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Il contenuto del sito ha lo scopo informativo e di divulgazione scientifica, la promozione delle idee di protezione, di conservazione della natura e di valorizzazione paesaggistica, storico-ambientale e culturale.
Il plume o pennacchio è quella parte di un territorio che, in una situazione di contaminazione da sostanze pericolose, presenta una lingua di inquinamento.

Ultimi articoli

“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 1

La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.

Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.

La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.

Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio!

Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.

Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo.

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La Riserva Naturale Regionale Sentina

La Riserva Sentina è una piccola isola verde, di soli 180 ha, circondata dal territorio antropizzato, un verde “fazzoletto di terra”, la più piccola nonché una tra le più importanti aree protette della Regione Marche. Si trova al confine tra Regione Marche e Regione Abruzzo all’interno del comune di San Benedetto del Tronto, tra l’abitato di Porto d’Ascoli e la foce del fiume Tronto.

Tutti i suoi ecosistemi costituiscono habitat fondamentali per la fauna e la flora e nicchie ecologiche di elevatissimo valore ambientale e paesaggistico.

La Sentina è inserita nel Progetto NATURA 2000 come ZPS (Zona di Protezione Speciale), SIC (Sito di Interesse Comunitario), rientra nel programma IBA (Important Birds Area) di Bird Life International.

I problemi della Sentina sono molteplici.

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La Riserva Val di Mello

Una leggenda narra che la Val Màsino, la Val di Mello e tutte le Alpi vengono custodite da un gigantesco animale dalle sembianze umane – un incrocio fra un Caprone ed uno Stambecco – il Gigiat.

La Val di Mello è stata riconosciuta in tutto il mondo per le sue straordinarie qualità paesaggistiche. 400’000 persone ogni anno si fermano in Val di Mello, persone che la amano e che da questa incantata Valle traggono il senso di bellezza.

Il meraviglioso Giardino delle Alpi, chiamato anche Perla delle Alpi Retiche, la Valle incantata per i suoi torrenti e i suoi corsi d’acqua color smeraldo, per la sua ricca biodiversità, si trova asoli 120 km da Milano.

Il Pizzo Badile, il Pizzo Cengalo, i Monti Pioda e Disgrazia adornano l’arena della Val di Mello, che su una piana di circa 1’000 m raccoglie numerose valli secondarie che scendendo dall’alta quota di 3-3’500 m, portano con sé veloci e rumorosi torrenti, creando infine il torrente Mello.

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S.I.N. “BUSSI sul fiume TIRINO”

Il fiume Tirino significa triplice sorgente. È uno degli affluenti del fiume Pescara che sfocia nel Mare Adriatico. Il fiume Tirino è attraversato dal piccolo paese Bussi sul Tirino e fa parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Bussi è stato da sempre considerato un sito comodo grazie all’acqua.

Nel 1901 nel piccolo paese Bussi sul Tirino fu impiantata la fabbrica “Officine di Bussi sul Tirino”.

Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica produceva iprite, arsine, fosgene, difosgene e lewisite.

Finite le guerre, la fabbrica ha convertito la chimica militare in chimica civile, producendo coloranti, concimi sintetici, carburanti.

Dalla fabbrica uscivano cisterne di cloro, cloroetani, ipoclorito, cloruro ammonico, piombo tetraetile, trielina, carburo di calcio, dicloroetano, acido monocloroacetico.

I primi allarmi riguardo linquinamento del fiume Tirino arrivano negli anni 70: mercurio nei pesci, nel grano, nella vite, nell’olivo, piombo nel grano, nei semi, nell’olivo…

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S.I.R. “Fiumi Saline e Alento”

Secondo il WWF, Marelibero e Abruzzo Social Forum, i fiumi Saline e Alento, che scorrono nella Regione Abruzzo e confluiscono nel Mare Adriatico, sono in una crisi ambientale quasi senza ritorno.

Alla foce del fiume Saline tempo fa si fermavano uccelli migratori e stanziali. Nel 2002 la foce è diventata l’Oasi della WWF, tutelando circa 40 ettari lungo il fiume Saline. Oggi lOasi WWF è stata abbandonata a causa del degrado sociale dell’area.

Se una volta alla foce del fiume Saline c’era l’Oasi WWF, adesso ad un passo dal fiume sorge la discarica di Villa Carmine, diventata uno sversatoio di rifiuti. Siringhe, cumuli di rifiuti, abbandono, degrado della foce del Saline. Una discarica a cielo aperto, presa di mira da tossicodipendenti, da ditte che lungo il fiume scaricano illegalmente rifiuti. Un’autentica bomba ecologica, con rifiuti sotterrati e gettati lungo le sponde del fiume.

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S.I.R. “Basso Bacino del Fiume Chienti”

L’inquinamento del Basso Bacino del fiume Chienti è stato scoperto nel 1992 e interessa 5 comuni. Nel 94 % dei casi l’inquinamento del basso tratto del bacino idrografico Chienti è causato dall’uso agricolo e zootecnico delle zone vicine al fiume Fiastra, nello 0,04 % – dal fiume Chienti (nitrati, nitriti, pesticidi), dagli scarichi civili di alcuni comuni. Solo una piccola percentuale dell’inquinamento è dovuta all’uso industriale che rilascia però nel fiume una quantità di sostanze pericolose, come idrocarburi alifatici clorurati, metalli pesanti (zinco, nichel, rame, ferro, manganese), PCB, IPA, DDT, DDD, DDE, sufficiente per causare moltissime malattie e patologie della popolazione.

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L’inquinamento del fiume Sarno

Il fiume Sarno è un torrente lungo 24 km, che attraversa 3 province della Campania, Salerno, Napoli e Avellino, 39 comuni, dove abitano tra 750’000 e 1 milione di abitanti. Il reticolo idrografico del fiume Sarno è arricchito da un gran numero di affluenti secondari, per uno sviluppo lineare complessivo di circa 1’630 km. Il fiume Sarno sfocia nel Golfo di Napoli.

La conferenza sui fiumi meno salubri del pianeta, tenutasi a settembre del 2018 a New York, ha inserito il fiume Sarnotra i 20 più inquinati al mondo. Qui scorre di tutto, secondo i dati CNR: acqua, cromo, cadmio, piombo, rame, nichel, vanadio, arsenico, zinco, manganese, ferro, tetracloroetilene, policlorobifenili, idrocarburi, pesticidi e perfino cocaina

L’inquinamento del fiume mina la salute dei cittadini, inficiando negativamente sull’economia agricola del luogo.

Dal 1915 ad oggi il fiume ha conosciuto il suo periodo più nero.

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S.I.N. “Bacino del Fiume Sacco e Valle del Sacco”

Il fiume Sacco, lungo circa 80 km, scorre nella regione Lazio. La Valle del Sacco, storicamente nota come Valle Latina, occupa c.a. 7’000 ha tra Roma e Frosinone. È il territorio comunemente denominato Ciociaria.

Il fiume Sacco risulta contaminato per tutta la lunghezza del suo corso. L’inquinamento del fiume Sacco riguarda mezza Regione Lazio.

L’ecosistema del fiume Sacco viene distrutto dal primo centro abitato che incontra, Colleferro, dal 1912 Polo Industriale.

Nel 1912 a Colleferro è stata fondata lindustria bellica, la BPD (Bombrini Parodi Delfino), che nel dopo guerra estese la sua produzione nelle divisioni della chimica, ferroviario, tessile. Al 30 ottobre 1976 le unità industriali a Colleferro ammontavano a 138 fabbriche.

Negli anni 1976-1978 uno studio eseguito da CNR di Roma, analizzando i settori di produzione, bellico, chimico e ferroviario degli stabilimenti BPD, ha rilevato, tra le altre criticità, sversamenti esterni di liquami e rifiuti industriali nei bacini idrici del fiume Sacco e in discariche abusive.

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S.I.N. Laghi di Mantova e Polo Petrolchimico

Mantova, la raffinata città, dal 1300 al 1600 governata da Gonzaga, si adagia sulle rive del fiume Mincio, e si affaccia sul Parco Naturale del Fiume Mincio,  l’area protetta della Lombardia, estesa dal Lago di Garda alla confluenza nel fiume Po. Il Parco ospita la Riserva Naturale Castellaro Lagusello, la Riserva Naturale Bosco Fontana, la Riserva Naturale Vallazza (Rete Natura 2000, ZPS e SIC) e la Riserva Naturale Valli del Mincio (Rete Natura 2000, Zona Ramsar, ZPS e SIC).

Sfruttando l’ideale collocazione costituita dalle anse del fiume Mincio, sulla riva destra del fiume negli anni ’40 è stato costruito un complesso industriale il più grande d’Italia: il Polo Petrolchimico che occupa la superficie di 3,5 km2.

“… risale al 1973 una prima indagine sui sedimenti dei laghi e di alcuni tratti del fiume Mincio, …, …. vengono trovate elevate concentrazioni di mercurio”, -ha scritto ISPRA in uno dei suoi rapporti nel 2009. Quasi 30 anni dopo dai primi studi sull’inquinamento, è stato istituito il sito S.I.N. di bonifica del Polo Petrolchimico.

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Società di consumi è sempre piu’ società di rifiuti

L’Overshoot Day è una data simbolica che significa che abbiamo già sfruttato tutta la capacità degli ecosistemi di rinnovarsi durante l’anno in corso. Dopo questa data iniziamo ad erodere il nostro capitale naturale e/o a consumare quello di altri stati: il sovranismo con la natura degli altri.

In poco meno di 50 anni l’Overshoot Day in Europa è passato dal 29 dicembre nel 1970 al cadere il 1°agosto del 2018.

Oggi sarebbero necessarie mediamente nel mondo 1,7 Terre per sostenere la domanda di risorse naturali (1,5 nel 2014). Per Emirati Arabi sarebbero necessarie 12,3 Terre (dati del 2014), per la Corea del Sud8,5 Terre, per il Giappone 7,8, l’Italia4,6 (4,4 nel 2014, 4 nel 2013), Svizzera 4,5, UK4, Cina3,8, Spagna2,9, Germania2,8, India2,5, USA2,3, Francia1,7.

Negli ultimi 10 anni i prezzi delle materie prime sono quasi triplicati. Questo è un forte segnale di esaurimento delle risorse.

Il consumo lineare sta raggiungendo i suoi limiti, l’economia circolare potrebbe essere la fine dell’obsolescenza programmata e il passaggio al recupero, al riutilizzo e al riuso delle risorse. Il problema dei rifiuti rappresenta oggi un problema gigante, soprattutto, dei rifiuti basati sulla rinascita della materia, cioè, l’economia circolare.

“Ancora oggi, -osserva Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, – non è molto chiara la contabilità del ciclo, non è certo dove vanno a finire i rifiuti di alcune filiere e questo è un serio problema per il Paese”.

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