molteplici.

      Arretramento della duna, quindi mancanza di superficie per la flora e la fauna. L’indice di arretramento è di 2 m l’anno.

      Pesticidi. Metalli pesanti.

      Le trivelle.

      Nel Mare Adriatico nella zona delle trivellazioni sono presenti almeno 7  Riserve Naturali e 10 zone ZPS, SIC e IBA, tra loro anche la Riserva Naturale Sentina.

      Legambiente svela che vicino alle piattaforme di idrocarburi nel Mare Adriatico si ritrovano abitualmente sostanze chimiche pericolose, come idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, che hanno un forte impatto sull’ambiente e sulla fauna e flora. In termini alimentari, usare i mitili coltivati nella vicinanza di una piattaforma petrolifera equivarrebbe a cucinare un sauté di idrocarburi cancerogeni e metalli pesanti tossici.

      Per perforare i fondali, per estrare idrocarburi, vengono utilizzate diverse tecniche airgundi cui i rumori spesso superano 260 dB.

      La tecnica airgun, definita la “dinamite del nuovo millennio”, “l’ultima diavoleria dei petrolieri per spremere la terra”, ha effetti micidiali su tutta la fauna marina.

      L’airgun avrebbe effetti deleteri sul zooplancton, una componente essenziale di ogni ecosistema marino la cui biomassa è alla base delle reti alimentari marine. Perturbazioni con l’airgun possono causare danni a livello ecosistemico.

      Legambiente da anni combatte per lo Stop alle trivellazioni in mare per fermare il business del petrolio.

      Nella bozza di decreto Milleproroghe c’era un articolo che prevedeva il blocco dei permessi di prospezione e ricerca di idrocarburi. Ma è scomparso. Al contrario in Parlamento è stato già approvato un emendamento alla legge di bilancio per un piano di aiuti economici a favore delle compagnie che gestiscono il settore della raffinazione in Italia.

      L’associazione No Triv evidenzia che gli aiuti di Stato a favore del settore petrolifero ammonterebbero a 200 milioni di euro l’anno a partire dal 2021, ad un settore rappresentato nei principali siti di crisi ambientale in Italia (SIN di Taranto, Gela, Milazzo, Porto Torres, Falconara Marittima, etc.) in cui si registra un tasso di mortalità superiore del 4-5 % rispetto alla media nazionale.

      Se la Moratoria sulla trivellazione non venisse prorogata, da agosto 2021 potrebbero essere forse 90 i permessi di trivellazione, sia in mare che sulla terraferma. Le regioni più a rischio quelle che si affacciano sul Mare Adriatico, Mar Ionio e la Sicilia.  

      Nella lunga lotta per gli ECOREATI il Senato aveva inserito nel CODICE PENALE una ipotesi di delitto direttamente collegata alle trivellazioni petrolifere in fondali marini, che vietava l’airgun. Ma la furiosa reazione del Governo e di Confindustria faceva sì che, dopo pochi giorni, la Camera eliminasse il divieto, e il Senato, grazie al mutamento di rotta dei senatori di maggioranza (PD), ha dato via libera all’airgun.

      Ecco quale è l’articolo da inserire nel Codice Penale: “Chiunque, per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi, utilizza la tecnica dell’airgun o altre tecniche esplosive è punito con la reclusione da 1 a 3 anni”.   

      Invece di valorizzare ciò che abbiamo, montagne, colline, mari, Riserve Naturali, Parchi, andiamo a trivellare selvaggiamente le bellezze naturali nella ricerca del petrolio e del gas, di cui tutte le riserve nei mari italiani coprirebbero il fabbisogno nazionale solo per 7 settimane, secondo i dati MISE, danneggiando ed inquinando inestimabilmente il Patrimonio dell’Italia: la biologia e la fisiologia degli organismi marini e depauperando la biodiversità e la biomassa della fauna e della flora dei Mari.

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      20.01.2021

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    17. La Riserva Val di Mello

      Lago alpino, Riserva naturale Val di Mello (SO), Italia

      Contenuto:

      1.Il Gigiat, il Guardiano delle Alpi. Viaggio di Alice nella Valle incantata

      2.La Val Màsino e le sue valli laterali. Orografia -Sentiero Roma

      3.La Val di Mello“piccola Yosemite”.

      4.Bouldering e sassismo nella Val di Mello.

      5.Impatto dell’attività antropogenica sulla Val di Mello. Progetto di costruzione della centrale idroelettrica.

      6.ZPS IT 2040601 “Bagni di Masino – Pizzo Badile – Val di Mello – Val Torrone – Piano di Preda Rossa”. Geologia – Ghiacciai – Acqua – Flora – Fauna – Ittiofauna – Avifauna

      SUMMARY

      Una leggenda narra che la Val Masino, la Val di Mello e tutte le Alpi vengono custodite da un gigantesco animale dalle sembianze umane – un incrocio fra un Caprone ed uno Stambecco – il Gigiat.

      La Val di Mello è stata riconosciuta in tutto il mondo per le sue straordinarie qualità paesaggistiche. 400’000 persone ogni anno si fermano in Val di Mello, persone che la amano e che da questa incantata Valle traggono il senso di bellezza.

      Il meraviglioso Giardino delle Alpi, chiamato anche “Perla delle Alpi Retiche”, la Valle incantata per i suoi torrenti e i suoi corsi d’acqua color smeraldo, per la sua ricca biodiversità, si trova a soli 120 km da Milano.

      Il Pizzo Badile, il Pizzo Cengalo, i Monti Pioda e Disgrazia adornano l’arena della Val di Mello, che su una piana di circa 1’000 m raccoglie numerose valli secondarie che scendendo dall’alta quota di 3-3’500 m, portano con se veloci e rumorosi torrenti, creando infine il torrente Mello.

      Nel 1937 la parete nord-est del Pizzo Badile scalò Riccardo Cassin.

      Molto prima, nel 1862 Monte Disgrazia vinse E. S. Kennedy

      Walter Bonatti, scalatore lombardo che ha scalato sia nelle Alpi che fuori Europa, una volta ebbe modo di osservare: “Nelle grandi occasioni si puntava verso la Val Masino: era l’università, lì ci si laureava alpinisti”.

      L’aspetto più caratteristico di tutta la Valle di Mello e delle sue valli laterali era l’enorme estensione di pareti rocciose lisce. Così nel 1973 grazie a queste alte placche di granito, che garantivano una fantastica aderenza alle rocce, inizia l’esplorazione dell’arrampicata nella Val di Mello.

      Nel 2004 grazie alla presenza di blocchi massicci di granito qua è nato il movimento dell’arrampicata Melloblocco, meglio noto come bouldering o sassismo.

      Sono stati gli scalatori a spendersi in prima fila perché il loro “terreno di gioco” venisse preservato.

      Si sono accorti che la fragile natura della Val di Mello era esposta a troppi attacchi per potersi difendere da sola: il rischio sovraffollamento, il desiderio di arrivare con le auto fin dove si può, un malinteso desiderio di sicurezza che porta alla costruzione di opere di protezione più invasive, la necessità atavica di sfruttare le risorse naturali del luogo.

      I peggiori danni però li poteva fare proprio questa necessità atavica di sfruttare le risorse naturali della Val di Mello.

      Nel 1948 l’ENEL progetta la costruzione di una diga nella Val di Preda Rossa. La diga dovrebbe essere rifornita d’acqua con un canale di gronda che collega tutti i torrenti della Val di Mello. Contro questo piano si schiera il Professor Saraceno, a quel tempo fu il Vice Presidente di ENEL, che spesso passava le vacanze in Val Masino:”queste povere popolazioni hanno solo roccia, prati ed acqua; sarebbe un delitto umano e ambientale prosciugare tutte le cascate della Valle”.

      La Val di Mello si è salvata negli anni 60 dalle captazioni dell’ENEL, dalle speculazioni edilizie, dalle cave, dalle strade, dalle cementificazioni…

      In seguito fin dal 1995 la Società Elettrica Radici, poi GeoGreen Spa, presenta alla Regione Lombardia il progetto di una centrale idroelettrica incassata nella roccia che prevedeva opere di captazione dell’acqua in più punti da tutti i torrenti della Val di Mello.

      All’inizio degli anni 2000 gli interessi di dare un servizio “più pratico”, rispetto alle sole bellezze della Valle, quali le torrenti, le cascate che scivolano a valle, i prati verdi, i boschi con mirtilli, more e lamponi, si sono di nuovo scontrati fortemente con i cittadini che hanno voluto che la Valle rimanesse selvatica.

      I cittadini civili ritenevano un’assurdità paesaggistica ed ambientale l’aggressione all’ambiente della Val di Mello con l’ipotesi di captazione idroelettrica dei torrenti. Ritenevano che questo fosse un progetto folle dal punto di vista ambientale, paesaggistico, turistico e storico. Chiedevano che la Val di Mello restasse integra perché costituisce un ambiente assolutamente unico ed irripetibile nelle Alpi italiane, per lasciare alle future generazioni l’ultimo meraviglioso giardino delle Alpi.  

      Contro il progetto di captazione delle acque, folle esempio di masochistica idiozia italiana, nel 2004 sono state raccolte 6’000 firme solo in una settimana, trovando l’appoggio di TUTTE le forze politiche, i più importanti quotidiani nazionali hanno scritto su questo tema, è stato trovato il sostegno dei più noti alpinisti del mondo, di gran parte degli amministratori locali…  

      Nel 2006 però il Tribunale Superiore delle Acque ha dato il via libera alla GeoGreen S.p.A per proseguire con il suo progetto di captazione di TUTTI i torrenti della Val di Mello e con la costruzione di 2 grandi centrali idroelettriche.

      E’ stato creato il Comitato di Difesa della Val di Mello per combattere perché questa Piccola Valle rimanga un luogo incantato per tutti e per le prossime generazioni. Salvare la Val di Mello è stata una questione di “buon senso”, un dovere di ogni cittadino, riteneva il Comitato di Difesa della Val di Mello.  

      Infine il progetto di captazione dell’acqua dai torrenti è stato bocciato dalla Regione Lombardia a causa delle carenze di tipo geologico, in primo luogo, oltre al fatto che la Val Di Mello ha un’elevata vocazione naturalistica.

      Proprio nel 2006 la Val di Mello è diventata parte della Zona di Protezione Speciale (ZPS) targata NATURA 2000.

      La Riserva Naturale Val di Mello è stata fortemente voluta dalla comunità degli “arrampicatori” che per più di 30 anni hanno vigilato perché la stupenda Valle mantenesse inalterato il suo grande fascino:

      30 anni di battaglie per impedire l’apertura di nuove cave, di strade carrozzabili, di folli captazioni che avrebbero incubato le sue bellissime acque azzurre.
      30 anni per convincere le amministrazioni del valore ambientale, turistico e monumentale di questa piccola area di montagna.
      30 anni di auto-disciplina perché le pareti non fossero trasformate in un parco gioco.

      30 anni di battaglie finché il 20.11.2006 la Delibera della Giunta Regionale ha istituito la Zona di Protezione Speciale, la ZPS IT 2040601 “Bagni di Masino – Pizzo Badile – Val di Mello – Val Torrone – Piano di Preda Rossa” che comprende 3 valli principali: la Valle dei Bagni, la Val di Mello e la Valle di Preda Rossa.

      In Lombardia sono istituiti i 242 Siti NATURA 2000. Solo nella provincia di Sondrio sono state istituite 41 SIC (Sito di Importanza Comunitaria) e 11 ZPS per un totale di 3’212 km.

      La Riserva Naturale “Val di Mello” è stata istituita con Deliberazione del Consiglio Regionale della Lombardia il 27 gennaio 2009, creando così l’area protetta più vasta della  Lombardia.

      Il territorio di ZPS ha un’estensione di 9’643 ha in quota da 940 a 3’620 m s.l.m. Il sito risulta pregiato grazie alla presenza di rocce granitiche, acque superficiali di buona qualità e di alta percentuale di biodiversità. Il suo scopo è la tutela delle caratteristiche naturali e paesaggistiche, la protezione e la conservazione integrale della natura, della flora e della fauna.

      Sul territorio della ZPS sono presenti c.a. 40 ghiacciai, che corrispondono alle principali cime. Tra quelli più grandi si evidenziano il Ghiacciaio di Preda Rossa, il Ghiacciaio del Disgrazia, il Ghiacciaio del Forno.

      Sul territorio ZPS sono state riconosciute 647 specie vegetali. Entrando in Val di Mello si incontrano i boschi di faggio, abete bianco, abete rosso, pino silvestre, l’ontano verde, l’ontano bianco, pino mugo, betulla, sorbo.

      Tra gli Ungulati il Camoscio è la specie più numerosa, presente anche Stambecco, assieme al Capriolo e al Cervo che all’estate può arrivare oltre 2’000 m. Si incontrano la Marmotta e la Lepre bianca, la Martora, la Faina, il Moscardino, l’Ermellino, lo Scoiattolo. Nella ZPS abitano 3 specie di Carnivori: Volpe, Donnola e Tasso.

      Nella Riserva abita l’Orso.

      L’Atlante dei Mammiferi della Lombardia riporta la presenza certa di 7 specie di Insettivori. Sono inoltre citate 7 specie di Roditori, 14 specie di Chirotteri, come pipistrelli, 3 specie di Sauri e 6 di Serpenti.

      Nei torrenti Masino e Mello l’ittiofauna è costituita dalla Trota fario, Trota marmorata e la Trota iridea.

      Tra gli uccelli migratori abituali nel sito ZPS sono presenti 49 specie. Tra 10 specie nidificanti e sedentarie sono presenti Galliformi (4 specie), gli Strigiformi (3 specie), i Falconiformi (1 specie), i Caradriformi (1 specie) e i Piciformi (1 specie).

      Tra gli uccelli più spettacolari sono presenti il Francolino di monte, la Coturnice, la Pernice bianca, il Gallo forcello (Fagiano di monte) fino a 2’000 m, con diverse “arene di canto”, dove i maschi effettuano parate e combattimenti durante il periodo degli amori tra aprile e maggio.

      Tra i Rapaci sono presentil’Acquila reale, la Poiana, il Falco, il Pecchiaiolo, l’Astore, lo Sparviere, il Gheppio, il Gipeto (avvoltoio reintrodotto di recente sulle Alpi). Tra i Rapaci notturni nelle valli abitano la Civetta capogrosso, la Civetta nana, il Piviere tortolino (caradriforme).

      Il delicato ecosistema della Val di Mello, di enorme valore ecologico e paesaggistico, è arricchito dalla secolare presenza dell’uomo che ha saputo viverla in perfetto equilibrio con la natura. Da decenni la Val di Mello è Patrimonio non solo per chi ci abita, per chi si arrampica, per tutti i cittadini della Lombardia, che qui trovano un polmone verde unico per la sua spettacolare bellezza ed è giusto che la Riserva diventi PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO.

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      07.11.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    18. S.I.N. “BUSSI sul fiume TIRINO”

      Fiume Tirino, Abruzzo

      Contenuto:

      1.Inquinamento delle acque da sostanze chimiche

      2.Fiumi Tirino e Pescara

      3.Polo Chimico a Bussi sul Tirino e a Piano d’Orta Bolognano – 100 anni di inquinamento

      4.S.I.N. Bussi sul Tirino e inquinamento

      5.Salute e inquinamento

      6.Battaglia legale e problemi di bonifica del S.I.N. Bussi sul Tirino

      SUMMARY

      Il fiume Tirino significa triplice sorgente. E’ uno degli affluenti del fiume Pescara che sfocia nel mare Adriatico. Il fiume Tirino è attraversato dal piccolo paese Bussi sul Tirino efa parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

      In queste terre si trova la Riserva Naturale “Sorgenti del fiume Pescara” ricompresa nel SIC “IT7110097 Fiumi Giardino – Sagittario – Aterno – Sorgenti del Pescara” che anche l’Oasi della WWF. Sul fiume Pescara è stato istituito il SIC “IT7130105 Rupe di Turrivalignani e Fiume Pescara”.

      Tale territorio rappresenta la zona sorgentifera più importante della Regione di Abruzzo e di Europa.

      Bussi è stato da sempre considerato un sito comodo grazie all’acqua.

      Nel 1901 nel piccolo paeseBussi sul Tirino fu impiantata la fabbrica “Officine di Bussi sul Tirino”

      Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica produceva iprite, arsine, fosgen, difosgen e lewisite.

      Finite le guerre, la fabbrica ha convertito la chimica militare in chimica civile, producendo coloranti, concimi sintetici, carburanti.

      Dalla fabbrica uscivano cisterne di cloro, cloroetani, ipoclorito, cloruro ammonico, piombo tetraetile, trielina, carburo di calcio, dicloroetano, acido monocloroacetico.

      Il Polo Chimico a Piano d’Orta Bolognano, vicino al fiume Orta, affluente del fiume Pescara, a 2 km dalla prima fabbrica, fu impiantato nel 1901 per produrre acido solforico. Negli anni successivi alle guerre la fabbrica si specializza nella produzione di concimi chimici e di fungicidi.

      Fino a tutti gli anni60 il sito industriale chimico di Bussi ha sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino.

      I primi allarmi riguardo l’inquinamento del fiume Tirino arrivano negli anni 70: mercurio nei pesci, nel grano, nella vite, nell’olivo, piombo nel grano, nei semi, nell’olivo…

      Negli anni 70 l’inquinamento  sembra l’effetto collaterale  del lavoro: una distorsione necessaria che si deve accettare in quanto, il bene lavoro prevaleva su tutto”. 

      Il paese Bussi si è sacrificato all’altare del lavoro ricevendo in cambio un inquinamento senza pari.

      Un uomo solo si oppose all’inquinamento negli anni 70 – l’assessore all’Igiene e alla Sanità del comune di Pescara Giovanni Contratti. Fu un Don Chisciotte  in lotta contro i mulini a vento al Polo Chimico di Bussi con il mercurio. 48 anni fa pretese la bonifica.

      Dopo Contratti, si registra un vuoto di 35 anni fino a quando nel 2007 il Corpo Forestale  scopre la discarica con i rifiuti tossici. La discarica Tre Monti è stata definita la più grande discarica abusiva d’Europa. Costruita a 20 m dalla sponda del fiume Pescara, ad una profondità di circa 5-6 m la discarica conteneva circa 250’000 t di sostanze altamente inquinanti.

      Intorno alla discarica Tre Monti il phytoscreening dei tronchi di Populus sp. ha mostrato il superamento di alcune sostanze chimiche fino a 5’000 volte il limite ISS.

      Solo il cloroformio era fino a 3 milioni di volte più del consentito.

      Dante Caserta, Presidente del WWF Abruzzo, raccontò cosa avevano dichiarato i  tecnici dopo il sopralluogo nella discarica Tre Monti: “Siamo attoniti di fronte alle …. lastre di metri di spessore ed estese per decine di m2 di cristalli di sostanze tossiche; materiali di ogni colore immaginabile; tecnici che si sono sentiti male nonostante maschere e tute di protezione”.

      Più tardi vengono scoperte altre due discariche: “2A” e “2B”.

      Nella discarica della fabbrica di Piano d’Orta Bolognano sono stati interrati intorno a 30’000 m3 di rifiuti pericolosi alla profondità di 10 m.

      Il Sito d’Interesse Nazionale “Bussi sul Tirino” (S.I.N.) viene istituito il 24.07.2008. Il S.I.N. è ubicato sul territorio della Regione Abruzzo, nelle Province di Pescara e Chieti e comprende 11 comuni.

      Da bonificare sono 234 ettari.

      Sono 20 campi di calcio inquinati.

      Gli autori del 5o rapporto SENTIERI pubblicato nel 2019 scrivono che in “tutti i siti con eccessi di nefropatie (fra i quali Bussi sul Tirino, Crotone, Milazzo, Sulcis, Orbetello, Terni e Porto Torres) a fronte della presenza di contaminanti prioritari nefrotossici, andrebbero effettuate analisi sulla distribuzione delle nefropatie …, secondo la metodologia applicata nel contesto di Taranto.

      Uno studio nel 2018 su campioni di urina della popolazione residente a Bussi da almeno 10 anni haconfermato la presenza delle sostanze inquinanti nelle zone delle discariche.

      Per più di 100 anni Montedison e funzionari pubblici non si sono limitati a inquinare la Val Pescara. Hanno falsificato le analisi, occultato documenti, eluso i controlli. Hanno causato “un disastro ambientale di immani proporzioni”, scriveva  il sostituto Procuratore della Repubblica Aldo Aceto. I reati contestati: avvelenamento delle acque, disastro doloso, commercio di sostanze contraffatte o adulterate, delitti dolosi contro la salute pubblica, turbata libertà degli incanti e truffa.

      Il 6 aprile 2020 un’interminabile battaglia legale durata 13 anni, nota come Processo di Bussi” è arrivata alla conclusione definitiva, con emanazione della Sentenza del Consiglio di Stato che ha definitivamente deciso che la bonifica deve essere eseguita da chi ha inquinato, la Edison. La Edison che prevede però solo il capping, intombamento, per ridurre costi, e che non ha mai voluto parlare di bonifica…

      Resta incompiuta la bonifica del territorio e l’applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi.

      Resta ancora da applicare il sacrosanto principio della società civile di proteggere, di non inquinare le zone sorgentizie e le zone acquifere più importanti dell’Abruzzo e d’Europa.  

      La “pistola fumante”, l’inquinamento che dura da più di 100 anni, continua ad inquinare.

      Il Patrimonio Idrico, le zone sorgentizie, le falde acquifere devono essere difese.

      L’acqua deve essere tutelata dalle industrie senza scrupoli.

      22.08.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com

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    19. S.I.R. “Fiumi Saline e Alento”

      Sorgente “Cascata del Vitello d’Oro”, Gran Sasso, Abruzzo

      S.I.R. “Fiumi Saline e Alento”

      Contenuto:

      1. Fiumi Saline e Alento
      2. Sito di bonifiche di Interesse Nazionale S.I.N.“Fiumi Saline-Alento”
      3. Qualità ecologica dei fiumi della Regione Abruzzo
      4. Inquinamento dei fiumi Saline e Alento

         SUMMARY

      Secondo il WWF, Marelibero e Abruzzo Social Forum i fiumi Saline e Alento, che scorrono nella Regione Abruzzo e confluiscono nel Mare Adriatico, sono in una crisi ambientale quasi senza ritorno.

      Alla foce del fiume Saline tempo fa si fermavano uccelli migratori e stanziali. Nel 2002 la foce è diventata l’Oasi della WWF, tutelando circa 40 ettari lungo il fiume Saline. Oggi l’Oasi è stata abbandonata a causa del degrado sociale dell’area.

      Il Ministero dell’Ambiente con Decreto Ministeriale del 3 marzo 2003 ha perimetrato il Sito di Bonifiche Nazionale, S.I.N. “Fiumi Saline e Alento”, a causa di inquinamento dei tratti terminali e di numerosi scarichi abusivi. L’area si estende per 1’132 ettari su 8 comuni. Il 19.05.2014  il S.I.N. è stato declassato in Sito di Interesse Regionale “Fiumi Salente e Alento” (S.I.R.).

      Se una volta alla foce del fiume Saline  c’era l’Oasi WWF, adesso ad un passo dal fiume sorge la discarica di Villa Carmine, diventata uno sversatoio di rifiuti. Siringhe, cumuli di rifiuti, abbandono, degrado della foce del Saline. Una discarica a cielo aperto, presa di mira da tossicodipendenti, da ditte che lungo il fiume scaricano illegalmente  rifiuti. Un’autentica bomba ecologica, con rifiuti sotterrati e gettati lungo le sponde del fiume.

      Nel perimetro del S.I.R. del fiume Saline l’attività antropica si caratterizza di 111 aziende, invece nel perimetro del S.I.R. del fiume Alento sono attive 27 società.

      Nei fiumi Saline e Alente sono stati trovati nei terreni, nelle acque superficiali e sotterranee, nei sedimenti fluviali e marini PCB e diossine, metalli pesanti,  idrocarburi e solventi, solfati, IPA, sostanze azotate, fitofarmaci, ftalati. Tanti inquinanti si caratterizzano di bioaccumulo negli organismi e di biomagnificazione lungo la catena alimentare.

      I fiumi Saline e Alento stanno subendo un effetto domino a causa dell’inquinamento dovuto alle eccessive attività antropiche, allo scarico illegale dei liquami nei fiumi, all’interramento mostruoso dei rifiuti pericolosi sulle rive, – tutto ciò ha portato agli squilibri ecosistemici, al danneggiamento degli habitat di moltissime specie, all’abbandono dell’Oasi  WWF “Foce del Saline” e, alla fine, al degrado degli ecosistemi dei fiumi.

      A fine 2019 S.I.R. “Fiumi Saline e Alento” e la discarica di Villa Carmine continuano ad essere una terra di nessuno, in permanente stato di abbandono. Una bonifica attesa da oltre 25 anni.

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      19.06.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    20. S.I.R. “Basso Bacino del Fiume Chienti”

      Contenuto:

      1. La regione Marche e le sue ricchezze naturali

      2. Valle del fiume Chienti

      3.S.I.R. “Basso Bacino del fiume Chienti”

      4. Le cause dell’inquinamento del fiume Chienti

      SUMMARY

      La regione Marche è famosa per la grande varietà naturale del paesaggio. Il suo patrimonio naturalistico è imponente: 2 parchi nazionali, 4 parchi regionali, 6 riserve. Sono gioielli naturali dove crescono moltissime specie di vegetazione e abita numerosa fauna.

      La regione Marche è ricca d’acqua: conta 16 laghi e circa 50 fiumi, tra principali e tributari. La regione conta 33 bacini idrografici, tra cui il fiume Chienti è tra i maggiori. Malgrado la bellezza paesaggistica della Valle Chienti,  il fiume Chienti è uno dei più inquinati della regione, tanto che nel 2001 il suo bacino è stato incluso nella lista dei Siti di Importanza Nazionale per la bonifica, S.I.N. “Basso Bacino del fiume Chienti”, declassato poi nel 2013 in S.I.R., di Importanza Regionale. Nella zona abitano 208’909 persone.

      Il fiume Chienti nasce dalla catena degli Appennini presso il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Si estende su una superficie di 1’298 km2 per una lunghezza di circa 91 km. Il fiume sfocia nel Mare Adriatico tra i comuni di Civitanova Marche e Porto Sant’Elpidio.

      L’intero bacino del fiume Chienti è sfruttato intensivamente per la produzione di energia elettrica che alimenta 7 centrali idroelettriche.  

      L’inquinamento del Basso Bacino del fiume Chienti è stato scoperto nel 1992 per un totale di 26 km2 e interessa 5 comuni.

      Dal 2002 in 4 anni il numero di siti inquinati nella regione Marche è aumentato di 5,4 volte: 2002 – 78, 2004 – 136, 2006 – 422 siti.

      Principali responsabili del diffuso inquinamento dell’area della bassa valle del fiume Chienti sono le numerose aziende del settore calzaturiero che hanno utilizzato composti organo-alogenati sversati poi sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque di falda.

      Durante i monitoraggi eseguiti dall’ARPAM, il fiume Chienti era stato suddiviso nei tratti: Alto, Medio e Basso Chienti. Il Basso Chienti presentava i valori maggiori in tutte e tre le fonti di pressione (civile, industriale e zootecnica).

      Nel 94 % dei casi l’inquinamento del basso tratto del bacino idrografico Chienti è causato dall’uso agricolo e zootecnico delle zone vicine al  fiume Fiastra, nello 0,04 % – dal fiume Chienti (nitrati, nitriti, pesticidi), dagli scarichi civili di alcuni comuni. Solo una piccola percentuale dell’inquinamento  è dovuta all’uso industriale che rilascia però nel fiume una quantità di sostanze pericolose, come idrocarburi alifatici clorurati, metalli pesanti (zinco, nichel, rame, ferro, manganese), PCB, IPA, DDT, DDD, DDE,  sufficiente per causare moltissime malattie e patologie della popolazione.

      Dopo quasi 30 anni di inquinamento  aumentano le morti e le malattie.

      Nel 2011 lo Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento dell’Istituto Superiore di Sanità  “SENTIERI” evidenzia nelle Marche, in particolare, a Falconara Marittima, Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle e S. Elpidio a Mare, nel Basso Bacino del fiume Chienti, un ruolo causale di metalli pesanti (piombo, mercurio), IPA e di solventi organo-alogenati nell’incremento delle patologie dell’apparato genito-urinario negli uomini, di malattie del sistema circolatorio nelle donne, delle insufficienze renali, delle malattie neurologiche, eccesso della mortalità perinatale nei bambini minori di un anno.

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      23.04.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    21. L’inquinamento del fiume Sarno

      Una delle sorgenti del fiume Sarno  Castellammare di Stabia, foce del fiume Sarno

      Contenuto:

      1. S.I.R. “Bacino idrografico del fiume Sarno”
      2. LE CAUSE DELL’INQUINAMENTO DEL FIUME SARNO
      3. STUDI SULL’INQUINAMENTO DEL FIUME SARNO
      4. PROBLEMATICHE SANITARIE ED EPIDEMIOLOGICHE
      5. Nel fiume dei rifiuti non abiteranno mai trote e anguille

      SUMMARY

      Il fiume Sarno è un torrente lungo 24 km, che attraversa 3 province della Campania, Salerno (54 %), Napoli (29 %)e Avellino (17 %), 39 comuni, dove abitano tra 750’000 e 1 milione di abitanti. Il reticolo idrografico del fiume Sarno è arricchito da un gran numero di affluenti secondari, per uno sviluppo lineare complessivo di circa 1’630 km. Il fiume Sarno sfocia nel Golfo di Napoli.

      La conferenza sui fiumi meno salubri del pianeta, tenutasi a settembre del 2018 a New York, ha inserito il fiume Sarnotra i 20 più inquinati al mondo”. Qui scorre di tutto, secondo i dati CNR: acqua, cromo, cadmio, piombo, rame, nichel, vanadio, arsenico, zinco, manganese, ferro, tetracloroetilene, policlorobifenili, idrocarburi, pesticidi e perfino cocaina

      L’inquinamento del fiume mina la salute dei cittadini, inficiando negativamente sull’economia agricola del luogo.

      Dal 1915 ad oggi il fiume ha conosciuto il suo periodo più nero.

      La bonifica del fiume Sarno è partita nel 1973.

      Nel maggio del 1976 entrò in vigore la legge Merli contro l’inquinamento delle acque.

      Dal 1988 il bacino del fiume Sarno era stato dichiarato “area ad alto rischio della crisi ambientale” da parte del Ministero dell’Ambiente.

      Nel 1995 viene dichiarato lo stato di “Emergenza socio-economica-ambientale” del fiume Sarno.

      Il Sito di Interesse Nazionale Bacino Idrografico del Fiume Sarno è stato inserito tra i Siti da bonificare d’Interesse Nazionale con Legge del 23 dicembre 2005 n. 266.  A seguito della declassificazione l’11 Gennaio 2013 le competenze del SIN Bacino Idrografico del Fiume Sarno sono state trasferite alla Regione Campania.

      Nel 2018 un Rapporto del Senato dei Deputati ha confermato che la situazione del bacino idrografico del fiume Sarno rappresenta ancora una grave e seria criticità ambientale della regione Campania. Dalla prima bonifica del corso d’acqua programmata nel 1973 sono trascorsi 45 anni ma non è cambiato nulla. Ancora oggi le acque reflui non depurate di oltre un milione di abitanti gravano sul fiume Sarno.

      Il degrado del fiume Sarno è l’esempio più evidente della scarsa applicazione in Italia delle norme riguardanti la tutela ambientale, la difesa delle acque dall’inquinamento. Il fiume Sarno è da tutti considerato un comodo sversatoio di rifiuti, sia dalle fabbriche che dagli agricoltori e, fatto più grave, dai privati cittadini.

      Secondo il rapporto della Commissione Parlamentare del 12 aprile 2006,  lo stato di gravissimo degrado del bacino del fiume Sarno è dovuto alla combinazione di tre principali tipi di inquinamento:

      industriale derivato dall’assenza di idonei impianti di depurazione per il trattamento degli scarichi non trattati degli stabilimenti conciari, conservieri, cartari, tessili, tipografici;

      agricolo, derivato dall’uso indiscriminato di fertilizzanti chimici, fitofarmaci, diserbanti;

      urbano, dovuto all’assenza di rete fognarie, ai pozzi neri disperdenti e allo sversamento di reflui non depurati nelle acque del Sarno.

      Una volta nel fiume abitavano i pesci il muggine, la trota e l’anguilla.

      Secondo il Rapporto della Commissione Parlamentare del 2006, sarebbero oltre 200 le industrie conciarie concentrate nel territorio solofrano. L’ inquinamento degli scarichi conciari è dovuto essenzialmente a elevato carico organico, solfuri, solfati, cloruri, tensioattivi, sali ammoniacali, sali di cromo o altri minerali, fenoli, solidi sospesi, etc.

      Le imprese conserviere sono invece circa 90. Sono concentrate nell’Agro Nocerino-Sarnese. Il fiume negli anni si è poi guadagnato il soprannome di “Rio Pomodoro”.

      L’ARPAC (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania) ha mostrano che su tutto il tragitto del fiume Sarno per il periodo 2003-2004 gli scarichi civili sono più alti di 3 volte di quelli industriali.

      La storia del bacino del fiume Sarno è la catastrofe silenziosa che va avanti da oltre 40 anni alimentata dall’omertà di politici, amministratori, magistrati che sapevano e per interessi, distrazione, inerzia hanno scelto di tacere.

      Ancora nel 1997 un Rapporto OMS segnalava nella zona del fiume Sarno un indice di mortalità per cancro e leucemia superiore del 17 % rispetto ad altre zone del mondo.

      I dati di alcuni studi concentrati sulla provincia di Salerno, nella zona di “Pentagono della morte, Scafati – Angri – Nocera Inferiore/Nocera Superiore – Siano – Sarno, confermanola prevalenza di malformazioni in siti altamente inquinati.  Nella zona del fiume Sarno l’incidenza delle malattie cerebro-vascolari è cresciuta del 20 %. L’incidenza del linfoma non Hodgkin è cresciuta del 53 %, che si può attribuire all’uso di pesticidi. L’incidenza di patologie come il morbo di Parkinson, l’Alzheimer e l’autismo si registra omogeneamente lungo tutta la tratta inquinata del fiume Sarno. 

      Nella foce del fiume Sarno la costa è severamente degradata, dove l’acqua, secondo la legge, non è più balneabile. Nel 2003 il fiume Sarno riversava nel Golfo di Napoli 54’000 litri/minuto di veleni e 300’000 colibatteri per decilitro (30 volte superiore dello standard legale!). A causa di alta carica batterica queste acque possono diffondere tifo, salmonellosi ed epatite virale.

      È desolante pensare che le stesse acque che in passato hanno svolto una funzione primaria come sorgente di acqua potabile, indispensabile non soltanto per l’uomo ma anche per gli animali, l’irrigazione dei campi e per la fauna dello stesso fiume, siano oggi una fogna naturale che rende impossibile la vita ai cittadini. 

      Fino agli anni ‘60 nelle acque del fiume Sarno abitavano trote e anguille…

      Oggi, a causa degli sversamenti delle fogne, delle concerie e industrie conserviere presenti lungo il corso del fiume e dei suoi affluenti, non esiste più alcuna forma di vita nel Sarno e l’acqua non può essere utilizzata perché pericolosa per la salute.

      Finora il problema dell’inquinamento del fiume Sarno rimane irrisolto.

      E’ un vero dramma dei cittadini che devono preoccuparsi di ciò che mangiano, bevono, respirano, perché non si può vivere dove si è costretti a scegliere tra la salute e un posto di lavoro.

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      22.02.2020

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    22. «Антарктида. 200 лет мира»

      Продюсерский центр «Азбуки» представляет документальный фильм

      «Антарктида. 200 лет мира»

      www.youtube.com/watch?v=TrWaigK19z4

      ПРИМЕЧАНИЕ: приношу извинения в связи с тем, что с 24.02.2022 г. ВИДЕО более не доступно для свободного просмотра.

      Автор сценария и режиссер Алена Смирнова, режиссер и оператор съемок в Антарктиде – Максим Арбугаев. Фильм снят при технической поддержке компании CANON.

      В фильме участвуют:

      Валерий Лукин, начальник Российской Антарктической экпедиции  с 1991 по 2017 г.г.

      Сергей Лавров, Министр Иностранных Дел Российской Федерации

      Клод Лоциус, климатолог

      Юрий Гигиняк, биолог на русской станции «Прогресс», кандидат биологических наук Академии Наук Беларуси, г.Минск

      Максимо Гоуланд, директор Департамента по вопросам Антарктики, МИД Аргентины

      Музей Арктики и Антарктики Санкт Петербурга

      Лисоломзи Фикизоло, директор Департамента Океанов и побережий Министерства Окружающей Среды, лесного и рыбного хозяйства ЮАР

      Дэвид Эгнью, исполнительный секретарь Комиссии по сохранению морских животных ресурсов Антарктики, Англия

      Артур Чилигринов, специальный представитедь Президента РФ по международному сотрудничеству в Арктике и Антарктике

      Альберт Жуберас, исполнительный секретарь Секретариата Договора об Антарктике, Уругвай

      Виталий Братков, доктор географических наук

      Антарктида была открыта в январе  1820 года русской экспедицией под руководством  Фаддея Беллинсгаузена и Михаила Лазарева.

      В январе 2020 года отмечается 200 летие открытия континента.

      В соответствии с Конвенцией об Антарктике, подписанной 01 декабря 1959 года, Антарктида не принадлежит ни одному государству.

      Статья 7 Конвенции об Антарктике гласит: «Любая деятельность в отношении минеральных ресурсов на территории Антарктики запрещена, кроме научной»

      Антарктика важна для всего мира.

      22.02.2020 г.


    23. S.I.N. “Bacino del Fiume Sacco e Valle del Sacco”

      S.I.N. “Bacino del Fiume Sacco e Valle del Sacco”, Italia

      Contenuto:

      1. Il Danno Ambientale in Italia

      2. Valle e il fiume Sacco

      3. Polo Industriale e l’inquinamento della Valle del Sacco

      4. Industria BPD, Bombrini Parodi Delfino

      5.COLLEFERRO, Polo Industriale

      6. Studi sull’inquinamento della Valle del Sacco

      7. SIN “Bacino del Fiume Sacco a Valle del Sacco”

      8. Salute degli abitanti e l’inquinamento della Valle del Sacco

      SUMMARY

      Nel 2017 per la prima volta la Sesta Conferenza Ministeriale Ambiente e Salute dei 53 Paesi Europei, svoltasi a Ostrava, Repubblica Ceca, ha incluso il tema dei siti contaminati fra le priorità di sanità pubblica. E’ stata stimata la presenza di circa 342’000 siti contaminati in Europa, dei quali solo il 15 % sottoposto a interventi di risanamento ambientale.

      Nel 2019 per la prima volta in Italia ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)ha presentato un resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche aperte nel biennio 2017-2018 su incarico del Ministero dell’Ambiente. “Si definisce danno ambientale un deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo, ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee”, – definisce ISPRA.

      Dal rapporto dell’ISPRA risulta che nel 28 % dei casi giudiziari il danno ambientale è stato fatto dagli impianti industriali, nel 30 % dei casi dagli impianti di gestione rifiuti e nel 10 % dei casi dalle discariche abusive. Tra le sostanze inquinanti il 19 % comprendevano i composti volatili e il 27 %metalli. Nel 23 % dei casi è stato danneggiato il terreno e le acque sotterranee, rispettivamente, e nel 21 % dei casi – le acque interne.

      Di allarme idrico si parla da diversi anni. Lo studio dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente per il triennio 2003/2005 ha riscontrato nelle acque di fiumi e laghi italiani 112 pesticidi e altri 48 nelle acque di falda. Alcuni fiumi hanno una lunga storia di inquinamento, come i fiumi italiani Sacco, Aniene, Pescara, Lambro, Oliva, Salina, Sarno… Alcuni fiumi hanno un inquinamento accumulato per oltre 100 anni.

      Questa è la storia della Valle del Sacco, del fiume Sacco e del suo disastro ambientale.

      Il fiume Sacco, lungo circa 80 km, scorre nella regione Lazio. La Valle del Sacco, storicamente nota come Valle Latina, occupa c.a. 7’000 ha tra Roma e Frosinone. È il territorio comunemente denominato Ciociaria.

      Il fiume Sacco risulta contaminato per tutta la lunghezza del suo corso. 

      L’inquinamento del fiume Sacco riguarda mezza regione Lazio.

      L’ecosistema del fiume Sacco viene distrutto dal primo centro abitato che incontra, Colleferro, dal 1912 Polo Industriale.

      Nel 1912 a Colleferro è stata fondata l’industria bellica, la BPD (Bombrini Parodi Delfino), che nel dopo guerraestese la sua produzione nelle divisioni della chimica, ferroviario, tessile. Al 30 ottobre 1976 le unità industriali a Colleferro ammontavano a 138 fabbriche.

      Negli anni 1976-1978 uno studio eseguito da CNR di Roma, analizzando i settori di produzione, bellico, chimico e ferroviario degli stabilimenti BPD, ha rilevato, tra le altre criticità, sversamenti esterni di liquami e rifiuti industriali nei bacini idrici del fiume Sacco e in discariche abusive.

      Dagli anni ‘60 agli anni ‘90 fu vivo il contrasto tra coltivatori e allevatori della Valle del Sacco ele industrie che contaminavano l’ambiente danneggiando l’attività agricola, in quanto si servirono sia per il prelievo dell’acqua che per lo scarico dei rifiuti delle stesse risorse idriche, del fiume Sacco.

      In quegli anni i principali settori del Polo Industriale di Colleferro, bellico, chimico e ferroviario, hanno comportato ripercussioni devastanti sull’intera Valle del Sacco, provocando danni indelebili al settore agricolo e contaminazioni nella catena alimentare e negli esseri umani.

      Il problema dell’inquinamento  della Valle del Sacco viene intuito solo nel 1978. La cultura del rispetto dell’ambiente in Italia è appena nata. Ma non era ancora forte per poter far sentire la voce dell’Ecologia  contro grandi  gruppi industriali  che assicuravano centinaia posti di lavoro.

      Nel 2005è stato istituito il Sito di Interesse Nazionale di Bonifica, Bacino del Fiume Sacco a Valle del Sacco”, che attualmentecoinvolge 19 comuni e 79 aree industriali lungo i 80 km del fiume Sacco, da Colleferro fino alla confluenza con il fiume Liri, dove abitano 207’000 residenti.

      Gli studi eseguiti negli ultimi decenni sull’inquinamento della Valle hanno rilevato tra le 80 sostanze riconducibili alle attività antropiche che hanno interessato il Colleferro e la Valle del fiume Sacco esaclorocicloesano, DDD, DDT, DDE, diossina, PCB, solventi, cromo VI, toluene, cianuro, tensioattivi, tricloroetilene, perclorato di ammonio, nitroguanidina, butadiene etc.

      Si scopre che per la maggior parte l’inquinamento della Valle del fiume Sacco era dovuto alla sostanza beta-esaclorocicloesano (β-HCH), un residuo della produzione del lindano, un insetticida usato in agricoltura fino al 2001, anno in cui è stato messo al bando in Italia e in altri 50 paesi firmatari della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.

      Il β-HCH non è biodegradabile, a pH8 e basse temperature l’emivita viene stimata in circa 40 anni. Si accumula nei terreni, nei sedimenti, nell’acqua. Gli scarichi industriali hanno contaminato i fossi, il fiume, le falde superficiali, i pozzi degli abitanti. Attraverso l’acqua il β-HCH era entrato nella frutta, negli ortaggi, nel fieno, nel sangue degli esseri umani.

      Alcuni studi ritengono che l’inquinamento ambientale della Valle del fiume Sacco potrebbe superare quello contestato intorno all’ILVA di Taranto.  

      Secondo lo Studio SENTIERI del 2019 nella Valle del Sacco esiste un eccesso di patologie dell’apparato cardiovascolare, un eccesso di mortalità per tumori del sistema linfoematopoietico, al sistema nervoso centrale, si aggiungono poi le malattie respiratorie. Il rapporto indica che “… la contaminazione umana è persistente”.

      L’associazione Re.Tu.Va.Sa., fondata per la Tutela della Valle del Sacco, sottolinea: “Molti credono ancor oggi che lo sviluppo di Colleferro debba essere molto grato alla produzione bellica… Non pochi, per fortuna, ribattono che non è mai giustificabile scambiare il posto di lavoro con il sangue di altri popoli, tacendo tra l’altro dei problemi ambientali apportati dall’industria bellica al nostro territorio… E’ essenziale continuare a far crescere una memoria storica robusta, critica e consapevole… Intendiamo mantenere viva l’attenzione su queste tematiche e sollecitare nuovi filoni di ricerca, proponendo a studiosi e attivisti di sviscerare i risvolti storici, occupazionali e sociali delle aziende che hanno lasciato segni dolorosi e negativi nel nostro passato e che continuano a rischiare di inquinare eticamente e ambientalmente il nostro futuro”.

      Leggere tutto l’articolo:

      5.12.2019

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    24. S.I.N. Laghi di Mantova e Polo Petrolchimico

      Gruccione – Merops apiaster

      SUMMARY

      Contenuto:

      1. Inquinata eredità dell’Industria Petrolchimica

      2. Mantova, Patrimonio UNESCO e Parco Naturale del fiume Mincio

      3. SIN Laghi di Mantova e Polo Petrolchimico 

      4. Inquinamento dei Laghi e del Fiume Mincio dal Polo Petrolchimico

      5. Impatto dell’inquinamento sulla salute della popolazione

      6. Impatto ambientale del Polo Chimico di Mantova

      Nel 2010 Paolo Rabbiti, ingegnere e consulente tecnico di magistrati e pubbliche amministrazioni in un articolo parlava dei pesanti danni ambientali provocati dai Poli Petrolchimici. Dal suo punto di vista, i Petrolchimici sono tutti uguali. Rabitti si è interessato dei Petrolchimici di Marghera, Mantova, Brindisi, Porto Torres e Assemini, dell’ACNA di Cesano Maderno, della Solvay di Ferrara, della Syndial di Pieve Vergonte e della Caffaro di Brescia, evidenziando come le stesse aziende trovano un’area vicino alla fornitura dell’acqua, e fanno avviare la produzione dei prodotti petrolchimici. Per un certo periodo l’impianto chimico produce la ricchezza e l’occupazione. Ma poi lasciano in eredità un pesante inquinamento ambientale e le malattie tra gli operai e la popolazione.

      Nel 2018 l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato l’ultimo aggiornamento allo Studio SENTIERI secondo il qualenelle aree ad alto inquinamento intorno a 45 Siti di Interesse Nazionale da Bonificare (SIN) esiste un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5 %.

      Quasi tutti i siti inquinati sono ancora in attesa di una bonifica ambientale.

      Secondo l’epidemiologo Pietro Comba, responsabile scientifico dello Studio SENTIERI, quasi sempre nei casi delle malattie intorno ai siti inquinati, esiste una connessione forte alle cause ambientali.

      A destare molta preoccupazione sono i dati sulla salute dei più giovani. Nella fascia di età tra 0 e 24 anni, infatti, la diffusionedei tumori è maggiore del 9 % nei SIN rispetto alle aree non a rischio. L’incidenza è più alta del 66 % per le leucemie mieloidi acute, del 62 % per i sarcomi dei tessuti molli e del 50 % per i linfomi non Hodgkin. Dallo Studio SENTIERI risulta che 10 SIN su 15 analizzati nel periodo 2002-2014/2015 avevano malformazioni alla nascita.

      Mantova, la raffinata città, dal 1300 al 1600 governata da Gonzaga, si adagia sulle rive del fiume Mincio, e si affaccia sul Parco Naturale del Fiume Mincio,  l’area protetta della Lombardia, estesa dal lago di Garda alla confluenza nel fiume Po. Il Parco ospita la Riserva Naturale Castellaro Lagusello, la Riserva Naturale Bosco Fontana, la Riserva Naturale Vallazza (Rete Natura 2000, ZPS e SIC) e la Riserva Naturale Valli del Mincio (Rete Natura 2000, Zona Ramsar, ZPS e SIC). Il notevole valore naturalistico della Riserva è comprovato dalla presenza di 279  specie vegetali, 290 specie di invertebrati, 174 specie di uccelli tra stanziali, migratrici e svernanti, di cui 113 specie hanno nidificato nel Parco.

      Sfruttando l’ideale collocazione costituita dalle anse del fiume Mincio, sulla riva destra del fiume negli anni ’40 è stato costruito un complesso industriale il più grande d’Italia: il Polo Petrolchimico che occupa la superficiedi 3,5 km2. Il Polo Petrolchimico includeva: raffinerie, le ditte che producevano stirolo, fenolo, acetone, idrogenati, cloro, soda, alchifenoli, componenti per industria chimica, le ditte che vendevano i gas tecnici, il carburante, qua si collocavano discariche, inceneritori, centrali termoelettriche etc.

      Nel 2002 il Polo Chimico è stato inserito nel Programma Nazionale di Bonifica come il SIN di Mantova, completamente incluso nel Parco Regionale del Fiume Mincio.

      “… risale al 1973 una prima indagine sui sedimenti dei laghi e di alcuni tratti del fiume Mincio, …, …. vengono trovate elevate concentrazioni di mercurio”, – ha scritto ISPRA in uno dei suoi rapporti nel 2009. Solo quasi 30 anni dopo dai primi studi sull’inquinamento, è stato istituito il sito SIN di bonifica del Polo Chimico.

      Le indagini eseguite da ARPA Mantova, ARPA Lombardia, dall’ISPRA, dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, hanno confermato

      – elevata contaminazione da idrocarburi leggeri e pesanti, composti organici aromatici (BTEX), metalli (mercurio), PCB e diossine/furani nel Sottosuolo;

      – elevata contaminazione da idrocarburi totali, composti organici aromatici (BTEX), stirene e cumene, MTBE ed ETBE, composti organo-alogenati e metalli nella Falda acquifera;

      elevata contaminazione da idrocarburi pesanti, metalli (mercurio) e diossine nei Sedimenti presenti sul fondo dei canali, del fiume Mincio, delle aree umide.

      In base alle ricerche guidate da Paolo Ricci, Direttore dell’Istituto Epidemiologico di Mantova, è stato scoperto che “le concentrazioni di diossine nel sangue della popolazione mantovana aumentano progressivamente a mano a mano che ci si avvicina alla fonte inquinante, il Petrolchimico”.

      L’ARPA e la Commissione Parlamentare nei loro rapporti giungono alla conclusione che la concentrazione elevata dei prodotti chimici costituisce una sorgente primaria che genera in falda un pennacchio di contaminazione diretto verso le aree umide e il fiume Mincio.

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      11.10.2019, Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    25. Società di consumi è sempre piu’ società di rifiuti

      Contenuto

      1. Overshoot Day

      2. Flussi delle materie e dei rifiuti

      3. Obsolescenza programmata

      4. Economia circolare

      5. Siti SIN e SIR da bonificare in Italia

      6. Studio SENTIERI ed effetti medici delle terre contaminate sulla salute

      7. Discariche. Terra di Campania. Brescia – “Terra dei Fuochi” del Nord

      SUMMARY

      Il 15.05.2019 è l’Overshoot Day in Italia. Questa data simbolica significa che per la metà di maggio abbiamo già sfruttato tutta la capacità che gli ecosistemi italiani hanno di rinnovarsi durante l’anno in corso e iniziamo adesso ad erodere il nostro capitale naturale e/o a consumare quello di altri stati: il sovranismo con la natura degli altri.

      In poco meno di 50 anni l’Overshoot Day in Europa è passato dal 29 dicembre nel 1970 al cadere il 1° agosto del 2018.

      Oggi sarebbero necessarie mediamente nel mondo 1,7 Terre per sostenere la domanda di risorse naturali (1,5 nel 2014!). Per Emirati Arabi sarebbero necessarie 12,3 Terre (dati del 2014), per la Corea del Sud – 8,5 Terre, per il Giappone – 7,8, l’Italia – 4,6 (4,4 nel 2014, 4 nel 2013), Svizzera – 4,5, UK – 4, Cina – 3,8, Spagna – 2,9, Germania – 2,8, India – 2,5, USA – 2,3, Francia – 1,7.

      I consumi delle materie e i flussi dei rifiuti cominciano da ogni singolo cittadino, quando noi compriamo e poi quando buttiamo qualcosa come rifiuto. Un cittadino africano consuma, in media, 10 kg al giorno di risorse, per un europeo le risorse arrivano a 45 kg e per un americano a 90 kg.  1 persona produce al giorno dei rifiuti: USA – 2,6 kg, Europa – 1,4 kg, Italia – 1,5 kg. 

      1 ettaro di terreno può produrre riso o patate per 19 – 22 persone all’anno. 1 ettaro di terreno produrrà agnello o manzo solo per 1-2 persone. Per il manzo si utilizza circa 50 volte più acqua che per le verdure. Ci vogliono 3 calorie per la produzione delle colture vegetali e 35 calorie per la produzione di carne bovina. 

      In Italia ogni anno vengono riciclati: 9’700 t di alluminio che equivale alla quantità necessaria per produrre 74’500 auto,  790’000 t di legno sufficienti per scaldare per 1 anno 183’720 case, 3’062’700 t di carta che equivale a 7’700’000 pini.

      Anche i prodotti riciclati producono i rifiuti: 1 kg di acciaio riciclato produce circa 0,30 kg di rifiuti, 1 kg di carta0,5 kg di pulper e fanghi.

      Un rapporto del 2009 evidenziava che in una tonnellata di telefonini non più utilizzati c’era 65 più volte oro che in 5 grammi che si estraggono da una tonnellata di minerale.

      Il problema dei rifiuti rappresenta oggi un problema gigante e, soprattutto, dei rifiuti basati sulla rinascita della materia, cioè, l’economia circolare.

      Nel 2012 l’Italia dei 560’433’000 t di materie utilizzate per la produzione dei prodotti, ha generato il 29 % di rifiuti, 162’764’632 t. Poco sappiamo del destino dei circa 130 milioni di tonnellate di materiali che fuoriescono da aziende e altri settori produttivi, così, più dell’80% dei rifiuti rimane nel cono d’ombra, secondo i dati dellaConferenza Nazionale sui Rifiuti del 2013.

      Un’enorme massa di materiali nella quale è “contenuta non solo una potenziale bomba ambientale ma anche una vera e propria miniera di materie riutilizzabili.

      “Ancora oggi, – osserva Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, – non è molto chiara la contabilità del ciclo, non è certo dove vanno a finire i rifiuti di alcune filiere e questo è un serio problema per il Paese”.

      Ci vogliono 244 kg di combustibili fossili, 21,8 kg di prodotti chimici e di 1,5 tonnellate di acqua per produrre un computer e il suo monitor, che dovrebbe durare almeno 20 anni.

      Succede l’opposto: a causa del fenomeno deleterio, l’obsolescenza programmata, i computers, come telefoni cellulari, iPod e così via producono una quantità dei rifiuti elettronici nel mondo, che continui a salire in modo esponenziale, ad oltre 50 milioni di tonnellate di e-waste, ogni anno.

      Obsolescenza programmata ed economia circolare: sono due modi opposti d’intendere il nostro modo di rapportarci alle merci e al loro consumo.

      Negli ultimi 10 anni i prezzi delle materie prime sono quasi triplicati. Questo è un forte segnale di esaurimento delle risorse.

      Il consumo lineare sta raggiungendo i suoi limiti, l’economia circolare potrebbe essere la fine dell’obsolescenza programmata e il passaggio al recupero, al riutilizzo e al riuso delle risorse.

      Le imprese industriali spesso sono responsabili dell’inquinamento delle terre dove operano. Le diossine, gli idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, solventi organo clorurati, policlorobifenili ed altri inquinanti si accumulano nei terreni, dove hanno svolto l’attività grossi stabilimenti chimici, petrolchimici, metallurgici, raffinerie, come CAFFARO, ACNA, ENI, API, Q8, ESSO, LUKOIL, ILVA, ex IMESA, MITENI, es SISAS, ex MONTEDISON, ETERNIT, ex Liquichimica, STOPPANI, FIBRONIT, SULCIS, ex ECOLIBRANA, ex SITOCO etc.

      In Italia ci sono circa 18.000 i siti contaminati, con soli in media 22,3% bonificati, come a dire che, in media, ognuno degli 8.092 comuni italiani ha, sul proprio territorio, almeno due siti da bonificare.

      Al 07.05.2019 in Italia ci sono 41 SIN, Siti di Interesse Nazionale, e 17 siti SIR, Siti di Interesse Regionale, da bonificare. L’inquinamento delle terre ha le conseguenze gravi sulla salute della popolazione di questi territori.

      L’uso eccessivo delle materie prime comporta sempre di più la produzione di rifiuti e loro smaltimento nelle discariche o l’incenerimento.

      L’emergenza rifiuti italiana è un’idra dalle molte teste.

      L’Italia ha un gran bisogno di politiche e impianti per il riuso e il riciclaggio.

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      31.05.2019, Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    26. Depositi nucleari in Spagna e Portogallo

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      Contenuto:

      1. 2 minuti a mezzanotte

      2. Centrali Nucleari in Spagna: NPP Almaraz 1 e 2, NPP Trillo-1, NPP Ascò 1 e 2, NPP Vandellos-2, NPP Cofrentes

      3. Progetti cancellati: NPP Lemonitz, NPP Valdecaballeros, NPP Aquilas in Murcia, NPP Trillo-2

      4. Centrali nucleari chiuse: NPP Josè Cabrera (Zorita), NPP Santa Maria de Garona, NPP Vandellos-1

      5. Gestione dei rifiuti e depositi geologici

      5.1. El Cabril, Andalusia, il deposito superficiale dei rifiuti nucleari

      5.2. Il deposito profondo geologico Centralized Temporary Storage (ATC) a Villar de Cañas, Cuenca

      6. Miniere di uranio in Spagna

      6.1. Fabbrica di combustibile a Juzbado in Salamanca

      6.2. Miniera di uranio Andujar in Andalusia

      6.3. Miniera di uranio Retortillo in Salamanca

      7. Miniere di uranio in Portogallo

      7.1. Miniera di Urgeiriça

      8. Effetti dei rilasci nucleari sulla salute e sull’ambiente

      8.1. Spagna

      8.2. Altri siti radioattivi in Spagna

      8.3. La contaminazione radioattiva nel villaggio Palomares

      8.4. Portogallo

      9. Lasciare alle spalle l’energia nucleare

      Il fiume Guadalquivir

      Scorre tra le ombre di aranci.

      I due fiumi di Granada

      Scorrono dai monti alle vallate.

      Nei riccioli di Guadalquivir

      Fiammeggiano fiori di melograno.

      Fluiscono due fiumi di Granada,

      Uno con sangue e l’altro con lacrime.

      Vanno le barche a vela sulle vie di Siviglia.

      Remano solo i sospiri sui fiumi di Granada.

      Guadalquivir… Сampanili e vento fra i limoni.

      Douro e Genil, chiesette sulle anse.

      Chi dirà che i fiumi portano

      I fuochi palustri del dolore?

      Portano fiumi arance e mirti

      Nel mare di Andalusia.

      Ah, amore, sei sfuggito come il vento!

      Nel 1922 il poeta spagnolo Federico Garcia Lorca ha scritto la sua allegorica poesia “Piccola ballata dei tre fiumi”. I tre fiumi della regione, Guadalquivir e i suoi piccoli tributari che fluiscono vicino Granada, il Douro e il Genil, percorrono da est a ovest l’Andalusia, e sembra che scorrono in ogni strofa. Quasi tutta la sua corta vita di 38 anni Lorca l’ha vissuta a Granada…. L’amore per la sua bellissima terra di melograni, aranceti, limoni che crescono lungo i 3 fiumi, Guadalquivir e suoi affluenti, l’amore per l’Andalusia, vibra in ogni strofa della ballata di Lorca.

      Poteva Lorca, fantastico, fantasioso, grandioso poeta spagnolo, sapere che nel 1935 nella sua amata Andalusia, vicino a Cordoba, in un posto che si chiama El Cabril, vicino ad un altro affluente del fiume Guadalquivir, il fiume Bembézar che attraversa il Parco Naturale Hornachuelos, un ingegnere minerario scoprirà l’uranio ? Ad El Cabril l’esercito spagnolo svolgeva ricerche sulle armi nucleari. Nel 1961 El Cabril diventó il “cimitero nucleare” della Spagna.

      Nel 2019 il Doomsday Clock, l’Orologio dell’Apocalisse, nato nel 1947 in piena Guerra fredda, come un avviso metaforico ai leader politici di tutto il mondo per scongiurare i pericoli di un’autodistruzione dell’umanità, ha compiuto 72 anni. Dal 1947 a mezzanotte mancavano 7, 3, poi 2 minuti nel 1953, poi 7, 17, 6, 5, 2,5 e poi ancora 2 minuti nel 2018. Il periodo migliore l’umanità l’ha vissuto negli anni 1991-1995, quando a mezzanotte mancavano 17 minuti, grazie agli accordi presi per la riduzione delle armi nucleari.

      Nel 2011 la Spagna ha generato il 19,5 % dell’energia dalle 5 centrali elettronucleari che hanno 7 reattori operativi: NPP (Nuclear Power Plant) Almaraz, NPP Trillo-1, NPP Ascò-1 e 2, NPP Vandellos-2, NPP Cofrentes. 3 centrali nucleari sono dismesse: NPP Josè Cabrera (Zorita), NPP Santa Maria de Garona e NPP Vandellos-1. Il funzionamento delle 5 centrali nucleari è stato cancellato: NPP Regodola, NPP Lemoniz, NPP Valdecaballeros, NPP Aquilas in Murcia e NPP Trillo-2. La nuclearizzazione della Spagna inizialmente prevedeva la costruzione di più di 40 centrali nucleari: a Coto Donana, Regodola, Santillan, Lemoniz, Sayago, Deva, Escatron, Ispaste, Tudela in Navarra, Aquilas, Valdecaballeros etc. Negli anni 80, in Spagna, si è formato un forte movimento contro la nuclearizzazione, che ha scosso la nazione arrivando alla moratoria nucleare nel 1983.

      Tutte le centrali nucleari spagnole sono costruite vicino ai grandi fiumi o mari, perché devono raffreddare le turbine dei reattori: il fiume Tago – NPP Almaraz, situata a soli 100 km dal Portogallo, NPP Trillo a 110 km da Madrid, NPP Josè Cabrera a 70 km da Madrid, il fiume Ebro – NPP Ascó a 60 km da Tarragona, NPP Trillo a 45 km da NPP Ascó, NPP Santa Maria de Garona. Nel bacino del fiume Ebro vivono 3 milioni di persone. Mare Mediterraneo – NPP Vandellos-2 a 40 km da Tarragona, NPP Aquilas in provincia di Murcia (progetto cancellato). Il fiume Jucar – NPP Cofrentes; Oceano Atlantico – NPP Lemoniz (progetto cancellato), il fiume Guadalupe – NPP Valdecaballeros (progetto cancellato).

      Il “cimitero nucleare” che confina con il Parco Naturale Hornachuelos e la città di Cordova di c.a. 330’000 abitanti è stato costruito vicino al fiume Guadalquivir, uno dei fiumi più lunghi e belli della Spagna che sfocia nell’Oceano Atlantico vicino alla zona umida del Parco Nazionale di Donana. Quasi il 95 % dei rifiuti nucleari stoccati al deposito superficiale di El Cabril proviene dalle 5 centrali nucleari spagnole. El Cabril dovrebbe essere riempito entro il 2030. Il problema del deposito geologico profondo per i rifiuti nucleari non è stato risolto da nessun paese nel mondo.

      La Spagna ha scelto Villar de Cañas, per il deposito sotteraneo, Centralized Temporary Storage (ATC), da costruire nel bacino del fiume Guadiana. Grandi rivolte contro questa decisione hanno scosso il paese. La popolazione portava con se i manifesti “NO al business nucleare!” Nel 2015 Villar de Cañas, è stata dichiarata facente parte della Riserva Naturale Laguna de El Hito protetta. Nel 2018 il progetto a Villar de Cañas, è stato sospeso.

      Secondo dati del Ministero di Transizione Ecologica del 2015, in Spagna ci sono 73 cave minerarie abbandonate con rifiuti pericolosi che hanno un grave impatto ambientale o possono diventare una seria minaccia per la salute umana o l’ambiente. In totale, in Spagna sono stoccate c.a. 88 milioni di t di fango radioattivo proveniente dalle miniere. La fabbrica di combustibile (Empresa Nacional del Uranio S.A.) che sorge vicino al comune Juzbado e al fiume Tormes, affluente del fiume Douro, nel 2017 ha fornito agli impianti spagnoli nucleari un totale di 150 tonnellate di uranio (TU). Il 57 % del TU è stato esportato per gli impianti in Francia, Belgio, Germania e Stati Uniti.

      Un’altra miniera di uranio, Andujar, che si trova sulle rive del fiume Guadalquivir in Andalusia, è stata smantellata nel 1995. Una notevole radioattività persiste intorno alla miniera chiusa. Non si sa quanto uranio si è infiltrato nel sottosuolo. C’è un altro gruppo di miniere di uranio, a Retortillo in Salamanca, a soli 40 km dalla frontiera con il Portogallo, che l’azienda australiana Berkeley vuole diventare la più grande miniera in Europa a cielo aperto, definita dal gruppo antinuclearista di Salamanca “STOP URANIUM” “un incubo ambientale”. L’ingegnere nucleare Bruno Chareyron, il direttore del laboratorio indipendente francese CRIIRAD, ha affermato che né i lavoratori né la popolazione locale sono ben consapevoli delle implicazioni dell’estrazione dell’uranio.

      La miniera di uranio a Retortillo interesserà 2 aree protette di Natura 2000, il Douro International Natural Park (Portogallo), Arribes del Duero Natural Park (Spagna) con il sito LIC (Zona di interesse comunitario), il sito ZEPA (Zona di Protezione Speciale degli Uccelli o SPA, Special Bird Protection Area), riserve della BIOSFERA, il fiume Yeltes, il fiume Huebra, il fiume Douro, che forniscono acqua a 2 milioni di portoghesi, metterà in pericolo l’economia locale, il turismo rurale e termale.

      Il Portogallo non possiede nessuna centrale nucleare. Ma in questo paese ci sono 66 miniere di uranio abbandonate. Le esplorazioni delle miniere di uranio in Portogallo si eseguono da almeno 100 anni. Dopo la chiusura delle miniere, rimane un problema ambientale, causato dalle acque radioattive. La miniera di Urgeiriça é una delle più grandi d’Europa. L’Empresa Nacional do Urânio (ENU, National Uranium Company), con sede a Urgeiriça, è stata responsabile dello sfruttamento di tutte le miniere di uranio in Portogallo dal 1977 al 2003. Gli studi hanno confermato la correlazione tra l’alta incidenza di cancro nella popolazione della zona e l’estrazione di uranio in Urgeiriça.

      L’estrazione e il trattamento dell’uranio nonchè il funzionamento delle centrali hanno quasi il 90 % dell’impatto radiologico sulle diverse fasi del ciclo nucleare: 47,6 % – estrazione e trattamento; 41,2 % – funzionamento delle centrali. Non esiste un bilancio rigoroso di tutti i rilasci radioattivi nell’aria, nell’acqua e nel suolo dell’intero ciclo nucleare. Da decenni viene contestata l’ingannevole filosofia dell’industria nucleare, le soglie “accettabili”, che si vorrebbero stabilire non solo per i radionuclidi, ma anche per contaminanti chimici o agenti cancerogeni. Diversi studi che coinvolgono sia persone umane che specie non umane dei diversi livelli trofici, hanno dimostrato l’esistenza di diversi effetti dell’attività svolte nelle centrali nucleari, nei depositi nucleari, nelle miniere uranifere sull’organizzazione biologica, sul livello molecolare, cellulare, sui tessuti, sul livello individuale, della popolazione e, in generale, sui servizi ecosistemici. I rilasci nucleari hanno fortissimi effetti sulla contaminazione del suolo, desertificazione, siccità, inquinamento radioattivo dei fiumi, delle acque superficiali e sotterranee, dell’aria, contaminazione genetica, perdita di biodiversità, insicurezza alimentare etc.

      L’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza ha pubblicato a gennaio 2019 i risultati del sondaggio, eseguito da Demos & Pi per Fondazione Unipolis. Tra i 1’603 intervistati tra il 2016 e il 2019, il 69 %, il 65 % e il 67 %, rispettivamente, credono che la protezione dell’ambiente dovrebbe avere priorità, anche a costo di frenare la crescita economica. Il 64 % degli intervistati sono preoccupati per l’inquinamento, il 60 % – per la distruzione dell’ambiente, il 44 % – per la sicurezza del cibo che mangiamo e solo dopo figurano la globalizzazione (36 %) e il terrorismo (34 %). I giovani (83 %) sono più sensibili alla protezione dell’ambiente, rispetto agli anziani. Il 77 % degli intervistati non sono informati sul Programma promosso dall’ONU “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile su scala globale da realizzare entro il 2030”. Comunicare questi Obiettivi tramite il vasto mondo di informazione è oggi una necessaria e urgentissima priorità.

      La dipendenza dall’energia nucleare ha prodotto i numerosi problemi per gli ecosistemi, per la salute dell’uomo e degli animali, per la catena alimentare, la questione di dove tenere i rifiuti radioattivi che rimarranno tali per millenni. Se in Germania nel 2018 il 40 % dell’energia consumata proveniva da fonti rinnovabili, in Spagna si prevede di raggiungere l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea del 20 % entro il 2020. Se la Germania può cambiare, in Spagna ci sono più ore di sole rispetto a qualsiasi altro Stato Europeo, tanto vento e l’energia delle maree.

      Nei riccioli di Guadalquivir fiammeggiano fiori di melograno.

      Fluiscono due fiumi di Granada, uno con sangue e l’altro con lacrime.

      Scorre il fiume Guadalquivir sulla terra dell’Andalusia

      06.03.2019, Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

      info@plumatella.it,tatianamikhaevitch@gmail.com


    27. Rifiuti nucleari nel Regno Unito

      Contenuto

      1. Centrali nucleari in funzione nel Regno Unito

      2.  Sellafield, impianto di riprocessamento del combustibile nucleare

      3.  Nuclear Fuels Springfields Ltd

      4.  Reattori chiusi

      5.  Piano per costruire 8 nuovi NPP. Energie alternative

      6.  Acqua – bene primario. Uso eccessivo nel settore nucleare.

           Pressione termica e chimica

      7.  Rischio di alluvioni, tempeste, inondazioni

      8.  Aumento delle temperature estive. Siccità

      9.  GDF, Geological Disposal Facility

      10. Centrali nucleari e leucemia infantile

      11. Sversamenti del fango radioattivo

      12. Il programma di monitoraggio della catena alimentare

      13. Influenza di basse dosi di radioattività sui parametri fisiologici degli animali

      14. Inventario dei rifiuti nucleari nel Regno Unito

       

      Nella storia del nucleare ci sono incidenti molto seri, come Kyshtym 1957(Unione Sovietica) di livello 6 della Scala INES(International Nuclear Events Scale), Windscale (1957 Cumbria) di livello 5 INES, Three Mile Island (USA 1979) di livello 5,Chernobyl (Ukraine 1986) di livello 7 e Fukushima (Japan 2011) di livello 7 INES.

      In un articolo pubblicato da The Ecologist il 12 aprile 2017 Dave Elliott, Professore emerito della politica di Tecnologia, sta ricordando il discorso del dicembre 1953 alle Nazioni Unite, quando il Presidente Dwight D. Eisenhower lanciò il programma “Atomi per la pace”, dicendo:

      “L’inventiva miracolosa dell’uomo non si dedicherà alla sua morte ma sarà consacrata alla sua vita” e che “il potere pacifico dell’energia atomica non è un sogno del futuro, ma questa capacità, già dimostrata, è qui – adesso – oggi”.

      Nel 1954 il Presidente della Commissione per l’Energia Nucleare degli Stati Uniti Lewis Strauss in un discorso ha nominato l’energia nucleare too cheap to meter”, affermando: “Non è troppo aspettarsi che i nostri figli godano nelle loro case di energia elettrica troppo economica per misurare”.

      Tuttavia, i consiglieri di Eisenhower gli dissero subito che non era fattibile.

      Un rapporto di Intelligence del Dipartimento di Stato interno, diffuso nel gennaio 1954, Economic Implications of Nuclear Power in Foreign Countries”, avvertiva che l’introduzione dell’energia nucleare non sarebbe “… un preannuncio di una nuova era di abbondanza e di rapido sviluppo economico, come si crede comunemente. Le centrali nucleari possono costare il doppio di più da funzionare e il 50 % in più da costruire, rispetto alle centrali termiche convenzionali”.

      Le energie rinnovabili sono sulla strada per raggiungere il 50 % della produzione di energia in molti paesi entro il 2030 e forse vicino al 100 % entro il 2050, dice The Ecologist. La risorsa è enorme e, a differenza dell’uranio o del torio, non si esaurirà mai, non lascerà a lungo termine rifiuti pericolosi.

      Sembra essere il miglior futuro dell’Inghilterra.

      In Inghilterra ci sono in funzione 7 centrali nucleari  con 15 reattori che producono quasi il 20 % dell’elettricità del paese.

      Prima del 1976 in Inghilterra si era pensato molto poco alla questione di come sarebbero stati affrontati i rifiuti nucleari prodotti dai programmi militari e di energia nucleare.

      Anche adesso nessuno ha idea di cosa fare con i rifiuti nucleari che emettono le centrali.

      Alcuni rifiuti di livello inferiore sono stati smaltiti in mare, ma la maggior parte dei rifiuti si stava semplicemente accumulando in vari siti nucleari in tutto il paese.

      I rifiuti nucleari sono attualmente conservati in circa 30 siti, ma prevalentemente a Sellafield in Cumbria.

      The Geological Disposal Facility(GDF) è considerato la migliore soluzione a lungo termine per immagazzinare i rifiuti generati in 50 anni da energia nucleare e difesa, che riempirebbero tre quarti dello stadio di Wembley.

      Il processo di consultazione per identificare un luogo adatto per un deposito geologico è tuttora in corso. Il deposito sarà, probabilmente, pronto non prima del 2040.

      Si prevede che il Regno Unito probabilmente produrrà 4,9 milioni tonnellatedi rifiuti nucleari entro il 2125.

      Secondo UK Radioactive Waste Inventory Report dell’01.04.2016, il volume dei rifiuti nucleari crescerà nel prossimo futuro di 33 volte.

      Non esiste alcuna garanzia che i rifiuti altamente radioattivi non entrano di nuovo nell’ambiente, contaminando le riserve idriche e la catena alimentare.

      Consentire la costruzione di nuovi reattori aggiungerebbe altri rifiuti radioattivi che rimarranno pericolosi fino a  1 milione di anni: un eredità dannosa per le future generazioni.

      Leggere tutto l’articolo: 02.10.2018_Rifiuti nucleari nel Regno Unito_61 pp

       

      02.10.2018

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

      Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

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    28. Inquinamento del suolo. Depositi di scorie radioattive. Francia.

      Contenuto

      1.  L’inquinamento del suolo

      2.  Siti contaminati in Europa

      3.  La situazione mondiale del nucleare all’1/1/2018

      4.  Francia. Il parco nucleare

      5.  La transizione energetica francese (TE) e il prolungamento di vita delle centrali

           nucleari

      6.  Consumo di acqua del parco nucleare

      7.  Pressione termica del parco nucleare sulle acque

      8.  Francia. Incidenti nelle centrali nucleari.

           Inquinamento del suolo e dei materiali da radionuclidi

      9.  La Hague, centro di ritrattamento del combustibile nucleare.

           Inquinamento del suolo da radionuclidi

      10. Tritio, la contaminazione delle falde acquifere e la salute umana

      11. Francia. Rifiuti radioattivi.

           Inquinamento del suolo/acqua da depositi radioattivi sotterranei e profondi

      12. Francia. Rifiuti a bassa e media attività

      13. Francia. Rifiuti ad alta attività.

      14. Il Deposito profondo dei rifiuti di alta radioattività. Progetto CIGEO – “underground 

            Chernobyl.” La foresta di 220 ettari di Bois Lejuc.

      15. Impatto sanitario delle centrali nucleari      

           Francia: impianto di ritrattamento a La Hague nel Nord-Cotentin

      16. Impatto sanitario delle centrali nucleari

            Inghilterra: ex centrale nucleare Trawsfynydd

      17. Impatto sanitario delle centrali nucleari

            Italia: Latina (LT), Borgo Sabotino, ex centrale nucleare

      18. Impatto sanitario delle centrali nucleari

             Italia: Garigliano (CE), Sessa Aurunca, ex centrale nucleare

      19. Coda millenaria di inquinamento causata dal parco nucleare

              Bibliografia

       

      SUMMARY

      Secondo le previsioni la popolazione del mondo nel 2050 arriverà a 9 miliardi.

      Questo comporterà un aumento della richiesta di cibo e acqua.

      FAO(Organizzazione ONU per l’Alimentazione e l’Agricoltura) prevede che la produzione globale del cibo crescerà del 60 % entro il 2050, rispetto al periodo 2005-2007.

      Il suolo è lo strato molto sottile della terra.

      Il suolo è la base della vita delle piante, degli animali, dell’uomo, dell’agricoltura.

      La capacità del suolo sano di sopportare la vitalità dei sistemi viventi può essere compromessa con la contaminazione, provocata da azoto, fosforo, pesticidi, metalli pesanti, radionuclidi, antibiotici, plastica, inquinanti persistenti organici (POP), e –waste etc.

      La presenza di inquinanti causa una minor resa dei prodotti agricoli, danneggia la biodiversità degli ecosistemi, provoca eutrofizzazione delle acque, acidificazione, entra nella catena alimentare, finchè il suolo diventa sterile e non potrà più produrre cibo per gli esseri viventi.

      La maggior parte dell’inquinamento del suolo ha origine antropica.

      L’inquinamento del suolo rappresenta una preoccupante minaccia per la produttività agricola, la sicurezza alimentare e la salute umana e dell’ambiente.

      Prevenire l’inquinamento del suolo dovrebbe essere una priorità globale.

      Nell’area EEA (European Economic Area) e nei paesi dei Balcani esistono circa 2 milioni di siti potenzialmente contaminati:

      300’000 in Francia, 362’000 in Germania, 425’000 in Olanda, 100’000 in Italia, 100’000 in Inghilterra etc.

      Nella letteratura scientifica ci sono enormi lacune circa l’esistenza del problema dell’inquinamento del suolo. Questo è motivo di grande preoccupazione, è un problema invisibile globale per tutta la comunità internazionale.

      L’utilizzo dei rifiuti municipali nelle discariche o l’incenerimento sono le 2 strade più diffuse che, in entrambi i casi, portano all’accumulo nel suolo degli inquinanti.

      Il settore di produzione influisce per il 60 % alla contaminazione del suolo.

      Esiste un vuoto enorme riguardo l’informazione di quanto influisce l’attività nucleare sulla contaminazione dell’ambiente, soprattutto nei paesi che possiedono un grande parco nucleare.

      L’inquinamento radioattivo rappresenta un enorme rischio per il suolo a causa degli incidenti nucleari, dell’interramento dei rifiuti o delle scorie nucleari provenienti dall’industria nucleare.

      L’inquinamento radioattivo può durare 100, 1’000, 100’000, 1 milione di anni

      Gli elementi radioattivi che dovranno essere stoccati in depositi geologici profondi hanno periodo di emivita:

      700 milioni di anniuranio U235

      16 milioni di anniiodio I129

      2,1 milioni di anninettunio Ne237

      300’000 annicloro Cl36

      24’200 anniplutonio Pu239

      30 annicesio Cs137

      28 annistronzio Sr90

      La quota di energia nucleare, rispetto alle altre fonti di energia prodotte nel mondo, nel 2016 è stata pari solo a circa il 10 %.

      Nel periodo pre-Fukushima era al 17 %.

      Il nucleare continua a perdere quota nella produzione globale.

      USA, Francia, Russia, Cina e Corea del Sud nel 2016 hanno prodotto il 70 % dell’energia nucleare globale.

      USA e Francia da soli hanno prodotto quasi il 50 % dell’energia nucleare totale.

      Nel mondo ci sono 448 reattori nucleari in funzione:

      Europa – 182, Nord America – 120, Asia – 139, Sud America – 5, Africa – 2.

      59 centrali nucleari sono in costruzione: 19 in Cina, 7 in Russia, 6 in India, 4 negli Emirati Arabi, 4 in Corea etc.

      Il parco nucleare sta invecchiando.

      Nel 2015 ¾ dei reattori francesi hanno già superato il loro limite di età, 30 anni.

      Nel 2025 il parco nucleare francese avrà 40 anni, nel 203550 anni…

      Le centrali vecchie dovranno essere decommissionati.

      Di fronte alla quantità sempre più crescente di scorie e di rifiuti radioattivi in tutti i paesi che usano energia nucleare rimane un enorme problema dove stoccare questi rifiuti.

      Con 58 reattori e 1’100 siti che contengono scorie nucleari, la Francia detiene il record del paese più dotato di nucleare nel mondo che rappresenta un vero pericolo per le persone e l’ambiente.

      Piuttosto che chiudere le centrali nucleari, la Francia tenta di prolungare la loro vita fino a 40 e 50 anni.

      I numerosi incidenti delle centrali nucleari francesi hanno inquinato il suolo e le acque con plutonio, uranio, stronzio, tritio.

      Tanti elementi radioattivi vengono scaricati di routine nel mare e nei fiumi, diluiti nei materiali di costruzione, contaminando l’ambiente e i beni di consumo.

      Quasi tutto il tritio presente nel combustibile viene scaricato dagli impianti nucleari sotto forma di acque di scarico.

      Il tritio agisce sul DNA umano, è mutageno e teratogeno, si caratterizza di bioaccumulo. I più sensibili sono i feti, i bambini e le donne incinte.

      In Francia il sito profondo geologico di Bure, il primo sito al mondo per scorie di alta radioattività che conterrà il 3 % delle scorie ma il 99 % di radioattività, deve essere costruito nel 2025.

      In Finlandia nel 2021, in Svezia nel 2025, in Giappone nel 2035, in Canada nel 2035, in Cina nel 2040, in Svizzera nel 2045, in USA nel 2048, in Belgio nel 2050…

      Il sito in Francia deve essere costruito abbattendo 220 ettari della foresta Bois Lejuc.

      Il progetto CIGEO ha suscitato tante proteste. Bure viene chiamato Underground Chernobyl”.

      Ma chi ha detto che niente succederà nel corso di 1 milione di anni nel deposito profondo 500 m contenente scorie di alta radioattività ???

      La terra è viva e le placche si muovono in continuazione, ci sono i terremoti, le inondazioni, catastrofi naturali già durante la brevissima vita umana…

      Ancora nel 1970 i Professori dell’Istituto di Ecologia della Cornell University ritenevano che “le centrali nucleari rappresentano oggi una delle principali minacce di inquinamento”.

      Le attività nucleari, oltre a produrre l’energia, producono anche l’inquinamento radioattivo del suolo, della catena alimentare, leucemie, cancro e malformazioni.

      Il prezzo dell’energia nucleare è altissimo.

      E’ una strada irresponsabile, senza uscita, che rischia di prendere in ostaggio anche le generazioni future.

      Leggere tutto l’articolo: Inquinamento del suolo.Depositi di scorie nucleari.Francia_18.06.2018_76 pp

       

      18.06.2018

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

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    29. La Grande Bellezza

      Il film del regista italiano Paolo Sorrentino“La grande bellezza” nel 2013 improvvisamente ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero.

      Non succedeva da 14 anni ad un film italiano, dopo la premiazione di “La vita è bella”.

      Un critico teatrale festeggia i suoi 65 anni ed invita un mucchio di amici alla festa, restando sempre distaccato dalla folla degli ospiti.

      Toni Servillo, grande attore teatrale, nel ruolo del critico Gep,passeggia per la città che dorme “sfogliando” la propria vita. La vita che passa in un ambiente romano benestante…

      Ad un certo punto si vede l’incontro con una vecchia Santa che ha 104 anni.

      C’è una grande tavolata presieduta dalla Santa, una missionaria del terzo mondo,

      Suor Maria. Non parla. Qualcuno della vanitosa compagnia vuole intervistarla.

      Lei non rilascia interviste. Hanno sentito che in Africa lei si nutre di soli

      40 grammi di radici al giorno e dorme sul pavimento. Una giornalista che lavora per una rivista mondana, chiede: “Cosa può dire della povertà?”.

      La Santa si guarda attorno con uno sguardo verso l’eternità e, nel silenzio della sala, risponde lentamente:

      La povertà non si racconta. Si vive”.

      E poi ancora, dopo una lunga pausa: Io mangio le radici perché le radici sono importanti” 

      Gep si sveglia all’alba, esce sul balcone e vede la Santa seduta e circondata da fenicotteri rosa. Lei gli chiede, come se lo conoscesse già da 104 anni:

      “Perché non ha mai più scritto un romanzo?”. Gep ci pensa un attimo e risponde: Perchè cercavo la grande bellezza e non l’ho trovata”.

      La Santa soffia e i fenicotteri, tutti insieme, volano dal balcone, come se avessero ricevuto da lei un segnale per andarsene via. Spariscono in un attimo come sparisce un effimero prezioso momento della vita, come l’acqua che evapora… 

      Ogni mattina la Santa sale su una scala di 100 gradini, in ginocchio.

      Una mano dopo l’altra, gradino dopo gradino, lentamente sposta le ginocchia,

      le posa con forza sul prossimo gradino, finché non arriva in cima. E così ogni giorno. A 104 anni. Viso scavato da rughe profonde, occhi che guardano nell’eternità …. Solo la forza dell’animo guida questa quotidiana arrampicata.

      In questo momento del film ho improvvisamente visto mia madre 90-enne “arrampicarsi” ogni giorno sui gradini della casa per arrivare al 4o piano nel palazzo dove viveva senza ascensore.

      Non voleva mai aiuto da nessuno.

      La dovevo aiutare senza che lei sapesse… 

      Questa storia del film mi ha fatto ricordare di quelle persone che sono passate per prime sulla Via Spaziale della creazione della Televisione nella Repubblica Bielorussa, dopo la guerra. Tra queste persone fortunate c’era mia madre…

      Uno dei giornalisti di Minsk ha una vecchia e preziosa fotografia, fatta nel 1954: ai piedi della Torre Televisiva di Minsk il radioreporter stava intervistando il capo dei costruttori della Torre. Alle spalle delle persone intervistate, si vedono i ponteggi della futura Piazza della Vittoria(Piazza Peramoghi in bielorusso).

      Nel 1955 sulla riva del fiume Svislotch è stato costruito un edificio di 4 piani, diventato un complesso televisivo. Il 1 gennaio 1956 la prima presentatrice televisiva Tamara Bastun per la prima volta si è rivolta agli spettatori televisivi di Minsk in lingua bielorussa:

      “Buona sera cari cittadini ! Vi auguriamo un buon Anno Nuovo ! Iniziamo le nostre trasmissioni di prova”. 

      E così iniziato il primo anno di vita della televisione bielorussa, che in quel periodo aveva solamente 4’500 spettatori televisivi.

      Nel 1956, su decisione del Consiglio Mondiale per la Pace,tutti i paesi festeggiavano 75 anni dalla scomparsa del grande scrittore russo F.М.Dostoyevsky. In onore del grande scrittore, lo studio televisivo di Minsk ha trasmesso il primo spettacolo televisivo, di propria produzione, il “Villaggio Stepancikovo e i loro abitanti”.

      Il 28 giugno 1957 l’attenzione di tutto il pianeta era puntata sulla capitale dell’Unione Sovietica, a Mosca, dove si teneva la festa in tante lingue dei Giovani di tutto il Pianeta, il VI Festival Mondiale della Gioventù edegli Studenti. Questa è stata la prima trasmissione, di un programma televisivo di Mosca, ricevuta dallo studio televisivo di Minsk.

      Per permettere questa trasmissione, si dovevano costruire 15 centrali trasmittenti-riceventi intermedie e questo, in quel periodo, non era fattibile.

      A Smolensk è stata costruita una stazione ripetitrice e due altre centrali trasmittenti-riceventi intermedie sono state installate sugli aerei, i quali ad un’altezza di 2’500 – 3’000 metri garantivano la comunicazione tra Mosca e Smolensk, tra Smolensk e Minsk,assicurando un normale passaggio del segnale durante tutto il tragitto.

      Il 4 ottobre 1961 lo studio televisivo di Minsk è stato allacciato al programma settimanale dell’URSS “La staffetta delle notizie”,e il 23 ottobre è stato per la prima volta trasmesso anche a Mosca il programma bielorusso “Il lumino azzurro” (“Blakitny agencyk” in bielorusso).

      Nel 1961 la rete televisiva dell’URSS è stata collegata al sistema di Intervision e all’Eurovision.Questa collaborazione è stata inaugurata dalla trasmissione del programma televisivo – intervista a Mosca del primo astronauta del mondo, Yury Gagarin. La prima trasmissione della Televisione Bielorussa per Intervision ha avuto luogo nel 1962.

      Nei festival delle repubbliche che organizzava la televisione centrale, i programmi di Minsk avevano sempre un’alta valutazione. Un grande successo l’ha avuto il cortometraggio “Foresta d’inverno” (“Zimni les” in bielorusso), basato sul racconto dello scrittore Yuri Naghibin. Questa interessante storia che descrive un ragazzo che, andando sempre a scuola attraverso una foresta, arrivava in ritardo alle lezioni, ha disarmato il pubblico con la sua sincerità, con l’incontenibile entusiasmo dell’anima di un bambino davanti alla natura, e ha portato a questo film il più alto premio ai festival dei film televisivi a Monaco (Germania Ovest), Golden Nimph, e poi a Praga e Monte-Carlo.

      Nel 1964 la Televisione di Minsk ha trasmesso dalle piazze di Minsk, dalla piazza della Vittoria e dal falò dei partigiani, acceso in centro città, nel parco, sulla riva del fiume Svislotch, dalla fortezza di Brest, un importante programma dedicato ai 20 anni dalla liberazione della Bielorussia dagli occupanti fascisti. A questa festa parteciparono i combattenti illustri che liberarono la Bielorussia: i Marescialli dell’Unione Sovietica Rocossovskj, Bagramjan,Rudenko, i combattenti di prima linea e i partigiani.

      Il lungo giorno della trasmissione di questo programma si è concluso con un grande concerto svolto sulla piazzola di un pontone galleggiante allestito sul fiume Svislotch.Gli spettatori che hanno inviato le loro opinioni con lettere da tutte le repubbliche dell’URSS, ancora per tanto tempo ricordavano la musica e i fuochi d’artificio che si sentirono quel giorno. Il programma fu registrato e più tardi trasmesso tramite il satellite Fulmine-1 (“Malanka-1” in bielorusso, “Molnia-1” in russo) nella città di Vladivostok.

      La creazione della Televisione e la trasmissione a lunga distanza sono state possibili grazie agli apparecchi spaziali. L’apparecchio spaziale “Fulmine-1” (1964, “Molnia-1”) fu il primo satellite russo di comunicazione.

      In totale sono stati lanciati 5 apparecchi sperimentali per creare una linea di comunicazione radio di grande distanza tra Mosca e Vladivostok.

      La stampa ufficiale ha denominato “Fulmine-1” come Kosmos-41”.

      Con i satelliti lanciati in seguito fu risolto il problema di come garantire la comunicazione telefonica, telegrafica e di trasmissione dei programmi della Televisione Centrale a grande distanza.  

      Dal  1962 al 2001 sono stati lanciati circa 2’000 satelliti spaziali “Kosmos”.

      I satelliti eseguivano ricerche militari, scientifiche, mediche, servivano per garantire la comunicazione telefonica e telegrafica sul territorio dell’URSS, e per trasmettere i programmi della Televisione Centrale alle 20 centrali terrestri (sistema “Orbita”). Se nel 1956 la trasmissione televisiva contava solamente 130 ore all’anno, a metà degli anni 60 era già cresciuta di 5.5 volte e contava 718 ore all’anno, e all’inizio del 1968, grazie al sistema “Orbita”, la quantità degli spettatori della Televisione Centrale dell’URSS era cresciuta di 20 milioni di persone.

      Nel 2001 è partito il Programma Copernicus, nato per monitorare il nostro Pianeta. Il Programma prevedeva il lancio di 6 satelliti Sentinel entro il 2029, Occhi Cosmici nuovi per una nuova visione della Terra. Sentinel-1, lanciato nel 2014, registra immagini radar, Sentinel-2, lanciato nel 2015, avendo 13 bande ottiche, registra immagini ottiche per monitorare lo stato di salute delle zone green del Pianeta, ed è capace di vedere le malattie della vegetazione e gli incendi in qualsiasi punto della terra.

      Nel 2016 è stato lanciato il Sentinel-3 destinato al monitoraggio delle acque di oceani, fiumi e laghi, del clima, dell’inquinamento, e alla mappatura delle foreste.

      Invece di 13 bande, il satellite iper-spettrale, che avrà 200 bande e dovrebbe essere chiamato “Prisma”, finora è l’unico al mondo e vedrà la terra dentro le grotte, le micro-particelle di inquinamento emesse da una fabbrica, lo stato delle risorse naturali (il lancio è previsto per il 2018).

      La Terra avrà Occhi Cosmici nuovi per una nuova visione del Pianeta, che permetteranno l’utilizzo ecologico delle risorse della Terra. 

      E tra questi pionieri della Televisione, passati per primi sulla Via Spaziale della creazione della Televisione nella Repubblica Bielorussa dopo la guerra, vi era una giovane fanciulla nata in un piccolo villaggio siberiano sul fiume Enisej, mia madre, Maria Mikhaevitch. 

      Lei era tra quelle persone fortunate che hanno gettato le basi sullo studio della Grande Bellezza, la nostra Terra.

      Il nostro primo ed unico Amore.

      Perché le radici sono importanti.

      Perché i fenicotteri rosa torneranno …

       

      Leggere tutto l’articolo: 22.01.2018_LA GRANDE BELLEZZA_IT_14 pp

       

       22.01.2018

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology

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    30. Pesticidi. Un futuro TOXIC FREE

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      Versione intera

      1.PESTICIDI

      Vendita dei pesticidi

      2.IMPATTO SULL’AMBIENTE, FAUNA E FLORA

      Contaminazione dei suoli

        Perdita di biodiversità

      3.GLIFOSATO, aggiornamento

      4.NEONICOTINOIDI, aggiornamento

      Api, bombi e farfalle

      5.PESTICIDI E SALUTE

      Impatto sulla salute dei feti e bambini

        Difetti dalla nascita

        Rischio di leucemia dei bambini, aborto spontaneo

        Pesticidi e cancro degli adulti, malattie neurodegenerative

        Sistema immunitario, sistema ormonale, diabete

      6.PESTICIDI NELLE ACQUE

      Inquinamento dei bacini idrici in Italia (il rapporto ISPRA 2017)

        Contaminazione delle acque sotterranee

        Miscele delle sostanze (“cocktail di pesticidi”)

      7.PESTICIDI NEL FIUME PO

      8.PESTICIDI NEL CIBO

      Il rapporto EFSA-2015

        Studio Greenpeace sulle mele

        Problema di multiresidui, “cocktail di pesticidi”, entro MRL

        Pesticidi e prodotti alimentari

        SINAB, Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica

      Bibliografia 

       

      1.PESTICIDI

      Siamo nel 2017.

      Tempo di Internet.

      Tempo di Wi-Fi e cellulari potenti.

      Tempo di informazione impacchettata in Giga, Mega, Terabite.

      Ma senza che nessuno se ne accorgesse sulla Terra, è cominciata anche un’altra era: era dei PESTICIDI.

      Distruttori delle erbe malvage, insetti, funghi, topi, oggi sono utilizzati in tutto il mondo e sono diventati gli strumenti chimici più importanti dell’industria agricola. 

      Ma proviamo a girare la medaglia data ai pesticidi dall’industria agricola e vediamo cosa sta dall’altra parte:

      distruzione di biodiversità di flora e di fauna, accumulo dei pesticidi nei sistemi ecologici e nella catena alimentare, residui dei pesticidi nei prodotti alimentari, cancerogenicità, teratogenicità di tanti pesticidi… 

      Facciamoci una domanda:

      vale la pena inquinare suolo, aria, acqua, piante selvatiche e coltivate, animali con i pesticidi per averli poi nel nostro piatto quotidiano, 

                                                                       SEMPRE ENTRO LIMITI DI LEGGE,

      dimenticando dell’effetto dell’accumulo di pesticidi, minimizzando l’effetto di pesticidi nell’insorgere il cancro, le disfunzioni dell’organismo e tante altre malattie negli adulti, bambini e feti ?

       QUESTA E’ L’AMARA FORMULA DEL CONCETTO

      “NUTRIRE IL PIANETA. CIBO PER TUTTI”,

      spesso camuffata come “l’uso sostenibile” dei prodotti cancerogeni.

      “E’ stato un errore enorme … promuovere e rilasciare prodotti senza studi indipendenti a lungo termine. Ciò che stiamo ora riscontrando con il glifosato è simile a quello che abbiamo affrontato nel 20° secolo con PCB, DDT e Agent Orange”, – ha dichiarato il direttore di Sustainable Pulse Henry Rowlands, una società che raccoglie un gruppo di scienziati, su uno dei più utilizzati e più discutibili attuali pesticidi, il glifosato, lanciato da Monsanto nel 1974…

      Nel mondo ci sono circa 150’000 sostanze tossiche di sintesi commercializzate.

      Attualmente circa 500 pesticidi sono autorizzati per l’uso in Unione Europea.

      Secondo la IARC (International  Agency for Research on Cancer), nel 1991 risultavano registrati a livello mondiale 1’500 pesticidi.

      Nel 2009 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha elencato circa 550 molecole attive in uso e circa 150 obsolete.

      Ogni anno si rilasciano nell’ambiente planetario circa 2,5 milioni di tonnellatedi pesticidi  di sintesi, in prevalenza per usi agricoli di cui il 40 % sono erbicidi.

      Secondo dati UE nel 2006 in Italia sono state consumate 81’450 t di pesticidi, 71’612 t in Francia,

      31’819 t in Germania, 21’151 t nel Regno Unito.

      Ogni ora 269 tonnellate di pesticidi vengono disseminate sul Pianeta.

      Secondo i dati di Legambiente del 2017, in Europa-28  le vendite di pesticidi ammontano a

      400’000 tonnellate: Spagna -19,9%, Francia -19%, Italia – 16,2%.

      Secondo dati ISTAT, l’ITALIA ha consumato nel 2014 130’000 tonnellate di pesticidi. 

      Dal dossier di Legambiente del 2017 Stop pesticidi  emerge che tra verdura, frutta e prodotti trasformati, la contaminazione da 1 o più residui di pesticidi riguarda il 36.4 % dei prodotti analizzati.

      Il glifosato (N-phosphonomethylglycine) è il pesticida più utilizzato al mondo essendo presente in 750 formulati.  

      Solo in USA dal 1992 al 2012 l’uso di glifosato è aumentato di 140 volte. Oggi è un pesticida più collegato alle coltivazioni OGM.

      Nel 2014  la produzione mondiale di glifosato ha superato le 800’000 tons.

      Il 45% dei terreni agricoli europei contiene glifosato e il suo metabolitaAMPA.

      Secondo il rapporto ISPRA-2015, il glifosato è stato trovato nel 47 % delle falde acquifere italiane analizzate.

      Nelle acque superficiali  nel 63.9 % dei campioni analizzati sono stati trovati pesticidi.

      (rapporto ISPRA, 2017).

      Nelle acque sotterranee nel 31.7 % dei campioni analizzati sono stati trovati pesticidi.

      (rapporto ISPRA, 2017). 

      Uno studio del 2013 ha dimostrato che il44% dei campioni di urina prelevati da 180 persone in 18 paesi europei conteneva glifosato.

      Presidente AIAB (Associazione italiana per agricoltura biologica) Vizioli avverte: “In Italia le rilevazioni sui quantitativi di pesticidi contenuti negli alimenti e nelle acque vengono condotte in pochissime regioni e questa situazione è inaccettabile”.  

      Il destino ambientale dei bacini delle acque superficiali e delle acque sotterranee, dove si trovano in quantità pericolose per la salute i pesticidi già vietati da anni, deve mettere in allarme prevedibile sull’uso massiccio di queste sostanze. 

      Durante la procedura di autorizzazione delle sostanze è necessario considerare la valutazione dei pericoli in base al monitoring ambientale. 

      Il 27.3 % degli 80’967 campioni provenienti da 40 paesi conteneva multiresidui di pesticidi, “cocktail di pesticidi”. (rapporto EFSA, 2015).

      Il 38.8 % dei 9’608 campioni di ortofrutta conteneva multiresidui di pesticidi, “cocktail di pesticidi”. (rapporto di Legambiente, 2017).

      Il 42.8 % degli 80’967 campioni risultavano avere concentrazioni di pesticidi entro MRL (maximum residual level). (rapporto EFSA, 2015). 

      Fino ad oggi non c’è una regolamentazione  a livello europeo sull’impiego di più multiresidui di pesticidi, “cocktail di pesticidi” in agri­coltura.

      E’ necessario valutare gli effetti cumulativi e sinergici  di multiresidui di pesticidi, “cocktail di pesticidi”, negli alimenti e nell’ambiente.

      Anche se a piccole dosi diverse sostanze di pesticidi risultano sotto i limiti stabiliti dal­la legge (MRL), la loro azione sinergica  in un organismo può avere un effetto cancerogeno.

      E’ necessario rivedere i limiti MRL di pesticidi in riduzione ai fini di precauzione.

      Leggere tutto l’articolo, versione completa, aggiornata:

      19.12.2017_PESTICIDI_IT_completo_aggiornato111 pp

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

      Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

      info@plumatella.it

      tatianamikhaevitch@gmail.com

      www.plumatella.it


    31. STOP fluorocarburi in ACQUA

          

      L’inquinamento da PFAS nelle province tra Vicenza, Verona e Padova, regione Veneto.

      Colore giallo – plume provvisorio di inquinamento da PFAS

      Contenuto:

      1.Lacqua pulita è il diritto umano

      2.L’inquinamento industriale da perfluorurati

      3.I PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche

      4.Il caso dell’industria chimica DUPONT, OHIO, USA, 2004

      5.Il caso di inquinamento da PFAS in Germania, 2006

      6.Limiti stabiliti per PFAS nei vari paesi

      7.Effetti tossicologici di PFAS sull’uomo

      8.Effetti tossicologici di PFAS sugli animali

      9.Contaminazione dei prodotti alimentari

      10.La società MITENI SPA, l’unica fabbrica che produce PFAS in Italia

      11.Il monitoraggio dei lavoratori di MITENI SPA

      12.L’inquinamento da PFAS nelle province tra Vicenza, Verona e Padova, regione Veneto  

      12.1. Denuncia dell’Arpa Veneto alla Procura della Repubblica in Vicenza 

      12.2. Contaminazione dell’acqua potabile

       12.3.  Chi bonificherà le falde inquinate da PFAS in Veneto?

                   Implicati nel disastro ambientale 79 comuni. 350’000 persone

      13.FARE AFFARI, COMPROMETTENDO LA VITA DEGLI ALTRI

      14.Dichiarazione di Bonn sulla sicurezza globale dell’acqua

      L’acqua pulita è il diritto umano

      Nell’organismo umano l’acqua costituisce il 65% del peso corporeo, diminuendo gradualmente all’avanzare dell’età e a seconda del sesso.

      La Terra è ricoperta da 1’390 milioni di km3 di acqua, di cui il 97.5% è acqua salata presente nei mari e negli  oceani e solo il 2,5% è acqua dolce, la gran parte sotto forma di nelle calotte polari.

      Gli esseri umani hanno a disposizione solo 93’000 km3, pari a circa lo 0,5% del totale.

      Circa il 70% dell’acqua dolce è sotto forma di ghiaccio.

      La maggior parte dell’acqua dolce restante giace nel sottosuolo, oppure esiste sotto forma di umidità nel suolo.

      Solo l’1% dell’acqua dolce resta disponibile.

       A livello mondiale il 70% dell’acqua è usata per agricoltura e allevamento,

       il 22% è usata per produrre materia e oggetti, il restante 8% è riservato all’uso domestico.

      Il 97% dell’acqua dolce in Italia è nelle falde acquifere.

      Nel 2004 l’UNDP, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, con il rapporto “Water as a Human Right?” per la prima volta si poneva la questione dell’accesso all’acqua come diritto:

      “Riconoscere formalmente l’acqua come diritto umano, ed esprimere la volontà di dare un significato e una concretezza a questo diritto, potrebbe essere una via per incoraggiare la comunità internazionale … per soddisfare i bisogni umani fondamentali e per completare gli Obiettivi del Millennio”.

      Nel 2010 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una Risoluzione 64/292 che garantisce l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari tra i diritti umani fondamentali.

      La Risoluzione sancisce che “l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti gli altri diritti umani”.

      Con l’aumento dei consumi idrici e della popolazione, la disponibilità pro capite a livello globale è passata da 9’000 m3 d’acqua potabile negli anni Novanta a 7’800 m3 nel XXI secolo.

      Tra il 1960 e il 1990 l’uso mondiale dell’acqua è triplicato.

      Il fabbisogno minimo biologico pro-capite per la sopravvivenza umana è di 5 litri d’acqua nelle 24 ore.

      Le Nazioni Unite hanno fissato in 40 litri il diritto minimo all’acqua.

      Senza cibo si può vivere un mese.

      Senz’acqua non si supera una settimana.

      Un cittadino USA consuma 425 litri di acqua al giorno, in Italia il consumo medio pro capite è di 215 litri, in Francia – 150 litri, in Madagascar10 litri a giorno, in Africa –10 litri.

      Secondo l’OCSE, l’aumento della domanda mondiale di acque al 2050 sarà + 55 %.

      Attualmente 1 abitante della Terra su 5 non ha acqua potabile a sufficienza: si tratta di 1,2 miliardi di persone.

      In 29 Paesi il 65% della popolazione è al di sotto del fabbisogno idrico vitale.

      Oltre 1 miliardo di persone beve acqua “non sicura”.

      3,4 milioni di persone ogni anno (5 mila bambini al giorno) muoiono a causa di malattie trasmesse dall’acqua.

      Il 90% dell’acqua che consumiamo è incorporata nel cibo che mangiamo,

      poiché la coltivazione e l’allevamento ne richiedono grandi quantità.

      La produzione agricola è responsabile del 92% dei consumi globali,  

      quella industriale del 4,4%, quella domestica del 3,6%.

      Tra i prodotti alimentari destinati al consumo che richiedono più acqua,

      si trovano i cereali (27%) seguiti dalla carne (22%) e dai latticini (7%).

      10 litri di acqua servono per 1 litro di benzina

      30 litri di acqua servono per un litro di birra

      70 litri di acqua servono per la produzione di 1 mela

      100 litri di acqua servono per 1 kg di carta nuova

      2 litri di acqua servono per un 1 kg di carta riciclata

      780 litri di acqua servono per un pacco di pasta da 0,5 kg

      1’000 litri di acqua per1 kg di agrumi

      1’000 litri di acqua per kg di pollo

      1’150 litri di acqua per 1 pizza

      1’500 litri di acqua servono per produrre 1 kg di farina

      2’500 litri di acqua servono per una fetta di formaggio

      4’500 litri di acqua servono per produrre 1 kg di riso

      10’000 litri di acqua servono per produrre 1 kg di principio attivo

      11’000 litri di acqua servono per 1 kg di cotone tessile

      15’000 litri di acqua per 1 kg di carne di manzo

      100’000 litri di acqua servono per produrre 1 kg di alluminio.

      1’800’000 litri di acqua al minuto o 30’000 litri al secondo (30 m3) servono per una

      centrale nucleare di 1’000 MW.

      Leggere tutto l’articolo: 01.10.17_STOP PFAS in acqua_44 pp_IT_aggiornamento

      Dr.Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), tatianamikhaevitch@gmail.com


    32. Seveso, 10.07.1976, 41 anni dopo…

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      Tratta B2 dell’autostrada Pedemontana

      Contenuto:

      1.L’autostrada della Diossina

      2.ICMESA, fabbrica farmaceutica di diserbanti bellici

      3.Pista militare

      4.Danno al territorio

      5.Effetti della Diossina sulla materia organica

      6.Carotaggi ed analisi della Diossina

      7.Il ritorno della Diossina   

      Bibliografia

       

      1.L’autostrada della Diossina

      L’uomonon può mai essere così arrogante e presuntuoso da non pensare ai potenziali rischi di industrie chimiche, da non pensare alla pericolosità dell’azione dell’uomo sull’ambiente. 

      Secondo Pierfelice Zazzera, deputato pugliese del partito politico Italia dei Valori (Idv),Il nostro Paese non si è ancora adeguato a quanto previsto dal Protocollo di Aarhus (varato nel 1998, entrato in vigore nel 2003 e ratificato dall’Italia nel 2006) che imponelimiti alle emissioni in atmosfera di inquinanti organici persistenti, come la diossina.

      Ancora oggi gli stabilimenti attivi sul nostro territorio possono immettere nell’atmosfera alti quantitativi di sostanze cancerogene come la diossina pur rimanendo di fatto nella legalità, perché il limite di emissione nel nostro Paese non esiste.

      È quanto accaduto in questi anni a Taranto, città più inquinata d’Europa, dove a causa dell’attività degli stabilimenti industriali la diossina è presente ovunque,persinonegli alimenti. C’è voluta una legge regionale per imporre, però solo all’ILVA, il limite di 0,4 ng/m3perl’emissione di diossina in atmosfera, mentre sul territorio nazionale altre aziende continuano ad inquinare l’ambiente e a devastare la salute dei cittadini”.  

      Autostrada Pedemontana Lombarda Spa, la A36, controllata all’80% da Milano Serravalle Spa e al 20% da Intesa San Paolo e Ubi Banca, dovrebbe collegare Varese a Bergamo e gli aeroporti di Malpensa (Milano) e Orio al Serio (Bergamo), a costo – 5 miliardi di euro.
        Autostrada Pedemontana Lombarda dovrebbe essere composta da tratta A (Magnano – Gorla Maggiore-Cascina Restelli) + tratta B1 (Cascina Restelli-Lentate sul Seveso) + tratta B2 (Lentate sul Seveso-Barlassina-Seveso-BovisioMasciago) + tratta C (Bovisio Masciago-Desio-Lesmo-Arcore-Vimercate) + tratta D (Vimercate-Mezzago-Capriate San Gervasio-Brembate).

      La A36 è stata realizzata nelle tratte A e B1: parte da Cassano Magnano in provincia di Varese e si ferma prima di Lentate sul Seveso (provincia di Monza e Brianza). 87 km totali dell’autostrada A36, di cui 14,3 km già aperti alla viabilità. Con le tratte B2, C e D da Lentate l’autostrada supererebbe il fiume Adda e arriverebbe fino a Osio Sotto passando per Cesano Maderno, Desio, Macherio e Arcore.

      Con la costruzione della tratta B1 é stato tagliato in 4 parti, da un enorme svincolo, il Bosco della Moronera di 70 ettari compreso tra i comuni di Turate, Rovellasca e Lomazzo, uno degli ultimi polmoni verdi della pianura urbanizzata, parte del sistema naturale di corridoi ecologici, dove ancora poco tempo fa, secondo un censimento effettuato da guardie ecologiche, si trovavano poiane, gheppi, falchi pellegrini, picchi, fagiani, volpi e lepri.

      La stessa sorte ha avuto un altro polmone verde con la costruzione dell’autostrada Pedemontana: il Bosco di Battù vicino a Lazzate.

      Dopo la costruzione di tutto il tratto dell’autostrada verrà consumato circa 1 milione di m2 di suolo, 150 campi da calcio, più i danni alla biodiversità di flora e fauna.

      La tratta B2  interessa i Comuni di Meda, Barlassina, Cesano Maderno, Seveso e Desio, – territori danneggiati dall’incidente avvenuto il 10 luglio 1976 a causa dell’esplosione della fabbrica ICMESA che ha sparso la diossina in questa area. Nel tratto B2 la Pedemontana dovrebbe sovrapporsi all’attuale superstrada Milano-Meda.

      E’ previsto un allargamento della strada da 4 a 6 corsie, la costruzione di svincoli e aree di sosta, la carreggiata sarà allargata fino a 10 metri in più nelle zone dove la diossina è sepolta da 40 anni.

      Sollevandola dal suolo, la diossina torna a costituire una minaccia tossica per la zona circostante.

      Leggere tutto l’articolo: 10.07.2017_Seveso 41 anni dopo

      09.07.2017

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

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    33. In Armonia con la Natura

       

      CONVEGNO ONU, STOCCOLMA 1972RIO DE JANEIRO, 1992
      COP 3 KYOTO, 1997 –  RATIFICA DEL PROTOCOLLO KYOTO 16.02.2005

      COP 15 COPENAGHEN, 2009 –  COP 16 CANCUN, 2010

      COP 17 DURBAN, 2011 –  COP 18 DOHA, QATAR, 2012

      COP 19 VARSAVIA, 2013 –  COP 20 LIMA, PERU, 2014

      COP 21 PARIGI, 2015 –  COP 22 MARRAKECH, 2016

      COP 23 – BONN, 6-17 novembre 2017

      Contenuto:

      1. Il Treno dell’Ecologia

      2. George Perkins Marsh, 1mo ambientalista degli USA

      3.Cicli di Kondratiev

      4. Accademico russo V.Vernadsky, fondatore della Teoria di Biosfera, 1926

      5. Concetto del “Confine Planetario” del Professore Jim Hansen

      6. Effetti antropogenici dell’attività dell’uomo sulla Terra

      7. IN ARMONIA CON LA NATURA

       

      Il Treno dell’Ecologia

      Il Treno dell’Ecologia della Nostra Terraè partito negli anni 70, avendo avuto  un buon bagaglio preparato negli anni  precedenti…

      Sono già45 anniche viaggia questo treno intorno alla nostra bellissima Terra,

      da una città all’altra.

      Forse qualcosa è stato veramente perso in questi anni.

      IL TEMPO

      Qualcosa che qualcuno non ha voluto ascoltare, non ha voluto credere.

      E’ stato complesso e molto difficile questo viaggio.

      E forse per questo chi guidavail Grande Treno dell’Ecologiadella Terraha creato altre materie sinergiche, per aiutare a capire la serietà dei problemi, – cosi è nata l’Ecologia  Economica, poi l’Ecologia Politica… 

      Siamo partiti da Stoccolma nel 1972.

      Dopo 20 anni, nel 1992, il Treno Verde si è fermato a Rio de Janeiro.

      Dopo altri 13 anni, nel 2005, è stato finalmente ratificato da tanti paesi il Protocollo Kyoto.

      In questi 12 anni il Treno dell’Ecologia della Terra si ferma ogni anno nei paesi diversi:

      2006 – COP 12 a Nairobi,

      2007 – COP 13 a Bali,

      2008 – COP 14 a Poznan,

      2009 – COP 15 a Copenhagen,

      2010 – COP 16 a Cancun,

      2011 – COP 17 a Durban,

      2012 – COP 18 a Doha Qatar,

      2013 – COP 19 a Varsavia,

      2014 – COP 20 a Lima Peru,

      2015 – COP 21 a Parigi,

      2016 – COP 22 a Marrakech.

      Nel 2017 dal 6 al 17 novembreLa Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) organizza la Conferenza Mondiale sul Clima del Pianeta, COP 23, a Bonn.

      Leggere tutto l’articolo: 26.04.2017_IN ARMONIA CON LA NATURA_12pp

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

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    34. Biodiversità, capitale naturale

      La differenza tra ciò che facciamo e ciò che siamo capaci di fare sarebbe sufficiente a risolvere la maggior parte dei problemi del mondo

                                                                                                                                                                             Mahatma Gandhi

      CONTENUTO

      1. DICHIARAZIONE DEI 40 NOTI BIOLOGI DEL 2016

      2. VALUTAZIONE DEL PATRIMONIO NATURALE MONDIALE UNESCO.

           RAPPORTI  WWF SULLA BIODIVERSITA’

      3.  2.5 % DELLE SPESE MILITARI ANNUALI MONDIALI PER PROTEGGERE PARCHI TERRESTRI ED AREE PROTETTE MARINE

      4.  ITALIA. COMMISSIONE PER IL CAPITALE NATURALE.

           SOS NATURA in ITALIA – riforma di Legge 394/91 su Parchi e Aree Protette

      5.  UNIONE MONDIALE PER LA CONSERVAZIONE DELLA NATURA (IUCN): RED LIST

      6.  SPECIE –ICONE IN ESTINZIONE

            6.1. Elefanti.

            6.2. Ecosafari di elefanti. Bracconaggio

            6.3. 17a Conferenza on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES).

                  Commercio di avorio. Chiusura di commercio di avorio nel 2017

            6.4. Rinoceronte. Commercio dei corni

                  La decisione della Corte Suprema del Sudafrica:  fine della moratoria del 2009.

            6.5. Panda gigante

            6.6. Scimpanzè

            6.7. Tigre

            6.8. Leopardo delle nevi

            6.9. Ghepardo

            6.10. Leone

            6.11. Uccelli

      7.  IMPATTO DEI FATTORI ECOLOGICI

           7.1. Recessione ecologica

           7.2. Rapporto WWF 2015 “Biodiversità” e cambiamenti climatici

           7.3. Riduzione dimensioni

           7.4. Impatto della temperatura. Eventi climatici estremi

           7.5. Impatto dei pesticidi

           7.6. Impatto dei metalli pesanti

           7.7. Rapporto ZSL-IUCN 2012. 1/5 degli Invertebrati in via di estinzione

           7.8. Specie impollinatori

           7.9. Specie aliene

      8.  MERCATO ILLEGALE DI FAUNA SELVATICA.

          CRIMINI CONTRO AMBIENTE.

           8.1. Rapporto “Indice del pianeta vivente 2015”

           8.2. Piano d’azione della Commissione del Parlamento Europeo. SOCTA 2017 dell’EUROPOLL

           8.3. RAPPORTO UNEP-INTERPOL 2016 “CRESCITA’ DEI CRIMINI  CONTRO AMBIENTE”

           8.4. Delitti contro fauna in Italia. CACCIA. ESTREMISMO VENATORIO

           8.5. ECOREATI IN ITALIA. INTRODUZIONE NEL CODICE PENALE.

                 Disegno di legge su delitti contro fauna e flora, 2017

           8.6. IMPRONTA ECOLOGICA

      1. DICHIARAZIONE DEL 2016 DEI 40 NOTI BIOLOGI

      Nel 2016 più di 40 noti biologi hanno pubblicato in BioSciences una dichiarazioneSaving the World’s Terrestrial Megafauna”, dove hanno chiesto una strategia a livello mondiale,un piano globale per evitare l’impensabile: l’estinzione delle specie di mammiferi più grandi del mondo, citando tra le minacce che potrebbero portare a questa estinzione di massa la caccia illegale, la deforestazione, la perdita di habitat, l’espansione dell’agricoltura, dell’allevamento del bestiame nelle aree protette e la crescita delle popolazioni umane.

      William Ripple,Professore di EcologiadellaOregon State University ha scritto nella dichiarazione:

      Più guardo le tendenze che affrontano i più grandi mammiferi terrestri del mondo, e più sono preoccupato. Potremmo perdere questi animali proprio mentre la scienza sta scoprendo quanto siano importanti per gli ecosistemi e per i servizi che forniscono alle persone”.

      Secondo la Lista Rossa dell’IUCN, sono minacciate di estinzione circa il58% delle specie dei grandi mammiferi carnivori e il 60% dei grandi mammiferi erbivori.

      Elizabeth Bennett, un’altra delle autrici dello studio, Vice-Presidente dellaWildlife Conservation Society (WCS), sottolinea che “Forse la più grande minaccia per molte specie è la caccia mirata, causata dalla richiesta di carne, di parti del corpo per le medicine e gli ornamenti tradizionali. Solo un enorme impegno da parte della comunità internazionale fermerà questa distruzione dilagante di tante popolazioni animali”.

      Secondo il Rapporto Living Planet Report del WWF in collaborazione con ZSL(Zoological Society of London) del 2016, dal 1970 al 2012LPIglobale(l’indice del Pianeta Vivente, Living Planet Index) mostra un calo del 58 % delle popolazioni dei vertebrati.

      L’indice LPI terrestre mostra che le popolazioni sono diminuite del 38 % tra il 1970 e il 2012.

      L’indice LPI di acqua dolce mostra che le popolazioni monitorate per gli ecosistemi di acqua dolce sono diminuite del 81 % tra il 1970 e il 2012.

      L’indice LPI marino mostra un calo del 36 % tra il 1970 e il 2012. 

      Leggere tutto l’articolo:  26.04.2017_Biodiversità_84 pp aggiornamento

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus

      Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.)

      Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.)

      Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.)

      info@plumatella.it

      tatianamikhaevitch@gmail.com


    35. Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi

      Tatiana Mikhaevitch

      Contenuto:

      1.Direttiva della Commissione Europea. Convenzione Aarhus. Ritardi, infrazione UE.

      2.Lunga storia della “sistemazione” dei rifiuti radioattivi in Italia

      3.Caso di Scanzano Jonico

      4.Carta CNAPI dei siti e preoccupazione di Sardegna e Sicilia

      5.Enti responsabili, enti di controllo (ISPRA, SO.G.I.N. S.p.A, ISIN, Osservatorio Nazionale per la chiusura del ciclo nucleare)

      6.Criteri per la localizzazione del Deposito Nazionale in superficie per rifiuti di bassa e media attività

      7.Progetto del Deposito Nazionale in superficie. Quantità di scorie radioattive di bassa e media attività

      8.Rifiuti nucleari di alta attività di 3a categoria. Problemi con la creazione del Deposito Geologico profondo

      9.Posizione del Ministero dell’Ambiente

       

      1.Direttiva della Commissione Europea. Convenzione Aarhus. Ritardi, infrazione UE

      L’Italia è obbligata a pronunciare un sito di stoccaggio permanente dei rifiuti atomici, sancito dalla Direttiva Europea 2011/70 Euratom, che impone ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi, anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali.

      Oggi tutti i Paesi europei riconoscono il diritto dei cittadini a partecipare ai processi decisionali, grazie alla Convenzione di Åarhus sull’accesso all’informazione, la partecipazione pubblica alle decisioni e l’accesso alla giustizia in materia ambientale.

      La Convenzione è stata sottoscritta sotto l’egida dellUNECE (United Nations Economic Commission for Europe) nel 1998 ed è entrata in vigore nel 2001.

      L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge n. 108 del 2001.

      Il 25.01.2012 le associazioni ambientaliste Wwf, Greenpeace e Legambiente hanno inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti una lettera sull’articolo 24 del decreto liberalizzazioni, relativo allo smantellamento degli impianti nucleari e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, che modifica e semplifica le modalità di attuazione con deroghe sulle normative ambientali e urbanistiche, precisando che l’Italia deve risolvere il problema delle scorie prodotte con la filiera nucleare del passato, ma lo deve fare in modo trasparente, partecipato e democratico.

      Lettera firmata da Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Stefano Leoni, presidente del WWF Italia.

      L’Italia è in ritardo nel rendere pubblica la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), da cui si arriverà alla localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.

      Leggere tutto l’articolo: 10-09-2016_deposito-nazionale-dei-rifiuti-radioattivi-25-pp

      10.09.2016

      Dr. Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    36. Eredità nucleare dell Italia

      Mappa eredita nucleare italia

      Tatiana Mikhaevitch

      Content

      1.Eredità nucleare dell’Italia

        Regione Piemonte:                  

        1.1. Saluggia (VC) impianto EUREX di ENEA*, SORIN Srl e deposito Avogadro, CEMEX e deposito D2*

        1.2. Trino (VC), ex centrale nucleare

        1.3. Bosco Marengo (AL), FN Spa

        1.4. Politecnico di Torino

        1.5. Controlsonic Srl, deposito, Tortona (AL)

       Regione Lombardia:

        1.6. Gammatom (CO), Guanzate, deposito

        1.7. ADG srl, Bregnano, deposito

        1.8. ISPRA (VA), reattori Ispra1 e Essor, deposito E 39.2, laboratori Perla, Ethel, deposito rifiuti

        1.9. Campoverde Srl, Milano, deposito

        1.10. CESNEF (MI), reattore

        1.11.LENA (PV), reattore

       Regione Friuli-Venezia-Giulia:

        1.12. CRAD (UD), deposito

       Regione Veneto:

        1.13. INFN – SM1 (PD), Legnaro, reattore

       Regione Emilia-Romagna:

        1.14. Caorso (PC), ex centrale nucleare

        1.15. Montecuccolino (BO), reattore RB3

        1.16. PROTEX (Forli), deposito

       Regione Toscana:

        1.17. CISAM (PI), S.Pietro a Grado, reattore

       Regione Lazio:

        1.18. Latina (LT), Borgo Sabotino, ex centrale nucleare

        1.19.Casaccia (RM), Nucleco, impianto trattamento, deposito

        1.20. Casaccia (RM), ENEA, impianto di Plutonio, OPEC, TRIGA, TAPIRO

       Regione Molise:

        1.21. Ex C.A.N.R.C., deposito in provincia di Campobasso

       Regione Campania:

        1.22.Garigliano (CE), Sessa Aurunca, ex centrale nucleare

       Regione Puglia:

        1.23. Ex Cemerad (MT), Taranto, deposito

       Regione  Basilicata:

        1.24. Centro di ricerca ENEA-Trisaia (MT), ITREC di Rotondella

      Regione Sicilia:

        1.25. Sicurad (PA), reattore AGN

      2. Rischio di disseminazione del materiale radioattivo in Italia.

           2.1.  Rottami metallici e discariche

           2.2.  Treni – traffico del materiale nucleare

       *Gestione di dismissione da parte della SOGIN

       *Operatori privati con depositi dei rifiuti radioattivi

      Leggere tutto l’articolo: 13.07.2016 eredita nucleare dell-italia_IT_54 pp.

      13.07.2016

      Dr. Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com


    37. Dolomiti – Atolli fossili, Patrimonio UNESCO

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      Monte Catinaccio visto da Ciampedie 2’000 m

      Tatiana Mikhaevitch

       Contenuto

      1. Dolomiti, Atolli Fossili

      2.Monti Dolomiti, Patrimonio UNESCO

      3.Ghiacciai delle Alpi Dolomitiche

      4.Val di Fassa

      Bibliografia

      Val di Fassa

      La Val di Fassa (Fascia in ladino, e Fassatal in tedesco) è una delle principali valli dolomitiche ed è situata nel  Trentino nord-orientale.

      Costituita da 7 comuni, è attraversata per intero dal torrente  Avisio, un affluente di sinistra del fiume  Adige. La valle è circondata da alcuni dei più importanti massicci delle  Dolomiti, i Monti Pallidi:

      la Marmolada, il Gruppo del Sella, il Gruppo del Sassolungo, il Gruppo del Catinaccio, da montagne a litologia non dolomitica quali il Buffaure e i Monzoni.

      Il Trentino è tra le aree italiane in assoluto più ricche di specie mineralogiche. Secondo fonte www.mindat.org, nel 2014 in Italia contavano 355 specie mineralogiche.

      È l’unica valle trentina, insieme alle Valli di Gardena e Badia in Alto Adige, alla Valle di Livinallongo, dove tuttora si parla la  lingua ladina (il ladino dolomitico).

      L’Istituto Culturale Ladino é presente in Val di Fassa nella cittadina Vigo di Fassa.

      Abbiamo alloggiato nell’Albergo “Rizzi” a Pera di Fassa, piccola frazione della cittadina Pozza di Fassa. L’albergo è stato scelto via internet per caso, considerando la sua antica facciata e la posizione strategica.

      Poi ho saputo che l’albergo era la prima osteria costruita a Pera di Fassa.

      Albergo “Rizzi”, che tempo fa fu un deposito di sale per tutta la valle, deve il suo nome al grande masso precipitato a valle, accanto alla successiva Strada delle Dolomiti. L’albergo fu una delle prime strutture ricettive della Valle che tra i suoi ospiti ha avuto diversi viaggiatori dell’Ottocento, famosi pionieri dell’alpinismo e personaggi illustri, come i reali del Belgio e Enrico Fermi.

      L’hotel è adornato dall’affresco “San Cristoforo con Bambino”, uno dei più antichi della Valle (1687) ed un grande crocifisso in legno con ai piedi due santi.

      All’interno l’albergo ha molti arredi d’epoca, stufe e dipinti antichi.

      La sala da pranzo è stata addobbata a sinistra e a destra da 2 affreschi del 1901 del pittore locale Franzeleto Bernard  “Allegoria del bere e del mangiare”.     

      Nei soffitti dei piani superiori incorniciati a stucco ci sono gli affreschi  “Madonna immacolata”.

      Adesso l’Albergo “Rizzi” è governato dalla giovane imprenditrice Veronika Rizzi, ma la storia dell’edificio nasce nel Seicento…

      In quel periodo l’edificio apparteneva alla famiglia Bernard, poi passò ai de Mauriz di Vigo e nel Settecento ai Nicolauf detti de Salin di Campitello.

      La storia dell’edificio è collegata con il nome di Antonio Rizzi (1776-1848), una delle figure più importanti nella storia dell’Ottocento in Valle di Fassa.

      Nel 1808-09 Antonio Rizzi costruisce a Vigo di Fassa l’osteria “Corona d’oro”. Nel 1828 compra all’asta l’osteria de Salin di Pera (Albergo “Rizzi”), per il suo figlio maggiore. Solo nel 1834 Giovanni Battista Rizzi apre l’osteria.

      Nell’Ottocento la Valle di Fassa attirava l’attenzione di molti naturalisti, mineralogisti, geologi e botanici che trovavano alloggi nei primi alberghi.

      La Valle di Fassa è collegata con il nome del famoso geologo tedesco, studioso di vulcanesimo e dei fossili, Christian Leopold von Buch (1774-1853) che considerava la valle la chiave di lettura per la geologia alpina”. …

      Leggere tutto l’articolo: 06.06.2016_Le Dolomiti Atolli Fossili 25 pp


    38. Ecologia dei ghiacciai (o 3 punti di appoggio)

      Himalaya, Ama Dablam, autunno 1956 e 01.11.2007, foto NASA

           Contenuto

      1. Centro delle Biorisorse dell’Accademica delle Scienze di Bielorussia, Minsk

      2. Minsk – centro culturale e spirituale europeo

      3. Il diario di una alpinista

      4. Ecologia dei ghiacciai

         4.1. Inquinamento in alta quota. La spedizione di Greenpeace suighiacciai, maggio-giugno2015      

               4.1.1. Inquinamento da perflorurati(PFC)

               4.1.2. Inquinamentodei ghiacci da microplastica

         4.2.Analisi comparativa della NASA e WWF sullo stato di scioglimento dei ghiacciai e dei ghiacci durante gli ultimi 120 anni

               4.2.1.La retrospettiva dello scioglimento dei ghiacciai sul pianeta

               4.2.2. La perdita di diversità biologica

               4.2.3. Il livello globale del mare

      5. Tre punti di appoggio

      Bibliografia

      Centro delle Biorisorse dell’Accademica delle Scienze di Bielorussia, Minsk

      La mia permanenza di 1 settimana a Minsk stava per concludersi.

      Il giugno di quest anno era caldo ma senza l’afa che toglie il fiato, e sono riuscita a completare tutto quello che ho pianificato per questo viaggio.

      Il piano era vasto ed ero costretta a correre dalla mattina alla tarda sera.

      Arrivavo a casa verso le 10 di sera, camminando appena dalla stanchezza, bevevo il tè con mia madre e subito a dormire.

      Mi svegliavo alle 6. Che coincidenza, quest anno l’amministrazione del condominio ha staccato l’acqua calda per la riparazione stagionale e scaldare l’acqua al mattino allungava il tempo di preparazione. Finalmente, sono pronta ad uscire, bevo il tè con la mia anziana madre e di nuovo di corsa.

      Il sistema dei trasporti a Minsk funziona bene e dove non ti porta la metropolitana, si arriva con un piccolo taxi che può caricare fino a 10 persone.

      Prendo il taxi e mi muovo verso l’Accademia delle Scienze, dove ho già fissato l’incontro con la collega dell’Istituto di Idroecologia e di Ichtiologia di Erevan (IHEI) del Centro Scientifico di Zoologia e di Idroecologia di Armenia.

      Evelina è arrivata ieri. Passo a prenderla all’albergo “Akademiceskaya”,di fronte al Giardino Botanico. Apro la porta della stanza dove alloggia. Quando non vedi per tanto tempo gli amici, al primo incontro segue una lunga pausa, gli occhi guardano negli occhi. Leggo nei grandi occhi neri orientali della mia amica armena tante emozioni. Ci abbracciamo. La prima domanda, quanti anni che non ci vediamo. Sembra, 26 anni. L’ultima volta ci siamo viste a Minsk prima di discutere la mia Ph.D.

      E adesso davanti a me c’è una rispettosa donna armena vestita in un elegante tubino nero con il colletto bianco. Adesso Evelina è il Direttore dell’Istituto.

      Ricordiamo velocemente i tempi passati insieme in una provinciale città Beloozersk, che si trova a sud  ovest di Bielorussia. Facevo gli esperimenti per studiare la biologia e fisiologia dei bryozoi che abitano nel bacino riscaldato della Centrale Idroelettrica di Beloozersk, Evelina in questo bacino studiava i molluschi.

      Durante il funzionamento del sistema socialista il nostro Istituto di Zoologia dell’Accademia delle Scienze di Bielorussia aveva stretti contatti scientifici con tutte le strutture simili dell’URSS. Nei tempi di «perestrojka» i rapporti si sono sciolti, a causa della distruzione di tutto il sistema. Dopo oltre 20 anni la collaborazione si sta di nuovo aggiustando. Nei tempi migliori il nostro laboratorio ha sviluppato una metodica di coltivazione industriale degli astici d’acqua dolce ed Evelina è arrivata ad imparare questa metodica.

      Parlando delle nostre novità, siamo arrivate allIstituto di Zoologiache adesso si chiama il Centro delle Biorisorse di Bielorussia. Saliamo al 1mo piano, giriamo a sinistra indirizzandoci verso l’ head office del nostro prima grande e affiatato laboratorio che contava 25 persone. Chi non c’è più, chi lavora negli altri continenti. Apriamo la porta, segue un’altra pausa – sono gli occhi di Liubasha e Tania.

      Liuba e Tania sono ricercatori principali. Io non li ho visti per 1 anno, Evelina per molto di più.

      Ci abbracciamo, prepariamo un vero caffè arabica, come nei tempi buoni di prima.

      Lascio Evik a parlare con le colleghe e vado a scoprire cosa è accaduto di nuovo nell’Istituto durante 1 anno di mia assenza.

      Nell’edificio ci sono 5 piani. Prima non mi sono mai chiesta quando e da chi è stato progettato e costruito il palazzo. Adesso, da quando si possono vedere nell’internet tutte le città e anche i palazzi dal satellite nel formato 3D, ho scoperto che l’edificio è stato costruito nella forma di trapezio a lettera «П», con il cortile aperto dalla parte retro. L’architettura assomiglia un po’ ai palazzi in stile ampir, con elementi barocco, costruiti dagli architetti Hittorf e Rohault de Fleury nel 19° secolo, nel 8° distretto in centro del quartiere diplomatico a Parigi. I palazzi circondano la Place d’Etoille guardando con le facciate verso l’Arc de Triomphe. L’edificio dell’Istituto è stato progettato in stile classico e si distingue dai palazzi francesi dall’assenza della scala a due rampe e la balaustra in marmo, la porta principale d’entrata dell’Istituto guarda verso una piazza con una grande aiuola verde.

      Nell’edificio non c’è ascensore e si sale ai piani attraverso una imponente scala a due rampe. Salgo velocissima sulle scale, come quando ero la responsabile dello sport e portavo i colleghi dell’Istituto in piscina a nuotare. Entro nei diversi laboratori che prima formavano un nostro unico grande gruppo. Nell’edificio si sente l’odore dei muri da poco pitturati. Nei corridoi c’è tanta luce ed è molto pulito, ma si vede poca gente.

      Nei tempi migliori eravamo circa 150.

      Entro in una piccola stanza che prima era occupata dal capo dell’approvvigionamento dei materiali ed attrezzature, il Sig.Logojko. Era un uomo grosso, buono e furbo che fumava sempre e con il quale tutti tenevano un buon rapporto.

      Adesso in questa stanza si trova un piccolo Museo Oceanologico.

      Yura Giginyak,il partecipante di tante spedizioni in Antartide e mio primo maestro di Idrobiologia, mi abbraccia, come un uccellino che ormai arriva di rado con le visite, e comincia raccontare i suoi ultimi successi antartici.

      Leggere tutto l’articolo: 10.02.2016-Ecologia dei ghiacciai_IT_63pp

      Dr.Tatiana Mikhaevitch

      Ph.D. in Ecology

      Academy of Sciences of Belarus

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    39. Le conseguenze della catastrofe di Chernobyl sulla scala globale

      FotookTania La Palestra

      Spesso passano mesi senza voler scrivere…

      Ma il pensiero va e il cervello elabora, paragona, analizza…

      Cosi possono passare settimane, mesi finche un giorno preciso arriva un “trigger”, si trovano le associazioni, si costruisce il tessuto letterario e, non si sa il perché, arrivano anche le memorie dal passato.

       Passato, presente, futuro.

      In queste tre dimensioni il pensiero viaggia sempre, finché un giorno si costruisce un racconto. Ma sempre sullo stesso argomento. Solo in un’ottica diversa…

      Contenuto

      1.La Palestra 

      2.La contaminazione radioattiva del globo dopo la catastrofe di Chernobyl

      3.Stima dell’emissione primaria del fallout radioattivo

      4.Le conseguenze ecologiche della contaminazione in Europa

      5.Le conseguenze sulla salute umana in Europa:

      morbilità, peggioramento di salute, disabilità, accelerazione di invecchiamento, aberrazioni del DNA,

      mutazioni genetiche, sindrome di Down, problemi al sistema nervoso,

      malattie e morbilità oncologiche, cancro della tiroide,

      leucemia e mortalità infantile,

      aumento degli aborti spontanei dopo Chernobyl

      6.Le conseguenze della catastrofe sull’ambiente in Europa:

      l’aria, i sistemi acquatici, il suolo

      6.1.L’impatto sulla FLORA: radiomorfosi, cambiamenti genetici

      6.2.L’impatto sulla FAUNA:

      6.2.1.Gli ungulati e i roditori

      6.2.2.Gli uccelli

      6.2.3.Le mucche

      6.2.4.I pesci

      6.2.5.Il miele e il plankton

      6.2.6.Le anomalie di riproduzione

      6.2.7.Cambiamenti genetici, morfologici ed ematologici

      7.L’impatto della radioattività sulla biota di microorganismi

      8.La contaminazione delle derrate alimentari in Europa dopo il fallout

      9.Il monitoraggio dei radionuclidi incorporati nel corpo

      10.La rimozione dei radionuclidi assorbiti dal corpo

      11.Radioprotezione. Misure per ogni giorno

      12.Le conseguenze della catastrofe su scala globale

      13.Il ri-fallout radioattivo a causa degli incendi nella zona di Chernobyl

      14.La densità di popolazione intorno alle centrali nucleari in Europa  

      15.L’Atlante della contaminazione in Europa da fallout di Chernobyl:

      le rilevazioni in Francia e in Italia

      16.La contaminazione residua da radionuclidi delle derrate alimentari in Europa

             Leggere tutto l’articolo: 10.01.2016_La palestra_IT_87 pp


    40. Il restauro dell Organo

      FotookTania Il 15 settembre, l’ultimo giorno della vacanza di 1 settimana è stato passato in macchina – 160 km andata e 160 indietro – a Torino – per prendere e portare a N. la suora Santina e la sua collega. Siamo partiti alle 8.30 e dopo 2 ore eravamo già a Torino. 10 minuti per passare tra le bancarelle del mercato marocchino e finalmente siamo a Cottolengo. Le suore sono già pronte – le piccole borse da viaggio sono chiuse e aspettano sul tavolo per essere caricate in macchina. Ci abbracciamo all’incontro, facciamo le domande veloci “come va” – sono passati sei mesi dal nostro ultimo incontro. Saliamo al 2do piano per bere il caffe – nella mensa è già tutto pronto per il pranzo dei preti. Sui tavoli messi a carré ci sono le posate per circa 40 persone. Bevo il caffè e come sempre velocemente guardo cosa c’è da leggere, prendo qualcosa. Le suore, conoscendo già la mia abitudine di leggere, mi propongono alcune riviste. Si vede la loro impazienza – anche loro hanno le vacanze, anche se brevi, solo una settimana, carichiamo le borse in macchina e partiamo.
      La suora Santina è la sorella del patrigno di mio marito, Walter. Ha 84 anni.

      Da quando la conosco, sono già più di 15 anni, lei non cambia. Piccola di statura, indossa l’abito nero delle suore, sul petto ha una croce grande. Sotto un cappellino nero si vedono i capelli grigi accuratamente sistemati. Dietro gli occhiali ci sono occhi grandi, neri e sempre un po’ sorpresi, con sguardo buono. Qualche volta Santina mi sembra ricordare una piccola bambina che semplicemente ha tanti anni. Ogni volta al nostro arrivo lei ci regala qualcosa fatto con le sue mani – o un pizzo centrotavola, o piccole presine fatte all’ uncinetto. Questa volta abbiamo ricevuto in regalo delle piccole presine e abbiamo deciso di tenerle per la nostra nuova casa.
      Per leggere tutto l’articolo: 05.01.2015_Restauro dell Organo_ IT_26 pp


    41. Ciao Plumatella o Bryozoan Reef and Coral Reef

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      BryozoaCORALLIUM RUBRUM

      Colonia dei Briozoi Plumatella fungosa               Colonia del Corallo Corallium rubrum

      FotookTania

      Contenuto:

      1.Bryozoa. Non sono Delfini, Stelle o Ricci marini… Ma sono molto simili ai Coralli.

      2.Il Phylum Bryozoa. Lo sviluppo massiccio delle colonie dei Briozoi nelle acque riscaldate della Centrale  Idroelettrica di Beloozersk, Bielorussia. Dieta dei Briozoi, “Impacchettatori” delle alghe blu-verdi.

      3.Briozoi nella Repubblica Bielorussia.

      4.Crescita e respirazione dei Briozoi. “Sbiancamento” del Bryozoan Reef a temperature oltre  33ºC.                                  

      5.Riproduzione dei Briozoi. Statoblasti – “navi extratterrestri” e formazioni criptobiotiche. Coltivazione dei Briozoi in laboratorio.

      6.Struttura di popolazione delle colonie dei Briozoi durante l’anno nel sistema della Centrale Idroelettrica di Beloozersk.

      7.Il flusso di materia e di energia nella catena di cianobatteri –sedimentatori – microfagi.                                                                        

      8.Il problema di biofouling. Danni dei Briozoi ai sistemi di approvvigionamento dell’acqua. Briozoi – indicatori di qualità delleacque ed accumulatori dei metalli pesanti.

      9.Bryozoan Reef – “tappeti – filtratori” e meraviglioso Micromondo di Biodiversità. Ruolo pratico dei Briozoi e barriere artificiali.

      10.Coral Reef – “tappeti – filtratori” e meraviglioso Micromondo di Biodiversità. Specie in estinzione. Allarme mondiale.

      11.CONCLUSIONE. Inno ai Briozoi e ai suoi “associati”

      1.     Briozoi. Non sono Delfini, Stelle o Ricci marini… Ma sono molto simili ai Coralli.

      Ho aperto la mia dissertazione, Ph.D. in Idrobiologia, 173 pagine con la bibliografia, diventate gialle dopo 25 anni…5 anni di lavoro in laboratorio e sul campo, esperimenti, grafici, calcoli, bibliografia…

      Dopo la scuola per un periodo di 17 anni ho fatto l’università, poi Ph.D., uno dei più alti titoli della Russia, che attesta il livello di istruzione, e in questo tratto temporale ho avuto anche un figlio. Poi gli anni bui della “perestrojka”, non solo, per la maggiore parte il “nero” era dovuto al disastro di Chernobyl. Il passaggio disastroso dal “sovietismo” al “capitalismo”. Ma chi ha detto che il 2do era meglio del 1mo?

      Poi, nel 1997, – il mio passaggio nel “capitalismo”. Ho portato con me tutto quello che ho scritto, pubblicato fino a quel momento, pure la collezione. Tanti piani. Speravo che l’Ecologia  potesse davvero interessare l’Italia, soprattutto dopo il disastro di Chernobyl… Esperienza disastrosa. 18 anni di sopravvivenza. Si potrebbe scrivere il Manuale di Distruzione. Il motto principale dell’ultimo tratto di 18 anni: “Che cos’è l’Ecologia? Si può spalmare sul pezzo di pane e mangiare?” No. Non si può spalmare. Ma anche nel “periodo sovietico” non si poteva spalmare….   A questo punto mi viene il dubbio sulla superiorità del capitalismo sul socialismo. Arroganza di un sistema che privatizza tutto quello sul quale si può fare soldi, senza pensare alle conseguenze quali i rifiuti, l’inquinamento, lo sfruttamento dei beni comuni come l’acqua, il suolo, l’aria, che non hanno un padrone… Mercatizzando spesso  le tecnologie che hanno impatto distruttivo sull’ambiente, come il nucleare, OGM, pesticidi ecc.

      Sto leggendo gli scritti di G.Nebbia di storia dell’ambiente, uno dei più grandi in Italia in campo ecologico, di formazione chimica. E pensare che il profeta del solare ancora più di 100 fa era il chimico Giacomo Ciamician, di origine armena, e prima di lui il fisico italiano Antonio Pacinotti che nel 1863 aveva pubblicato le sue osservazioni sull’effetto fotovoltaico e termoelettrico in cui suggerì l’applicazione per la produzione di elettricità dal Sole. Invece il mondo si è imbattuto nell’energia nucleare.

      Nel 1983 l’Istituto di Zoologia dell’Accademia delle Scienze di Bielorussia dove lavoravo mi ha proposto 2 temi per il Ph.D: “L’influenza dei radionuclidi della Centrale Nucleare di Ignalina sulla fauna di invertebrati” e “La caratteristica energetica ed ecologica dei Briozoi nel bacino della Centrale Idroelettrica a Beloozersk”. Non solo perché ero vicino al villaggio dove ancora viveva la mia vecchia nonna, ma anche perché non volevo occuparmi di una fonte cosi pericolosa come l’energia nucleare, avendo prima letto la letteratura di base, ho scelto il 2do tema. Avrei scelto anche adesso questa direzione.

      Il Phylum Bryozoa era studiato pochissimo. Non avendo tante applicazioni pratiche e non essendo un gruppo di animali di importanza strategica, ho dovuto inventare interesse e scavare in profondità. I Briozoi non erano delfini, stelle o ricci marini.

      Ma ho scoperto che erano molto simili ai coralli…

      Briozoi sono per la maggior parte organismi marini e ci sono pochi studiosi che si occupano di questi animali coloniali. Dovevo occuparmi dei Briozoi di acqua dolce. Mi sono iscritta all’Associazione Internazionale dei Briozoologi (IBA) e ho conosciuto il gruppo di scienziati che studiava i Briozoi marini a Mosca, all’Istituto Paleontologico. Alla fine mi sono innamorata di questi animali e ho scoperto tanta somiglianza con i coralli. Il Ph.D. era il mio libro bianco che dovevo scrivere curando il mio Reef personale.

       Il 27 maggio 2015, l’Associazione dei Briozoologi IBA ha festeggiato 50 anni dalla sua fondazione, a Stoccolma nel 1965. In occasione di questo evento, tutti i 250 membri attuali dell’Associazione hanno ricevuto gli auguri dal Presidente, con il logo di Golden Lophophore, simbolo dell’Associazione IBA.

      Per leggere tutto l’articolo: 09.08.2015_Ciao Plumatella o Bryozoa Reef_Coral Reef_IT_43 pp


    42. Il Leopardo Pantera pardus orientalis, specie in estinzione. Il Parco Nazionale della Russia “La Terra del Leopardo”, a 3 anni dalla fondazione.

      «Nella natura tutto pensato ed organizzato in modo saggio, ognuno deve fare il suo mestiere, e in questa saggezza – la giustizia suprema della vita.»  Leonardo da Vinci                                                                                            

      Leopardo foto G.Jusin.jpg

      Foto di Gennadij Jusin “Preserviamo il leopardo insieme!”

      FotookTania  Contenuto:

      1. Il gatto selvatico di rara bellezza è in estinzione
      2. Biologia del leopardo Pantera pardus orientalis Schlegel, 1857
      3. Fondazione del Parco Nazionale della Russia «La Terra del Leopardo»
      4. FOTOMONITORAGGIO
      5. VIDEOMONITORAGGIOprogetto unico
      6. Sistema dei «Passaporti» per i leopardi. «Preserviamo il leopardo insieme!»
      7. Censimento dei cuccioli di leopardo sulla Terra di Leopardo
      8. Sulle impronte del Gatti Selvaggi. Il censimento dello Stato della tigre e del leopardo
      9. Monitoraggio genetico
      10. Collaborazione transfrontaliera. Il salvataggio degli sterminati
      11. Rischio di malattia del leopardo dell’Estremo Oriente
      12. BRACCONAGGIO
      13. Lavoro scientifico e collaborazione internazionale
      14. Dottrina Ecologica della Russia. Rotta verso 2025. Progetto «Territori Naturali della Russia sotto la Protezione Speciale» (ООPTR) e strategia di conservazione del leopardo dell’Estremo Oriente
      15. Parco Nazionale «La Terra del Leopardo» tra interessi scientifici, tutela dell’ambiente e del turismo
      16. Film sui leopardi, unico reality-show selvatico. «Famiglia a macchie», la reale storia della famiglia del leopardo.
      17. INDOTTRINAMENTO ECOLOGICO                                                                                                                                            17.1. «Un giorno della vita del leopardo dell’Estremo Oriente»                                                                                            17.2.  Il volontariato «TUA IMPRONTA»                                                                                                                                    
      18. Buon Compleanno, “Terra del Leopardo!”                                                                                                            

       

      1.   Il gatto selvatico di rara bellezza è in estinzione

      Alla fine di febbraio ho letto la notizia sul censimento del leopardo dell’Amur che abita nell’Estremo Oriente della Russia. Dal censimento risultava che la popolazione ha raggiunto 57 leopardi. Ho pensato: siamo abituati a suonare le campane quando è già quasi tardi… Solo 57 animali… Ho sfogliato le foto pubblicate. Ho letto tutto l’articolo e poi di nuovo ho rivisto le foto.

      Questo animale mi ha impressionato. Magico ed affascinante felino.

      Adoro i gatti e ne ho 2 in casa – uno nero, maschio grosso di 7 anni e una terribile, piccola femmina di 12 che lo tiene sempre in riga. Abbiamo preso la gatta in un gattile. Aveva 6 mesi, è stata abbandonata d’inverno in un cimitero…

      Sono dovuti non meno di 5 anni per cominciare a fidarsi di noi. Non si fidava di nessuno. Ci dispiaceva che la gatta stesse in casa da sola e gli abbiamo preso un gattino. Per fare compagnia. E’ arrivato uno scricciolo nero di 1 mese. 3 giorni di soffiate e dimostrazioni. Poi dopo lo ha cominciato a leccare e fare da mamma. Lo scricciolo è cresciuto e diventato un bel gattone di 8 chili. Lei è rimasta di 3 chili, ma malgrado le dimensioni comanda sempre lei.

      Adesso sappiamo leggere i loro affetti verso di noi, ringraziamenti, richieste di giocare, mangiare, fare le passeggiate. Sembra che ci capiamo solo di sguardi e movimenti. Sono animali di totale autonomia, hanno bisogno solo da mangiare perché sono domestici. Poi arriva il “ringraziamento” felino: passando vicino, toccano con la coda la gamba – questo è il loro “Grazie per la cena!”.

      Sono socievoli e diplomatici. Conoscono tutti i membri della famiglia, amici e quando in casa c’è più gente, devono assolutamente dimostrare il loro affetto in modo diplomatico. Quando arriviamo a casa, la prima cosa che facciamo – li salutiamo. Sentono la macchina da lontano e sono già sotto la porta, 4 zampe per due, 4 occhi che ti guardano e chiedono: “Come andata la giornata? Sei felice?”.

      Dopo la cena si mettono vicino, lei sulle gambe, lui sul divano, ad una strategica distanza l’uno dall’altro, ma tutte e due vicino a noi. E noi cominciamo ad accarezzare questi morbidi peluche, subito partono le fusa – è la sintonia domestica.

      Appunto, domestica. Sappiamo che la vita di un leopardo in natura è molto difficile: procurare il cibo, cacciare i nemici, anche quelli a 2 gambe…Com’è possibile che un animale cosi bello è stato ridotto a soli 57 esemplari?

      Guardavo le foto del leopardo e mi veniva voglia di accarezzare il suo bellissimo mantello, toccare le sue grosse zampe. Gli occhi sembravano quelli dei miei gatti: curiosi, prudenti, intelligenti. Sembrava un gatto, come il mio gatto più grande, solo che questo gatto era più grande di 10 volte. E’ un felino di rara bellezza estetica, animale nobile, forte, glorioso. Nel 2011 le campane suonavano la sua quasi totale sparizione nella regione Primorski nell’Estremo Oriente della Russia. Sparizione dovuta a noi, Genere Umano. E’ giunta l’ora che il Genere Umano si mostra nobile e aiuta a salvare il suo fratello minore, il Leopardo dell’Amur.

      Leggi tutto l’articolo: 30.05.2015_TERRA DEL LEOPARDO IT 41 pp


    43. Basi militari in Italia

      Il Tempio di Zeus Agrigento Sicilia

      Il Tempio di Zeus, la Valle dei Templi, Agrigento, Sicilia

      FotookTania

      1. Regione Friuli Venezia Giulia
      1.1. Base militare di Aviano
      1.2. Poligono militare “Cellina-Meduna”
      2. Sardegna, l’isola più militarizzata d’Europa
      2.1. Poligono di Quirra
      2.2. Base TEULADA – aeroporto DECIMOMANNU – il Poligono CAPO FRASCA
      2.3. Vittime militari
      La Sindrome Balcani-Quirra nel Poligono Interforze Salto di Quirra (P.I.S.Q.)
      2.4. Polo industriale Cagliari – Sarroch – Pula – Teulada
      2.5. Base a Santo Stefano sull’isola dell’Arcipelago della Maddalena, Cronistoria di un crimine: 1972-2008
      3. Sicilia
      3.1. Base militare di Sigonella, “Triangolo della morte” Lentini – Carlentini – Francofonte, provincia di Siracusa.
      3.2. Poligono di tiro Drasy o Riserva Naturale Punta Bianca?
      4. Porti navali in Italia dove vengono ospitati unità navali a propulsione nucleare.
      4.1. Polo Augusta-Melilli-Priolo
      5. SICUREZZA DEI PORTI
      6. Impatto delle basi e servitù militari sui sistemi naturali e salute.

      Il Paradiso è in vendita…
      Costa solo 50’000 euro…
      Sardegna… Terra fino a 60 anni fa incantata: mare di colore turchese, acqua limpidissima, terra da pascolo…
      60 anni fa, dal 1 luglio 1956, francesi, svizzeri, russi, tedeschi, israeliani, cinesi, libici e altri ancora hanno scelto questo luogo, 12’700 ettari di terreno messo “gentilmente” a disposizione di chi voglia sperimentare “armi nuove”.
      E’ il Poligono Interforze di Salto di Quirra. Armi che disperdono nell’aria elementi tossici e nano-particelle poi assorbite dai terreni del pascolo.
      Il Poligono che ha diffuso, diffonde e diffonderà ancora morte fra gli abitanti di una costa meravigliosa e fino a pochi decenni fa totalmente incontaminata.
      Il costo di una singola sessione di test si aggira intorno ai 50’000 euro.
      Un paradiso terrestre ferito, violentato dall’idiozia umana.
      Se ne parla in Materia Oscura, il documentario di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti presentato al Festival di Berlino nel 2013.
      L’unica voce narrante del film è quella rubata a una radio che svela il ritrovamento di “veleni” radioattivi nelle ossa dei pastori sardi disseppelliti un paio d’anni fa.
      Anche il paradiso è in vendita.
      E la Materia Oscura forse è qualcosa che sta dentro di certi uomini. (1).

      Ci sono circa 113, le basi militari in Italia, solo quelle conosciute.

      Per leggere tutto l’articolo: 16.01.2015 POLIGONI ITALIA IT_65 pp.


    44. Tallinn, Parco Kadriorg e l’inquinamento dell’ambiente in Estonia nel passato

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      1. Tallinn, Parco Kadriorg
      2. Museo Etnografico di Tallinn LA ROCCA AL MARE
      3. Parchi nazionali in Estonia
      4. Inquinamento dell’ambiente in Estonia nel passato
      4.1. Sillamae Metal and Chemical Production Plant (Silmet).
      4.2. Ex base militare a Paldiski
      4.3. Deposito delle scorie a Tammiku e Saku, l’impianto di Dvigatel.
      4.4. Trasporto illegale del materiale radioattivo.
      5. Piano Nazionale per la tutela dell’Ambiente in Estonia

      1. Tallinn, Parco Kadriorg
      Questa estate 2014 ho visitato i paesi Baltici, partendo dalla mia patria, Minsk, per Vilnius, Riga e Tallinn. Durante gli spostamenti in treno o in bus, lungo il viaggio cercavo di ricordare quando sono stata in queste città l’ultima volta. A Minsk – 7 anni fa, a Vilnius e Riga – molto prima e parecchie volte, per partecipare alle conferenze scientifiche o per passare un weekend.
      Tallinn è stata la mia prima città estera, dove sono andata da sola, in treno, a 15 anni. I miei genitori mi hanno accompagnato alla stazione la sera e al mattino ero alla stazione di Tallinn,dove mi venne a prendere l’amico di mia madre con la famiglia.
      L’Estonia per noi bielorussi era come se fosse l’estero: tante chiese, molto diverse da quelle ortodosse, con altissimi campanili, e nelle chiese usavano altissimi candelabri con le candele aromatizzate. Il compagno di scuola di mia madre in Siberia faceva il capitano di una nave di lunga corsa. Sua figlia aveva 1 anno piu’ di me, abbiamo fatto subito amicizia e lei mi portava dappertutto per vedere la città alta e la città bassa. Una volta siamo andati a vedere il film, vietato agli adolescenti minori di 16 anni – era il “Fanfan la Tulipe”, con Gina Lollobridgida … Poi l’amico di mia madre mi ha fatto visitare la sua enorme nave di 300 metri. La cosa che mi ha toccato di più a Tallinn – è il rispetto dei cittadini per la natura e i parchi. Andavamo nel Parco Kadriorg a divertirci con gli scoiattoli – erano tantissimi nel parco e non avevano paura delle persone: salivano sulla mano e preferivano cioccolatini alle caramelle.
      Quindi, arrivati a Tallinn tantissimi anni dopo il mio primo viaggio, una volta visti la città, le chiese e i musei, siamo andati al Parco Kadriorg.

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    45. Accademico L.M.Sushenya, noto ecologo di Bielorussia e forza dell’unità scientifica

      L M Sushenya L’11 novembre 2014 Leonid Mikhailovitch Sushenya ha compiuto 85 anni.

      Noto zoologo bielorusso, idrobiologo, Accademico dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Bielorussia dal 1980, 10 mo Presidente dell’Accademia delle Scienze di Bielorussia dal 1992 al 1997, Accademico dell’Accademia delle Scienze dell’URSS dal 1990, Accademico dell’Accademia della Federazione Russa dal 1991, Dottore in Scienze Biologiche, Professore e persona benemerita del mondo scientifico della Bielorussia, membro straniero dell’Accademia delle Scienze della Polonia dal 1994, dell’Accademia delle Scienze della Lituania dal 1995.

      Ho lavorato all’Istituto di Zoologia dell’Accademia delle Scienze di Bielorussia sotto la direzione del Leonid Mikhailovitch Sushenya 22 anni, dal 1975 al 1997, e sono cresciuta da semplice laboratorista al titolo di candidato in scienze biologiche.

      Leonid Mikhailovitch Sushenya è nato in Bielorussia dell’ovest in un piccolo khutor. La sua famiglia aveva 8 bambini. I genitori possedevano un terreno di 4 ettari, un cavallo, una mucca, api… A 5 anni il figlio maggiore aiutava già i genitori.

      «Spesso mio padre mi metteva sul cavallo, mi dava le briglie e io pasturavo le mucche nel pascolo a tre chilometri da casa. Mi davano una bottiglia di latte, un pezzo di pane di segale. La mia grande preoccupazione era tornare a casa – perché non sapevo come salire sul cavallo. Salire da solo non potevo, per questo tutto il giorno pascolando le mucche raccoglievo l’erba più buona per il cavallo. Prima di tornare a casa, mettevo tutta l’erba davanti al cavallo ed aspettavo che cominciasse a mangiare. Cosi piano piano mi avvicinavo a lei, mi aggrappavo alla criniera e lei, alzando la testa, mi sollevava sulla sua schiena. Questa acrobazia non mi riusciva subito e i tentativi si ripetevano, spesso fino a piangere. Per questo raccoglievo un pò di mazzi di cibo e, alla fine, salivo sul cavallo. Non toglievo il morso al momento dell’arrivo e facevo un nodo alle redini. Il cavallo si guidava facilmente e imbrancava le mucche insieme velocemente. Si poteva andare a casa.» (1)

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    46. Dimenticare significa tradire.

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       Episodio 1.  Аgosto 1973

      Episodio 2.  12 anni. 1968

      Episodio 3.  Scuola № 63

      Episodio 4.  Villaggio dei nonni.

      Episodio 5.  Penisola Crimea, Miskhor-Кoreis.

      Episodio 6.  Televisione.

      Episodio 7.  Malattia della madre e dimissioni dal lavoro.

      Episodio 8.  Esami all’Università.

      Episodio 9.  Ricerche di lavoro.

      Episodio 10. LEEVG.

      Episodio 11. Dacia.

      Episodio 12. Tallinn.

      Episodio 13. Мadre.

      Episodio 14. Pratica №.

      Episodio 15. «Eredità pericolosa».

      Episodio 16. Lettera a Putin.

      Episodio 17. Kuropaty, 1937. 77 anni dopo.

      Episodio 18. Riabilitazione.

      Episodio 1. Аgosto 1973

      Аgosto 1973. L’aula con vista sulla piazza di Lenin. Dalla finestra si vede il Palazzo del Governo e la Chiesa. Sto facendo gli esami alla facoltà di biologia dell’Università di Minsk. Primo esame – il tema. L’argomento – scrivere sulla guerra. Scrivo sulla vita del poeta Musa Cälill’, appunti dalla prigione tedesca, dai Quaderni di Moabit, consegnata tramite gli amici in patria, prima di essere ucciso. Scrivendo il tema, sto citando qualche pezzo delle sue poesie. Una delle poesie narra dell’uomo che sta finendo la sua vita in prigione, è un grido del poeta che urla dalla prigione delle sue due piccole figlie, grido pieno di amore e di dolore per il loro destino…

      Ottengo «5», «ottimo», voto più alto.

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    47. 2 anni dopo. Astronauta Paolo Nespoli é tornato in Italia. Con un libro.

      Puntare in alto…

      1. 15.03.2014, Cucciago, incontro con astronauta Paolo Nespoli.

      2. ISS e difesa dell’ambiente. Missione COPERNICUS.

      3. Identificazione dei siti in Europa potenzialmente contaminati.

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      1. 15.03.2014, Cucciago, incontro con astronauta Paolo Nespoli.

      Sabato 15 marzo 2014… dopo 2 anni dal primo incontro, ho avuto l’occasione di sentire un’altra volta l’astronauta Paolo Nespoli nella città dove abito, Cantu’, frazione Cucciago. Non capita spesso che in una piccola città di 35 mila abitanti circa arrivi una stella di dimensione cosmica, come Nespoli. Sarà per le sue origini italiane, visto che è nato e vissuto a Verano Brianza, a 10 km da Cantu’.

      Ho cancellato tutti i miei impegni e alle 15, 1 ora prima dell’inizio, eravamo in oratorio al centro culturale “Luigi Padovese”, prendendo i posti in prima fila.

      2 anni fa, a Legnano, nel maggio del 2012, era trascorso 1 anno dal suo rientro dallo spazio, dall’ultima missione ISS No 27.

      Questa volta è arrivato con un libro: Dall’alto i problemi sembrano piu’ piccoli. Lezioni di vita imparate dallo spazio”. Abbiamo preso il libro e stavamo aspettando l’astronauta. Paolo è arrivato 15 minuti prima ed è subito stato assalito dalla gente che chiedeva un autografo. Anch’io mi sono messa in fila e ho ottenuto una scritta: “Tania, punta in alto! Paolo Nespoli”.  Continue reading  Post ID 2634


    48. XX Congresso della Società Nazionale di Ecologia (S.I.T.E.), 27-30 settembre 2010, Roma

      XX Congresso Nazionale della  Società  Italiana di Ecologia, Roma, 27-30 settembre 2010.      

      DSC_0022A       
      Dal 27 al 30 settembre 2010 si sono riuniti all’Università Sapienza di Roma,  in occasione del XX Congresso Nazionale della  Società  Italiana di Ecologia, più di 400 rappresentanti delle società:
      S.B.I. – Società Botanica Italiana
      U.Z.I. – Unione Zoologica Italiana
      S.I.B.M.- Società Italiana di Biologia Marina
      S.I.S.V. – Società Italiana Scienza della Vegetazione
      I.S.D.E. – International Society of Doctors  for the Environments.
      4  giorni di lavoro intenso del Congresso sono stati suddivisi in Sessioni Plenarie, con delle relazioni ad invito degli illustri professionisti:
      Stuart Pimm del Duke University, USA, “How much biodiversity will global change destroy?”;
      Rob H.G.Jongman, Alterra, Olanda, “Biodiversity and Global Vhange: GEO Bon and EBONE”;
      Alan G.Hildrew, Queen Many University of London, UK,  “Environment change: staring at Broadstone Stream for 40 years”;
      Robert Costanza, University of Vermont, USA, “Understanding, Modelling and Valuing Ecosystem services”;
      Nick Hewitt, Lancaster University, UK, “Trees and urban air quality”;
      Vincenzo Naso, Sapienza University of Rome, Italy, “Energy Sustainability: Closed cycles of resources and their application to energy systems”.

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    49. Il 27 mo anniversario della catastrofe nucleare di Chernobyl

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      2. 27 o anniversario “Catastrofe nucleare della centrale di

      Chernobyl”

      2.1. Catastrofe ambientale ed umana a livello planetario.

      Liquidatori. Eroi invisibili e dimenticati.

      Morte di un liquidatore o l’agonia della coscienza umana….

      Memorie della moglie del liquidatore.

      2.1.1. PROGETTO ARCO, 2° sarcofago. Problema del 1° sarcofago.

      Pericolo per il Mare Nero.

      2.1.2. “Turismo nucleare”.

      2.1.3. Problema di riapertura delle terre inquinate.

      2.2. Il destino radioattivo dell’ex Principato Bielorusso-Lituano.

      Il genocidio atomico del popolo bielorusso e il club atomico.

      2.2.1. Cenni storici

      2.2.2. Costruzione della centrale nucleare Visaginas in Lituania

      2.2.3. Costruzione della centrale nucleare ad Ostrovetz in Belarus.

      2.2.4. Posizione ufficiale di Belarus.

      2.2.5. Posizione dell’opposizione e della scienza.

      2.3. L’impatto sulla biodiversità, conseguenze sanitarie sulla

      popolazione, l’inquinamento della catena alimentare.

      2.3.1. L’impatto sulla biodiversità

      2.3.2. Conseguenze sanitarie sulla popolazione.

      2.3.3. Il movimento umanistico internazionale.

      2.4. Conseguenze sociali della catastrofe di Chernobyl, 1986.

      2.4.1. Il Capitalismo e il B.A.U.

      2.4.2. La disfatta del sistema sovietico.

      Bielorussia. Il destino di un popolo.

      Il destino di un laboratorio.

      Il destino di una scienziata.

      2.4.3. Dichiarazione di Assisi sulla Natura, 1986.

      2.5. CRIMINI CONTRO L’UMANITA’.

      APPELLO INTERNAZIONALE: Hiroshima, Chernobyl e Fukushima,

      crimini contro l’Umanità

      Il Rapporto dell’Associazione Friends of the Earth (FOE)

      dell’Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord

      2.6. I have a dream…

      2.7. La via dell’Ecologia. La via della Vita.

      Densità di popolazione in vicinanza alle centrali nucleari nei paesi

      europei

      Leggi tutto l’articolo: 015_29.09.2013 NPP CHERNOBYL 2013_112pp


    50. The Nuclear Gin. La via dell’ECOLOGIA.

      Posted on by admin

      “Da quando i frutti delle ricerche dell’uomo di scienza sono caduti nelle mani di coloro che detengono il potere politico, cui è affidato il destino della massa degli individui sempre più amorfa, va gradualmente profilandosi la minaccia dell’avvelenamento dell’atmosfera da parte della radioattività e, conseguentemente, della distruzione di qualsiasi forma di vita sulla terra. Allontanare questa minaccia è divenuto il problema più’ urgente del nostro tempo.”

      Albert Einstein, 1954

      “Se gli uomini di scienza si limitano ad accumulare sapere per sapere, senza umanità, la scienza può rimanere fiaccata per sempre e le nostre nuove macchine non saranno fonte che di nuovi triboli per l’uomo. E quando, con l’andar del tempo, avremo scoperto tutto lo scopribile, il nostro progresso non sarà che un inesorabile allontanamento dall’umanità …”

      Bertold Brecht, 1956

      “Nella mia vita niente piu’ terrificante dell’incidente di Fukushima è successo, a parte la Seconda Guerra Mondiale.”

      Setouchi Jakucho, monaca buddista e scrittrice giapponese di 90 anni

      “Ionkenistenha ohontsia enta onk en kie thi’hmhe”

      “La base della nostra unità è l’amore dei nostri bambini”.

      Nazione Mohawk dei nativi americani

      E’ curioso tornare con gli anni indietro cercando di ricordare cosa facevi mentre il mondo era già inquinato in pieno dalle sostanze radioattive… Se sapesse … Magari sarebbe stato meglio di non apparire in questo mondo? Sicuramente i miei genitori erano all’oscuro di quell’enorme quantità di inquinanti scaricata sull’umanità … In verità anch’io ero all’oscuro, finche non è esploso Chernobyl.

      1. La Via dell’Ecologia. Introduzione

      1.1. Anniversario nucleare, 1896-2013, 117 anni di incidenti

      1.2. LA CATASTROFE DI FUKUSHIMA

      1.3. LA CATASTROFE DI THREE MILES ISLAND IN PENNSYLVANIA, USA

      1.4. LA CATASTROFE NUCLEARE A CHERNOBYL, UCRAINA

      1.5. IL BOMBARDAMENTO DI HIROSHIMA E NAGASAKI

      1.6. Post-Referendum in Italia contro il nucleare, 12-13.06.2011 e reazione del mondo

      1.7. L’impatto sulla salute dello scarico degli isotopi radioattivi dalle centrali nucleari

      1.8. L’ACCORDO L’OMS/L’AIEA DEL 28.05.1959.

      MEMORANDUM PER RIVEDERE L’ACCORDO

      1.9. 11 Leggi Universali e 11 Leggi Spirituali del Cosmo

      1.10. Proteggere il creato. La Via dell’Ecologia

      Leggi tutto l’articolo: 014_10.03.2013_IT_The Nuclear Gin_39pp


    51. The Nuclear Gin. La catastrofe di Fukushima.

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                                                                                        Su carta bianca

                                                                                       il bimbo disegnò

                                                                                       una larga ellisse

                                                                     poi vi entrò dentro e iniziò

                                                                                      a giocare da solo

                                                                                           Kawano Yuko

      Contenuto

      1. Le memorie di Chernobyl

      2. Il disastro di Fukushima

      3. La contaminazione del suolo

      3.1. La contaminazione del terreno

      3.2. La contaminazione della catena alimentare

      3.3. La contaminazione dell’acqua potabile

      3.4. La contaminazione del mare

      3.5. La contaminazione degli animali marini

      4. Statistica degli incidenti nucleari

      5. Conseguenze dell’esplosione di Chernobyl

      5.1. 25 anni fa, il 26.04.1986

      5.2. Unità di misura di radioattività

      5.3. 25 anni dopo. Lo stato attuale

      5.4. Il Professore Bandazhevsky, esempio di rigore civile e onestà scientifica

      6. Scorie radioattive e bonifica dei territori

      7. Fallout Planetario

      7.1. Come è iniziato. L’Assemblea dell’OMS del 28.05.1959

      7.2. Il rapporto di Valery Legasov all’AIEA, 25.08.1986

      7.3. Conferenza di Ginevra, 1995

      7.4. Conferenza dell’OMS, 04-09.06.2001, Kiev, Ucraina

      7.5. Chernobyl Forum, 2005, Vienna

      7.6. Trattato Limited Test Ban (LTBT)

      8. Effetti di radioattività sulla biologia

      8.1. Le dosi, effetti sui materiali inorganici ed organici

      8.2. Tritio, salute umana e contaminazione delle falde acquifere

      8.3. Il Price-Anderson Act

      8.4. Tumori nelle zone adiacenti alle centrali

      8.5. Effetto della radioattività sulla fauna e flora

      8.6. Cesio 137 e il sistema riproduttivo femminile

      8.7. Cesio 137 e il sistema riproduttivo maschile

      8.8. Effetti mutageni del Cesio 137

      8.9. Patologia dello sviluppo umano in presenza del Cs 137

      8.10. Embriogenesi negli animali in presenza del Cs 137

      8.11. Interazioni nel sistema madre-feto in presenza del Cs 137

      9. Chi finanzia il nucleare

      10. Il Rinascimento Nucleare

      10.1 Il Rinascimento Nucleare in India

      10.2. Il Rinascimento Nucleare in Francia e in Finlandia

      10.3. Il Rinascimento Nucleare in Italia

      10.4. Il Rinascimento Nucleare in Russia

      10.5. Il Rinascimento Nucleare in Iran e in Arabia Saudia

      10.6. Il Rinascimento Nucleare negli USA

      11. L’opinione pubblica e governativa sul nucleare

      12. Il Referendum in Italia sul nucleare e l’acqua

      13. Lezioni di Chernobyl. Lezione di Fukushima

      14. Conclusione

      15. Bibliografia

       Leggi  tutto l’articolo: 008_08.06.2011_IT_The Nuclear Gin.PARTE 1_64pp


    52. STORIA DELL ECOLOGIA DELLA NOSTRA TERRA. IL MANIFESTO

      CONVEGNO ONU, STOCCOLMA 1972 – RIO DE JANEIRO, 1992

      COP 3 KYOTO, 1997 – RATIFICA DEL PROTOCOLLO KYOTO 16.02.2005

      COP 15 COPENAGHEN, 2009 – COP 16 CANCUN, 2010

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      Il Treno dell’Ecologia della Nostra Terra è partito negli anni 70, avendo avuto un buon bagaglio preparato negli anni precedenti… Sono già 40 anni che viaggia questo treno intorno alla nostra bellissima Terra, da una città all’altra. Forse qualcosa è stato veramente perso in questi anni. IL TEMPO. Qualcosa che qualcuno non ha voluto ascoltare, non ha voluto credere. E’ stato complesso e molto difficile questo viaggio. E forse per questo chi guidava il Grande Treno dell’Ecologia della Terra ha creato altre materie sinergiche, per aiutare a capire la serietà dei problemi, – cosi è nata l’Ecologia Economica, poi l’Ecologia Politica… Siamo arrivati questa volta in Messico, a Cancun, dove il 29 novembre 2010 si è aperto il COP 16, la Conferenza Mondiale sul Clima del Pianeta. Ma partiamo da stazione a stazione.

      George Perkins Marsh era il primo ambientalista degli Stati Uniti, vissuto nel I9 secolo. Figlio di un Senatore U.S., Marsh a 8 anni ha avuto un problema con l’occhio che gli ha impedito di leggere per tanti anni. Ha sviluppato un’eccezionale memoria per informazione letta dagli altri. Ha sviluppato un amore per gli animali, le piante e la natura circostante. E’ diventato uno scienziato filologo, eccezionale organizzatore, businessman, avvocato, diplomatico. Nel 1869 Lincoln lo nomina ambasciatore degli USA in Italia dove Marsh muore nel 1882 a Vallombrosa in Toscana. Essendo un uomo abile in tanti campi, intelligente ed un grande osservatore, nel 1864 ha pubblicato un libro “Man e Nature” il cui titolo nella 1 ma versione era intitolato “Man the Distructor of Natur’s Harmonies”, ma l’editore ha preferito il titolo meno radicale. 

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